Basta far soffrire i bambini migranti e rifugiati

di IDC

Giornata universale dell’infanzia


20 novembre
Comunicato stampa
L’IDC pubblica un documento politico in cui si invocano alternative alla detenzione per immigrazione dei bambini

“I bambini e i loro familiari non dovrebbero essere trattenuti in stato di detenzione per immigrazione. La detenzione dei bambini deve essere adottata esclusivamente come ultima alternativa e soltanto per il tempo minimo necessario per l’espletamento dei controlli sanitari e di sicurezza. Gli obiettivi di sicurezza nazionale, come la necessità di impedire che i richiedenti asilo accedano alla clandestinità, non giustificano mai la loro detenzione,” ha dichiarato Anna Gallagher, coordinatrice dell’IDC.

In data 20 novembre, Giornata universale dell’infanzia, la Coalizione internazionale sulla detenzione di rifugiati, richiedenti asilo e migranti (IDC) ha pubblicato un documento di presa di posizione in cui viene chiesto sia posta fine al ricorso alla detenzione per immigrazione dei bambini. Nel documento si afferma che questa pratica contravviene alla legge internazionale sui diritti umani, e in particolare alla Convenzione delle NU sui diritti dell’infanzia del 1989.

Il documento di presa di posizione pone in evidenza il danno psicologico – depressione, disturbi comportamentali, incubi notturni e persino compromissione dello sviluppo cognitivo – inferto ai bambini trattenuti nei centri di detenzione per immigrati. Sollecita gli stati a seguire l’esempio dell’Australia e della Svezia, che fanno ricorso a misure alternative alla detenzione, come la libertà vigilata di minori. I modelli alternativi suggeriti nel documento consentirebbero agli stati di attenersi agli obblighi previsti dalla legge sui diritti umani e al contempo trovare risposta alle proprie preoccupazioni in materia.

Ai fini della formulazione del documento, l’IDC ha raccolto dai 25 paesi membri informazioni sulla detenzione dei bambini nei rispettivi paesi. Soltanto tre paesi – Spagna, Irlanda e Ungheria – hanno dichiarato che il loro governo non contempla la detenzione di bambini in centri chiusi per immigrati, pur costituendo la determinazione dell’età utile per la detenzione un problema di non facile soluzione.

Nel documento in questione si citano le discutibili prassi poste in atto nel Regno Unito, negli USA e in Malaysia. Nel Regno Unito, il governo è stato costretto a svolgere un’indagine sulle inquietanti condizioni di confino in cui sono tenuti i bambini immigrati. In Malaysia, i bambini sono detenuti insieme agli adulti in condizioni di estremo disagio, che prevedono il ricorso a pene corporali (frustate e percosse) qualora non vengano rispettate le norme sull’immigrazione.

Pochi sono i paesi che forniscono dati statistici sul numero dei bambini migranti o rifugiati tenuti in stato di detenzione, e sulla durata di tale misura. Laddove questi dati sono forniti, i membri dell’IDC dichiarano che spesso le statistiche ufficiali non rispecchiano la realtà dei fatti. Se i bambini non vengono contati, semplicemente non sono presi in considerazione in sede di dibattito politico.

“I politici hanno abdicato a ogni responsabilità in questo campo. Nel documento viene fatto presente che i pochi casi in cui si è riusciti a impedire la detenzione per immigrazione dei bambini sono riconducibili all’intervento del potere giudiziario o di esponenti impegnati della società civile. Pressioni esercitate da ONG hanno costretto i governi australiano e maltese a intervenire, ponendo dei limiti alla detenzione di questi gruppi; sulla medesima linea, tribunali europei e sudafricani hanno emesso sentenze di condanna sulla detenzione di bambini, ma i rispettivi governi non hanno ancora risposto appieno a quanto decretato in sede giudiziaria,” ha soggiunto Anna Gallagher.

Per ulteriori informazioni, contattare i coordinatori dell’IDC:
James Stapleton, coordinatore internazionale delle Comunicazioni; tel: +39 06 68 977390; + 41 79 533 78 09; email: james.stapleton@jrs.net;

www.jrs.net Note per i redattori

L’IDC è una coalizione di oltre 100 gruppi non governativi e singoli soggetti che in più di 50 paesi di tutto il mondo forniscono servizi legali, sociali e di altra natura, svolgono opera di ricerca e reporting, e operano nell’ambito dell’advocacy e delle politiche nell’interesse di rifugiati, migranti e richiedenti asilo, riuniti per condividere informazioni e promuovere un maggiore rispetto dei diritti umani dei detenuti.

L’IDC si batte perché sia limitato il ricorso alla detenzione per immigrazione, ne siano ricercate alternative e ne vengano comunque impiegate le forme meno restrittive.

Il comitato direttivo dell’IDC raduna un certo numero di ONG internazionali di primo piano, accomunate dalla preoccupazione per il trattamento riservato ai detenuti per immigrazione; tra queste Amnesty International, Human Rights First, Human Rights Watch, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, il Servizio luterano per Immigrati e Rifugiati, la Women’s Commission for Refugee Women and Children, il Consiglio mondiale delle Chiese, e un certo numero di ONG nazionali.

Elenco dei paesi presi in esame:
Belgio, Finlandia, Danimarca, Ungheria, Germania, Spagna, Austria, Irlanda, Polonia, Paesi Bassi, Malta, Regno Unito, Sudafrica, Egitto, Thailandia, Giappone, Cambogia, Malaysia, Nuova Zelanda, Australia, Canada, USA e Messico.



Venerdì, 23 novembre 2007