Osservatorio sulla povertà - RIFLESSIONE
I POVERI A TAORMINA

di Giulio Vittorangeli

[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) per questo intervento.


Massimo Troisi, nella sua purtroppo breve vita di attore, ci ha lasciato film e battute memorabili; che hanno saputo cogliere i limiti ed i difetti di noi italiani, utilizzando sapientemente il dialetto napoletano. In una delle tante premiazioni, fu invitato a Taormina. Durante l’intervista, alla domanda su quale fosse stata l’impressione che gli aveva fatto la citta’, cosi’ rispondeva.

"Na bella impressione. Veramente bella. M’hanno messo int’a ’n albergo stupendo, cioe’ tutta gente... aggio visto tutta gente stranissima... Pero’ ecco, a Taormina aggio visto, almeno dove sto io nell’albergo, pochi poveri. Veramente, e’ stata una cosa che m’ha colpito perche’ aggio visto tutta gente accussi’ e ho pensato: Ma i poveri cca nun veneno?

Infatti a me che nun tenevo ’a giacca m’hanno scambiato subito pe’ nu povero. M’hanno detto: Lei che fa qua? No, io so’ Troisi, io e Benigni abbiamo una giacca sola... ho risposto. Allora va bene...

No, perche’ e’ strano ’stu fatto, e’ vero?

E poi pero’ i poveri si lamentano sempre. Io tengo una zia mia che e’ povera... cioe’, pure nu zio... e nu cugino pure... insomma e’ na famiglia nu poco povera... E questa mia zia si lamenta sempre: Io nun vago mai’ a nisciuna parte, non mi piace niente... E’ colpa dei poveri. Perche’ non pigli i tuoi figli e te ne vieni un mese a Taormina? E poi vedi se ti diverti. E invece no, i poveri stanno sempre la’ e non vogliono mai andare da nessuna parte.

E poi i ricchi si offendono. Int’all’albergo aggio visto due ricchi che steveno proprio chiagnendo. Parlavano tra di loro e dicevano: Ma com’e’ che proprio i poveri non vengono mai addo’ stammo nuje, ma perche’, nuje facimme schifo?".

*

L’ironia di Troisi colpiva decisamente nel segno. Sono passati diversi anni da quella intervista, e la situazione per i poveri e’ decisamente peggiorata.

Pensiamo alle, piu’ o meno recenti, ordinanze di molti dei nostri Comuni (il primo e’ stato quello di Firenze... poi si e’ perso il conto), contro i lavavetri o il divieto di accattonaggio; sono seguiti gli sgomberi dei campi Rom da nord a sud dell’Italia, passando per quelli dati alle fiamme a Napoli; fino alla formazione di ronde razziste di cittadini al motto "tolleranza zero" e la militarizzazione delle citta’.

E’ certo che la mistificazione della sicurezza continuera’ a produrre altri mostri.

Questo e’ un ben triste momento politico di insicurezza, di caduta delle certezze tradizionali, di messa in discussione di molti valori finora considerati intoccabili, di inquietudine sociale, che ha come contropartita una maggiore spregiudicatezza, faciloneria e cinismo nei confronti dei diritti e della dignita’ altrui, specie nei confronti di persone in condizioni di oppressione o disagio. Cosi’ si creano facili capri espiatori, come valvola di sfogo delle ansie e paure diffuse anche se il piu’ delle volte immotivate e irragionevoli.

Mi sembra da condividere la riflessione di chi, come Livio Pepino (in un editoriale di un anno fa sulla rivista "Narcomafie"), metteva in evidenza come si era esteso il fronte dei "nemici", passato dalla microcriminalita’ ai poveri. La vicenda dei lavavetri e della loro criminalizzazione (fino all’invocazione del carcere) e’ esemplare.

Il problema della societa’ sarebbe cosi’ la presenza degli "ultimi": i lavavetri, e con essi i mendicanti, i posteggiatori, le guide improvvisate, gli ambulanti senza licenza, gli inventori di mestieri, i lustrascarpe, i venditori di fiori o di fazzoletti, gli zingari, i barboni, i giocolieri, i questuanti, gli oziosi, i vagabondi e via elencando potenzialmente all’infinito.

A infastidire la societa’ sana non e’ piu’ la poverta’ ma la sua visibilita’ (con la sgradevolezza che, spesso, la accompagna). Cosi’ la guerra alla poverta’, che ha caratterizzato lo Stato sociale, lascia il posto alla guerra ai poveri, colpevoli di voler sopravvivere, di cercare due euro a un incrocio, di dormire sotto i ponti, di turbare il decoro urbano e, per questo, destinati ad essere spinti altrove, non importa dove ma in un lontano invisibile. Non e’ cosa di poco conto, perche’ sono in ballo i diritti di tutti, non solo quelli dei "poveri".

Tratto da
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Numero 598 del 4 ottobre 2008



Sabato, 04 ottobre 2008