Osservatorio sulla criminalità - Documento della
CONFERENZA EPISCOPALE CALABRA

«SE NON VI CONVERTIRETE, PERIRETE TUTTI ALLO STESSO MODO» (Lc 13,5)

Annunciare il Vangelo della vita nella nostra terra per un futuro di giustizia e carità


Riproduciamo di seguito il testo del documento della Conferenza Episcopale Calabra sul tema della mafia di cui abbiamo dato notizia la scorsa settimana. Al di la delle parole questo testo giunge dopo un atto, quello del trasferimento di Mons. Bregantini da Locri a Campobasso, che noi e non solo noi riteniamo molto grave. E’ proprio il caso di dire, come scriveva il profeta Geremia (Ger 23,1): " «Guai ai pastori che distruggono e disperdono il gregge del mio pascolo!»dice il SIGNORE". Di solito alle parole bisogna poi far seguire i fatti concreti che le realizzano. Nel caso della Calabria è venuto prima un fatto concreto negativo e poi sono seguite "parole" che in quanto tale lasciano il tempo che trovano.

Vittorio Mondello

Arcivescovo Metropolita

di

Reggio Calabria-Bova

PRESENTAZIONE

Da tempo la Conferenza Episcopale Calabra aveva manifestato la volontà di pubblicare dopo il Convegno della Caritas Regiona­le sulla mafia in Calabria del gennaio scorso, un Documento che in realtà ha anche preparato (si ringraziano gli estensori per la fatica compiuta).

Dopo l’ultimo Consiglio Permanente della C.E.I, nel quale il Presidente Bagnasco ha mostrato l’intenzione di riprendere il Do­cumento della C.E.I sul Mezzogiorno d’Italia, la C.E.C, ha ritenu­to più opportuno non pubblicare tale Documento che avrebbe po­tuto intralciare il lavoro della C.E.I e limitarsi, perciò, ad una sem­plice Nota.

Questa d’altra parte, è stata ritenuta necessaria per ricordare a tutti, ma in modo particolare ai credenti, l’importanza di tener sem­pre desta l’attenzione sul problema mafia per tentare di liberare da questo male le nostre popolazioni.

Dopo la lettera della C.E.C, del 15/02/2005 “Il Vangelo della speranza per la nostra terra di Calabria, oggi” infatti, questa nota intende invitare tutti ad una autentica conversione di vita per una coerente testimonianza cristiana che possa dare nuova speranza a questa amata ed oppressa Calabria.

Reggio Calabria 17/10/2007

* Vittorio Mondello

Arcivescovo Metropolita

Presidente Conferenza Episcopale Calabra


“SE NON VI CONVERTIRETE, PERIRETE TUTTI

ALLO STESSO MODO” (Le 13,5)

Annunciare il Vangelo della vita nella nostra terra

per un futuro di giustizia e carità

L’ANNUNCIO DEL VANGELO, FONTE DI VITA

1.     Il Vangelo della vita costituisce il cuore dell’annuncio cri­stiano (Gv 1,1-4). Lo proclamiamo con forza e gaudio nella Do­menica in cui la Chiesa celebra Cristo Re, il “Verbo della vita”, il vivente e il Risorto che porta nel suo corpo glorioso i segni dell’a­more, memoria del dono della sua vita sulla croce, perché noi aves­simo la vita, insieme con il perdono dei peccati.

2.     Accolto dalla Chiesa con amore, il Vangelo della vita va an­nunciato e testimoniato con fedeltà, come buona novella, in questa nostra Regione afflitta dal doloroso e triste fenomeno della ’ndran­gheta.

3.  Come Vescovi e Pastori della Chiesa di Dio in terra calabra, avvertiamo l’urgenza di incoraggiare tutti ad operare per un’auten­tica rinascita morale, sociale ed economica. Il nostro intervento, ri­flessione ad alta voce sul tema, offerta all’attenzione ed al cuore dei calabresi, è segno tangibile della Manifestazione dell’identità cristiana, che nel suo essere esprime rispetto delle leggi, capacità di perdono, propensione al dialogo, costante impegno per il trion­fo del bene comune, fiducia nella solidarietà sincera. Non esistono altre vie per vivere in terra e ascendere ai cieli della salvezza: in un mondo di tante presunte verità, “la verità cristiana può ancora in­ghiottire tutte le mezze verità del mondo” (Sergio Quinzio, La go­la del leone, 91).

UN CUORE CHE VEDE: LA PERVASIVITÀ DELLA ’NDRANGHETA

4.     Ad una criminalità dai tratti violenti, nascosti e pervasivi, te­sa ad assoggettare risorse economiche, relazionali e sociali, oppor­remo la cultura della vita e della legalità. In questa sfida, nulla sa­rà d’aiuto più che la riscoperta della fede nel Figlio di Dio, che si è fatto uomo ed è venuto tra gli uomini “perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza “ (Gv 10,10).

5.     Contro un potere mafioso che permea di sé sia i singoli sia le istituzioni, deve nascere e diffondersi un senso critico capace di di­scernere i valori e le autentiche esigenze evangeliche. Se da un la­to inquietano certe accuse di connivenza tra settori della criminali­tà organizzata e responsabili della cosa pubblica ai vari livelli, dal­l’altro risalta, specialmente per il cristiano, la necessità dell’impe­gno nella polis, come espressione della carità e dell’amore che il credente vive in Cristo. La carità politica, appunto, e i frequenti ca­si di corruzione ci spingono non solo a sollecitare la politica al re­cupero del valore di servizio, ma ancor più ad esortare i cristiani a non disertare questo servizio, pur quando esso significhi sacrificio e rischio per la propria vita.

 

LA PRIORITÀ DELLA CONVERSIONE

6.      “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo” {Lc 13,5). Gesù, commentando episodi di cronaca avvenuti a Gerusa­lemme, rimanda alla radice di tutti i mali: la peccaminosità del­l’uomo, la potenziale connivenza con la violenza che si annida nel cuore umano in ogni tempo. Il suo è un chiaro invito a cercare, an­zitutto dentro di noi, i segni della complicità con il peccato.

7.      Il primo passo, quindi, è la conversione personale e comuni­taria, grazie ad un cambio di mentalità nel cuore e nella vita di ogni uomo e donna, di ogni famiglia, gruppo e istituzione, che permet­ta di rimuovere le forme di collusione con l’ingiustizia e respinge­re l’ingannevole fascino del peccato. Attrazione, questa, che av­volge anche le nostre comunità ecclesiali, inducendo a minimizza­re la realtà del male o ad assumere un atteggiamento fatalistico di rinuncia. Così anche per la tentazione di rifugiarsi nel privato, se­parando fede e prassi, o di limitarsi alla denuncia: nel male vi è una responsabilità che è propria non solo «di chi genera e favorisce 1’iniquità e la sfrutta», ma anche «di chi, potendo fare qualcosa per evitare, eliminare o almeno limitare certi mali sociali, omette di farlo per pigrizia, per paura e omertà, per mascherata complicità o per indifferenza; di chi cerca rifugio nella presunta impossibili­tà di cambiare il mondo; ed anche di chi pretende di estraniarsi dalla fatica e dal sacrificio, accampando ragioni di ordine supe­riore» (Reconciliatio et Paenitentia 16).

 

RICHIAMO ALLA VITA COERENTE

8. Il popolo di Dio è chiamato a custodire, vivere e rilanciare l’originalità, unica ed universale, della speranza cristiana. Al ri­guardo, sia di stimolo l’insegnamento di papa Giovanni Paolo II: “Urge una generale mobilitazione per costruire una nuova cultu­ra della vita (Evangelium vitae, punto 95)”. Seguendo l’unica stra­da percorribile, ovvero quella dell’esperienza credente, mobilitia­moci traendo dal Vangelo l’esempio cui improntare la nostra quo­tidianità per riaffermare, nel solco della testimonianza che diviene anima e sostanza dell’identità cristiana, il diritto alla vita. Dinanzi alla progressiva perdita dei valori di solidarietà, facciamoci stru­menti di lotta ai mercanti di morte, ovunque essi si annidino e qua­lunque panni indossino: siano essi mafiosi o detrattori della vita, che sono negazione di Dio e dell’uomo, piaga sanguinante del cor­po della Chiesa amante della vita. Al contempo, rinnoviamo l’at­tenzione agli ultimi ed agli emarginati, aiutando le Chiese locali a rafforzare le proprie capacità profetiche ed a porre al centro delle attività della comunità ecclesiale l’attenzione preferenziale al po­vero ed al suo senso sacramentale.

9. Ecco, allora, delinearsi la nuova cultura della vita: nuova, perché in grado di risolvere i problemi che investono il nostro ter­ritorio; nuova, perché fatta propria, con più salda e operosa con­vinzione, da tutti i credenti; nuova, perché capace di suscitare un serio e coraggioso confronto culturale con tutte le componenti del­la società che, nel suo senso più diffuso e nelle forme più o meno istituzionalizzate dell’intervento sociale, è la sola che possa pro­sciugare la linfa vitale delle organizzazioni mafiose.

10.  È in tale ottica che collochiamo l’agire delle nostre Chiese particolari: dobbiamo dimostrarci capaci di costruire modelli cul­turali alternativi. Con la forza del Vangelo, potenza d’amore e an­nuncio di speranza, si deve agire per favorire una rottura con la cul­tura mafiosa, con perseveranza e pazienza, attraverso il coraggio della coerenza, della testimonianza e della speranza. Una simile ri­generazione delle coscienze deve cominciare dalle nostre comuni­tà cristiane: troppi credenti, anche tra quanti partecipano attiva­mente alla vita ecclesiale, corrono il rischio d’una dissociazione tra la fede professata e l’etica che ne deriva e da attualizzare, giun­gendo spesso a comportamenti compromissori che contraddicono la verità del Vangelo (cf EV95). Dobbiamo interrogarci con luci­dità sul tipo di cultura della vita e della legalità oggi percepita dai cristiani, dalle famiglie, dai gruppi e dalle comunità parrocchiali.

Con altrettanta lucidità, dobbiamo individuare i passi da compiere per costruire una società più giusta e solidale, tale proprio perché finalmente sciolta dalle catene del peccato e del male imposte dal­le organizzazioni criminali.

UN CUORE CHE AGISCE: OPERIAMO INSIEME

11.  Un impegno consapevole è richiesto innanzitutto ai Vesco­vi, ai Presbiteri, ai consacrati ed a tutti gli operatori pastorali. È in­dispensabile, infatti, maturare una profonda coscienza della re­sponsabilità che ci è stata affidata nel ministero dell’annuncio e dei sacramenti, ma anche nel compito di guide ed educatori, coltivan­do una vita di preghiera e carità e coniugando per primi, nel nostro quotidiano, autenticità, coerenza, amore per il prossimo, giustizia e legalità.

12.       Non dimenticando, sulla scorta del documento “Chiesa ita­liana e mezzogiorno“, che «la carenza della famiglia, talvolta la connivenza o peggio l’incoraggiamento della famiglia, alimentano le faide e altre forme di devianza criminosa», ribadiamo la centrali­tà della pastorale familiare. E se da un lato assistiamo ad un proces­so di disgregazione e di crisi della famiglia, che tocca purtroppo an­che la nostra regione, dall’altro abbiamo il dovere di non rimanere a guardare, sospinti dalla certezza che, ben evangelizzata e curata, la famiglia possa ancora essere lievito di una società rinnovata.

13.       Un impegno altrettanto forte chiediamo alla scuola, labora­torio democratico di convivenza e di formazione dei cittadini di domani. La comunità scolastica si riappropri della sua peculiare funzione educatrice, coltivando negli studenti la volontà di resiste­re ai soprusi, alle ingiustizie e ad ogni forma di illegalità, anche strisciante, e sviluppando nei giovani il senso della responsabilità nella difesa dei diritti fondamentali e del rispetto per ogni uomo, vero antidoto alla violenza.

14.  Chiediamo al Signore di far emergere dal popolo, in piena libertà, persone sagge che assommino in sé passione, senso di re­sponsabilità e lungimiranza e che, al di là dell’appartenenza ai di­versi schieramenti politici, sappiano elaborare percorsi legislativi e di amministrazione della cosa pubblica in grado di contrastare l’e­spansione del fenomeno mafioso, non precludendosi alcun tipo di intervento, quali ad esempio la confisca dei beni e la garanzia del­la certezza della pena, che mini alla base l’iscrizione e l’apparte­nenza mafiosa. Alle istituzioni indichiamo l’esempio di Cristo, ve­nuto non per essere servito, ma per servire. Sollecitiamo i cittadini amministrati ad essere vigili, ma collaborativi con le istituzioni, giacché il fine comune è creare una civitas humana che attui il pia­no del Creatore, per il quale “la società umana è per l’uomo, non viceversa (Enciclica Divini Redemptoris, Pio XI, 1937)”.

15.     A quanti, in particolare nella Magistratura e tra le forze del­l’Ordine, sono chiamati a contrastare la mafia in campo aperto, esprimiamo vicinanza ed un plauso per l’impegno costante della loro opera, spesso nascosta o travisata, e per una dedizione che non di rado li porta a mettere a repentaglio la propria vita. Pur coscien­ti dei limiti umani, esortiamo la nostra gente ad avere fiducia in questa mediazione così delicata della propria sicurezza da parte di Istituzioni che rappresentano, fisicamente, il presidio della legalità dello Stato.

16.     Testimoniamo la nostra vicinanza anche agli imprenditori, perché investano con fiducia, vincendo la tentazione del puro pro­fitto e adottando logiche solidali con le legittime aspettative di oc­cupazione e giusta retribuzione. Invocando la tutela legislativa ed istituzionale, sosteniamo quelli che, speriamo sempre più numero­si, scelgono di difendere il loro onesto operato senza cedere a ri­catti, denunziando anzi richieste di “pizzo” in cambio di protezio­ne o invocando il rispetto della legge di fronte all’assalto di chi vorrebbe sottomettere al giogo dell’usura l’economia calabrese. Essi sappiano che non saranno abbandonati a se stessi, ma potran­no contare sull’appoggio a tutto tondo, dei pastori e della comuni­tà cristiana, per garantire il quale ognuno, a cominciare dagli Or­gani statali, farà la sua parte.

17.Ma è soprattutto ai giovani, futuro della nostra terra, che volgiamo lo sguardo: in famiglia, a scuola, nello sport ma pure nella ricerca di un lavoro ed in ogni occasione e giorno della vita, non perdano l’entusiasmo e neppure il generoso altruismo. Mentre ci impegniamo a tenere alta la tensione educativa e l’ascolto delle lo­ro esigenze incentivando la pastorale giovanile, li invitiamo a la­sciarsi contagiare dalla freschezza del Vangelo, a divenire protago­nisti della carità e della promozione umana, coltivando valori di onestà, giustizia e legalità, per costruire assieme quel futuro che appartiene a tutti, ma specialmente a loro.

18.  Infine, a tutti i credenti, agli uomini ed alle donne di buona volontà, diciamo apertamente che abbracciare o anche solo simpa­tizzare con una concezione dei valori della vita quale quella ma­fiosa è contrario al Vangelo ed al bene della società e dell’uomo, perché l’appartenenza o la vicinanza ai clan non sono un titolo di vanto o di forza, bensì di disonore e debolezza/Esortiamo perciò il popolo di Dio a compiere ogni sforzo per rinunciare ad atteggia­menti che possano alimentare il fenomeno mafioso. E ciò non so­lo mediante la condanna di tutte le forme di violenza, ma anche avendo sempre presente che la risoluzione dei problemi personali non va affidata al “padrino” di turno, ma a chi è a ciò preposto dal­l’Autorità dello Stato.

CONCLUSIONI

19.  Le mafie, di cui la ‘ndrangheta è oggi la faccia più visibile e pericolosa, costituiscono un nemico per il presente e l’avvenire della nostra Calabria. Noi dobbiamo contrastarle, perché nemiche del Vangelo e della comunità umana. In nome del Vangelo, dob­biamo tracciare il cammino sicuro ai figli fedeli e recuperare i figli appartenenti alla mafia. Tale strada indichiamo nella Luce che da Dio promana. Egli rivela il Suo potere nella misericordia e nel per­dono. L’amore è il Suo regno. E per mezzo dell’amore che co­struiamo e rendiamo presente il regno di Dio in questo mondo. A Lui, fonte di speranza e verità che ci guida tra le tenebre lungo i sentieri della vita, rivolgiamo la nostra preghiera: “Tu con olio di esultanza hai consacrato Sacerdote eterno e Re dell’universo il tuo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore. Egli, sacrificando se stesso, immacolata vittima di pace sull’altare della Croce, operò il mistero dell’umana redenzione; assoggettate al suo potere tutte le creature, offri alla tua maestà infinita il regno eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giu­stizia, di amore e di pace. Sostienici e guidaci perché anche noi, seguendo il Suo esempio, possiamo concorrere quotidianamente all’opera di redenzione e salvezza nostra, dei nostri fratelli e del mondo intero, combattendo con la forza della fede le armate del diavolo e spezzando le catene del peccato. Amen”.

I VSCOVI DELLE CHIESE DI CALABRIA



Martedì, 27 novembre 2007