Lettera aperta a Giancarlo Bregantini - ex vescovo di Locri
Caro fratello Giancarlo...

di p. fausto marinetti

Caro fratello Giancarlo,

tra un colpo di lupara e l’altro; tra l’urlo disperato di una madre e l’altra; tra il rantolo di un tuo figlio e l’altro, ti preghiamo, ascolta la voce della coscienza. La tua e quella del tuo popolo, del quale dal 1994 ti sei fatto "figlio" ed, insieme, "padre di consolazione" nel comune cammino.

Ti abbiamo seguito, perché tu ci hai cercato "per primo". Sui "sentieri sassosi" della legalità e della giustizia; nei difficili vicoli della solidarietà; sulle strade "insanguinate" di nuovi progetti di vita, di nuove cooperative di produzione in nome della fraternità. Ci hai insegnato a trasformare "le terre di Caino" in "terre di Abele"; a mettere vino nuovo in otri nuove.

Grazie.

Potremo mettere la parola "fine" al tuo e nostro sogno?

E allora sostiamo, pensosi, addolorati, sul tuo commiato. E diciamo, viviamo con te quel "Passi da noi questo calice".

Non ci sono ignote le tue buone ragioni: "Al papa non si può dire di no". E’ forse scritto nel vangelo?

Osiamo ricordarti che c’è voluto un Concilio per proclamare il primato della coscienza. Osiamo rammentarti che ti sei fatto "padre" non di un qualunque popolo di Dio, ma di un popolo crocifisso dalla ndrangheta, trafitto dalla lancia dell’omertà.

Oggi la tua condizione di vita ti pone di fronte ad un dilemma: meglio obbedire ad una norma canonica o al popolo di Dio? Ritieni che questo tuo popolo-bambino possa fare a meno del padre? Credi che siamo in grado di camminare con le nostre gambe, di alimentarci con il cibo forte dell’autonomia e indipendenza?

Sei venuto tra noi non come benefattore, ma fratello, "alla pari"; non come assistente per degli assistiti; non paternalisticamente per darci un aiuto, ma perché il rapporto umano prevede solo fratelli con fratelli o padri e figli. Credi proprio che ad un padre sia lecito abbandonare i figli? Lo chiediamo, come "popolo di Dio", alla tua coscienza. E’ doloroso che i figli richiamino il padre, ma con la forza e l’autorità della parola di Dio osiamo chiederti: "E’ meglio obbedire agli uomini piuttosto che a Dio?".

Perché non poniamo Roma di fronte a questo paradossale dilemma: meglio obbedire ad una norma umana o al popolo di Dio?

Prima di te don Zeno Saltini, negli anni ’50, si è dibattuto in questo terribile dilemma: continuare ad essere padre di 700 minori (accolti come "figli") o abbandonarli al loro destino per obbedire "eroicamente" all’autorità ecclesiastica? Un anno di martirio. Poi, quando si rende conto che la sua obbedienza vuol dire, per loro, tornare in galera o sulla strada, la coscienza gli rimprovera di essere complice del loro delinquere. Allora corre dal cardinale Ottaviani (il carabiniere della chiesa) e gli racconta che, per colpa sua e "loro" le vittime sono di nuovo crocifisse... Le vittime, non le norme, lo convincono che bisogna obbedire prima al Dio della vita, poi ad un codice freddo come una lapide. E sacrifica l’esercizio del sacerdozio.

Forse anche la chiesa ha bisogno di scoprire nella pratica che ogni autorità è da Dio attraverso il suo popolo. Chi mai l’aiuterà a riscoprire, che all’inizio il popolo cristiano chiamava a gran voce i suoi pastori, come hanno fatto i fedeli di Milano: "Ambrogio vescovo, Ambrogio vescovo"?

Fratello Giancarlo, non ti lasciamo solo, come tu non ci lascerai soli. Vogliamo solo che tu ci tenga presenti nella tua coscienza, che suda sangue. Come quello dei martiri della ndrangheta, i Massimiliano, i Fortugno, ecc.

I tuoi figli e fratelli dell’amata Locride sono con te.


p. fausto marinetti



Lunedì, 19 novembre 2007