Mio figlio Stephen, credente e omosessuale

di Millicent Cobb

Testimonianza* di Millicent Cobb tratta dal sito della Diocesi di Memphis (http://www.cdom.org/index.html), Tradotta da Paolo già pubblicata su www.gionata.org

Millicent Cobb è una madre che ha condiviso con il vescovo Steib, della Diocesi di Memphis, il cammino per realizzare una pastorale diocesana per le persone omosessuali. Questa è la sua storia di madre, perché “la vita e la morte di Stephen mi hanno fatto diventare più sensibile nei confronti della comunità gay e accogliente verso il loro amore e la loro amicizia. Io prego che una famiglia, una chiesa e una comunità non aspettino finché è troppo tardi. Ho imparato con tutta me stessa che dove c’è giudizio nei confronti di una persona non c’è posto per l’amore”.


QUANDO Stephen venne al mondo suo papà attaccò una stella, come segno di benvenuto, sulla porta della sua camera dicendo “è nata una Stella”. E Stephen ebbe davvero tutte le potenzialità per diventare una star. E’ stato un poeta, un artista, un musicista ed un essere umano meraviglioso.

Crescendo, Steve divenne il figlio medio di una famiglia di sei persone. Aveva due fratelli maggiori, due minori e una sorella che era molto coccolata nella nostra famiglia dominata dalla presenza maschile.

Da quando Steve ha cominciato a camminare e a parlare, ha sempre incontrato persone nuove. Suo padre era un ufficiale nell’esercito perciò, dopo qualche anno la famiglia doveva trasferirsi in altri luoghi, siamo andati da New York al Texas, dall’Oklahoma alla Germania, al Maryland e poi di nuovo nel Texas.
Io adoravo essere madre. Quando suo padre stava all’estero, mi prendevo cura della casa e della famiglia da sola. I miei figli hanno conosciuto l’amore e il dolore attraverso la vita.

Ma questa è una storia sulla vita di Steve.

“Felice martedì! Con amore Steve” queste parole erano scritte su una piccola cartolina inserita dentro un allegro bouquet di fiori primaverili. Non dimenticherò mai la mia immensa gioia appena ho sollevato il vaso di color turchese pieno di fiori color rosa, giallo, viola e porpora che spuntavano in mezzo a foglie verdi lussureggianti e al suo dolce respiro di bimbo.
Anche se era un bambino si era servito del giardino del vicino per prepararmi un mazzo di fiori. Sono "per te", mi disse con un sorriso. Per fortuna, il vicino era una persona comprensiva.

Man mano che Steve cresceva, lo sentivamo cantare canzoni che pizzicava su una vecchia chitarra. Scriveva delle note che poi trovavo la mattina dentro la caffettiera.

Ancora prima di capire il significato delle parole, Steve cominciò a sentire parole come “fata” e “ficco” e più tardi ha conosciuto la parola finocchio.
Se cercare di proteggerlo da piccolo fu difficile, da adulto fu impossibile. Guardando al passato e cercando la verità mi sento di dover ammettere di essermi posta le domande sbagliate, di aver fatto dei commenti sbagliati e di aver ignorato ciò che era ovvio.
Ci fu un breve periodo di pace quando Steve frequentava una ragazza adorabile di nome Susan. Ma durante i momenti di festa e gli incontri della famiglia Steve guardava i suoi fratelli che venivano a casa, insieme alle loro mogli e figli.

E’ stata la festa di matrimonio della sorella di Steve a dimostrare in modo chiaro il grande disagio e la scarsa autostima di Steve.
Sembrava depresso e quando sua zia gli ha chiesto “perché”, Steve le ha risposto dicendo che voleva stare solo per conto suo. Lei ha cercato di incoraggiarlo dicendogli: “tu stai per conto tuo!”, anche se aveva capito cosa Steve intendeva dire; lui non era fatto per questo mondo di coppie.

Credo che Steve abbia cominciato a separarsi dalla sua famiglia quando si è descritto come il figlio prodigo, in una poesia che ci aveva scritto chiedendoci perdono per la strada autodistruttiva che stava prendendo.
Le droghe, i debiti non saldati e l’inganno aveva allargato la distanza che lo separava dalla sua famiglia.
Spesso ho pensato che se Steve si fosse concentrato sui suoi doni e sui suoi talenti piuttosto che sul suo orientamento sessuale la sua strada sarebbe stata più brillante. Dopo tutto devo assumermi la mia parte di responsabilità per gli stereotipi, il rifiuto, il desiderio che “fosse come gli altri”, i silenzi. Quando avrei potuto invece che accoglierlo con i suoi amici gli è stato fatto capire che lui non era “OK”.

Il 20 febbraio del 1988, era il sabato di una mattina brillante e solare, il telefono squillò e da allora la mia vita è cambiata una volta per sempre. "Steve è morto. Si è suicidato ieri notte" mi dissero al telefono.

All’età di ventinove anni, mio figlio andò via per sempre. Alla veglia e al funerale di Steve la famiglia si è messa in contatto con i suoi amici mostrando amore e compassione. Fummo i benvenuti nelle loro case e nei loro cuori e gli fummo grati per la cura e l’amore che avevano donato a Steve.

A questo punto mi sono chiesta se sarebbe potuta andare diversamente se Steve avesse scoperto che i suoi amici sarebbero stati all’altezza, se li avesse potuti portare a casa nostra o al matrimonio di sua sorella.
Ci sarabbe stata un’ accettazione che avrebbe sconfitto le sue paure e il suo rifiuto? Invece, io sento soltanto il dolore per non avergli dato la speranza che lui desiderava e che avrebbe dato vita all’amore e all’accettazione.

La vita e la morte di Stephen mi hanno fatto diventare più sensibile nei confronti della comunità gay e accogliente verso il loro amore e la loro amicizia.
Io prego che una famiglia, una chiesa e una comunità non aspettino finché è troppo tardi. Ho imparato con tutta me stessa che dove c’è giudizio nei confronti di una persona non c’è posto per l’amore.

Con Stephen è "nata una stella". Lui è tuttora una stella che irradia una luce per noi, per ricordarci il dono prezioso della sua vita. Lo amo. Mi manca. Continuerò a pregare perché anche noi impariamo davvero ad amare.



Mercoledì, 13 febbraio 2008