Cristiani e omosessualità
Lettera aperta al cardinale Camillo Ruini, presidente della CEI

Don Vitaliano della Sala
Parroco di Sant'Angelo a Scala

Signor Cardinale
finocchio è uno dei tanti termini con cui si prendono in giro gli omosessuali. Non so se lei ne conosce l’origine: quando la “Santa” Inquisizione metteva al rogo gli omosessuali, faceva coprire il fuoco con bucce di finocchi così i corpi bruciavano più lentamente.
La Chiesa cattolica non è estranea neanche alla diffusione del pregiudizio contro gay e lesbiche, né alla loro emarginazione e proscrizione dalla vita civile ed ecclesiale, che tutt’ora durano. Tra i debiti della Chiesa cattolica per i quali il Papa ha chiesto perdono ci sarebbe da annoverare anche questo.
I debiti, si sa, vanno pagati. A chi è stato danneggiato tocca un risarcimento. Certamente non possiamo risarcire tutti gli omosessuali dei torti subiti, dell’ostracismo con cui li abbiamo perseguitati, dello scherno, della vergogna e del discredito, del fango che gli abbiamo gettato addosso. Non possiamo chiedere scusa ad ogni lesbica e ad ogni gay per tutte quelle circostanze in cui abbiamo pensato: “meno male che non è toccato a me” e ci siamo sentiti orgogliosi e fortunati di essere “normali”, per quelle volte che, come il fariseo della parabola del Vangelo, abbiamo ringraziato Dio per non essere come quel pubblicano, come “quello là”. Non possiamo chiedere scusa ad ogni omosessuale offeso da quei tanti in mezzo a noi che hanno bollato, pieni di esecrazione, lesbiche e gay come viziosi o pervertiti.
Anche se non possiamo restituire in pieno e a tutti la dignità infangata, tuttavia qualcosa potremmo fare; in riparazione del passato ma, soprattutto, in prospettiva del futuro.
Anche per questo prenderò parte anch’io al World Gay Pride l’8 luglio a Roma.
E se paradossalmente fossi omofobo, il torto da pagare è tale che ci andrei lo stesso. Grazie a Dio non lo sono e credo a quello che Gesù ha detto: «i peccatori e le prostitute (quelli, cioè, che con tanta disinvoltura bolliamo con marchi di infamia) vi precederanno nel Regno dei Cieli».
Vorrei che noi cristiani non ci meravigliassimo poi troppo – non ci scandalizzassimo – se un giorno, ormai in quel Regno che Gesù ha promesso, dovessimo vedere assai più avanti a noi parecchi di coloro che avranno preso parte al Gay pride di Roma del 2000.
Lo sa, Eminenza, è molto imbarazzante che queste scelte sia un semplice prete a doverle fare.

don Vitaliano Della Sala

Sant’Angelo a Scala, 3 luglio 2000


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