Gay e credente. Il mio Pride quotidiano

di Gianni Geraci

Riflessioni di Gianni Gerac, già edita su www.gionata.org

Una sessualità vissuta al servizio della vita e dell’amore presuppone una maturità affettiva solida, che non si concilia con l’abitudine, che molti omosessuali credenti hanno, di non dire la verità su se stessi. E così quando le persone mi chiedevano come potevano conciliare la loro vita di fede con la loro omosessualità, ho iniziato a proporre un cammino che partiva dalla lotta contro l’ipocrisia: sarebbe poi stato Dio a far capire a ciascuno i modi concreti in cui questa conciliazione avrebbe dovuto realizzarsi pienamente.

Ormai ho cinquant’anni e debbo confessare d’aver passato una buona parte di questi cinquant’anni a chiedermi cosa significasse, nella mia vita, fare la volontà di Dio. Per quel che concerne l’omosessualità ho sempre osservato che Gesù, nel vangelo, non ne parla mai.

Anche la Bibbia, quando ne parla, ne parla in termini che difficilmente sono paragonabili alla condizione esistenziale di quanti, come me, vivono l’omosessualità nel XXI secolo. Quelle che invece ho trovato nel Vangelo sono delle parole di ferma condanna per qualunque forma d’ipocrisia. Tra queste forme di ipocrisia cono convinto che ci sia anche quella dei tanti omosessuali che dicono di vivere una continenza che, in realtà non cercano.

Ho poi scoperto che qualunque cammino verso la castità, ovvero verso una sessualità vissuta al servizio della vita e dell’amore, presuppone una maturità affettiva solida, che non si concilia con l’abitudine, che molti omosessuali credenti hanno, di non dire la verità su se stessi.

E così, a un certo punto, quando le persone mi chiedevano come potevano conciliare la loro vita di fede con la loro omosessualità, ho iniziato a proporre un cammino che partiva dalla lotta contro l’ipocrisia: sarebbe poi stato Dio a far capire a ciascuno i modi concreti in cui questa conciliazione avrebbe dovuto realizzarsi pienamente. Il gay pride è appunto uno dei momenti principali di questa lotta contro la propria ipocrisia. Ecco perché io consiglio sempre agli omosessuali credenti di superare le paure e di camminare insieme alle tante persone che, come loro, dichiarano pubblicamente d’essere omosessuali.

Si tratta di fare come Gesù, che s’accompagnava a tutti, e non stava a guardare i commenti che la gente faceva sui suoi compagni di strada. Si tratta di fare come Davide, che per vivere fino in fondo il suo amore per Dio, si è messo a ballare nudo (lui che era il re) davanti all’Arca. Si tratta di fare come tutti coloro che scoprono che la volontà di Dio è molto più importante dei giudizi di quanti confondono il messaggio evangelico con il perbenismo piccolo borghese.

Ma certe cose vanno sperimentate e Nicola Martella (ndr autore di un sito evangelico impegnato a condannare l’omosessualità come "abominio"), non essendo mai stato a un Gay Pride, non le può capire. Ecco perché, con la buona fede che lo contraddistingue, si mette a sparare sentenze su una realtà che gli sfugge e corre il rischio di dire delle sciocchezze.



Lunedì, 30 giugno 2008