Anniversario della morte di Alfredo Ormando
Ecce omo : Alfredo Ormando

La vita, l’opera, il fuoco


di Piero Montana

Devastato da una cocente emarginazione il 13 gennaio del 1998, a 39 anni, lo scrittore nisseno Alfredo Ormando si bruciava vivo in piazza San Pietro a Roma. Nella lettera autografa, datata  Natale ’97, dedicata ad un amico di Reggio Emilia, ma mai spedita, il suo suicidio veniva annunciato e motivato come “un gesto di protesta contro la Chiesa che demonizza l’omosessualità”.

Le ultime e disperate lettere di Alfredo Ormando dai toni alquanto toccanti e dolorosi, destinate dall’autore ai posteri  sono un esplicito, uno sconsolato e al contempo  virulento atto di accusa contro un ambiente sociale succube del pregiudizio antigay.

 E tuttavia da queste  ultime e drammatiche lettere risulta anche che, da qualche tempo, Ormando si considerava un fallito come scrittore e come uomo.

Le case editrici avevano rifiutato di pubblicare i suoi romanzi ( una trilogia autobiografica, composta da Il dubbio, L’escluso e Sotto il cielo d’Urano), le sue fiabe, i suoi racconti.

Con grandi sacrifici economici e solo grazie all’aiuto della madre ultraottantenne, che godeva di una pensione sociale, Ormando aveva pubblicato a sue spese nel 1995, il romanzo breve Il fratacchione e, nel ’97, cinque dei suoi racconti in una rivista da lui creata dal titolo I miserabili.

 Ormando era nato a San Cataldo in provincia di Caltanissetta il 15 dicembre del 1958 da genitori analfabeti, operai di origini contadine. Era il decimo dei figli, l’ottavo di quelli viventi.

Nella sua assai irrequieta fanciullezza e adolescenza non aveva mai seguito studi regolari. La licenza media veniva conseguita a vent’anni come privatista, la maturità magistrale nel 1993 all’età di 35 anni. La laurea di dottore in Materie letterarie “alla memoria” gli verrà conferita postuma il 14 dicembre 1998 presso la Facoltà di Scienze della Formazione   dell’Università degli Studi di Palermo.

Insofferente di ogni brutale disciplina a partire da quella scolastica (ancora negli anni sessanta e fino ai settanta i metodi pedagogici di istruzione nelle scuole elementari e nelle medie erano alquanto discutibili) Ormando dopo aver frequentato saltuariamente la scuola, al compimento dell’allora età dell’obbligo, aveva interrotto gli studi ed aveva cominciato a fare delle amicizie poco raccomandabili, entrando presto nel giro di cattive compagnie, la cui frequentazione, all’età di 16 anni, gli avrebbe comportato l’arresto assieme ad altri sei minorenni e quattro maggiorenni per il reato di associazione a delinquere.

Rinchiuso nel Centro di Rieducazione di San Cataldo, ne sarebbe uscito dopo qualche mese.

Dopo il servizio di leva si dichiarava anticonformista  per il suo  look eccentrico e per essere diventato un capellone, la qual cosa, in quel tempo, in un paese assai  retrogrado e provinciale, gli creava la nomea di arrusu ossia di omosessuale, che lo avrebbe  costretto ad abbandonare San Catataldo e a trasferirsi a Palermo, dove conduceva una vita sessualmente disordinata e in condizioni economiche assai precarie. Tali esperienze verranno narrate nel romanzo autobiografico Il dubbio, scritto nel 1990, dove a riguardo leggiamo : « Cominciavo a mettere più cura nel vestire, ero sempre alla ricerca di abiti ricercati e soprattutto esclusivi e originali, non trovandoli iniziai a inventarmeli… Uno stock di foulards variopinti, di camicie di raso, di anelli e collanine facevano di me un finocchio a tutti gli effetti. I capelli li avevo piuttosto lunghi. Ero diventato un incosciente anticonformista. Sapevo di andare controcorrente, di attirarmi addosso le critiche della gente, il biasimo delle persone cosiddette eterosessuali, il ludibrio dei masculi, il malcontento dei familiari. La mia risposta alla società fu la stereotipata reazione del complessato, del timido, del frustrato, il quale risolve di inserirsi nella società degli uomini con l’ attrarre  su di sé l’attenzione con un comportamento che esula dalle norme vigenti del conformismo a cui tutti gli esseri limitati si attengono. Solo così mi sentivo di esistere.»

Nel maggio del 1980 Ormando si trovava a Milano, dove tra le altre occupazioni svolgeva anche quella di rappresentante di commercio e dove,  forse a causa delle sue ristrettezze economiche, deluso dalla vita tentava il suicidio, ingoiando trenta compresse di roipnol.

La locandiera della pensione, in cui alloggiava, chiamava la Croce Rossa. Ormando veniva ricoverato d’urgenza al Fatebenefratelli. Mentre si trovava in ospedale, Ormando ebbe una crisi mistica, in seguito alla quale, si recava al santuario mariano di Gibilmanna per chiedere al padre guardiano di volersi fare cappuccino.

Dall’ ottobre dell’ ‘81 al luglio dell’ ’83 l’aspirante frate  conduceva vita monastica nel convento cappuccino di Bronte (CT).

Tale esperienza sarà raccontata nel romanzo breve Il fratacchione scritto anni dopo nel settembre del ’94 e pubblicato dalla casa editrice Publisicula di Palermo nel 1995.

Sul retro della copertina della rivista I miserabili il libro veniva così pubblicizzato :  « La problematica dell’ispirazione divina che porta un uomo alla scelta del sacerdozio pervade il romanzo, che narra di un ragazzo  “miscredente” che si vota a Dio dopo la lettura di certi libri sulla vita dei Santi. Dopo aver visto sacerdoti che si affogano nel cibo, che si lasciano pesantemente trasportare dalla loro pedofilia, che diventano amanti e padri di figli illegittimi, che hanno “il vizietto di baciare sulla bocca le donne” il ragazzo preferisce abbandonare la Chiesa comprendendo di non essere votato alla vita sacerdotale. I due anni trascorsi in convento saranno serviti però a qualcosa, per esempio, ad avere maggiore stima e fiducia di se stesso.»

Lasciato il convento, Ormando si trasferiva a Firenze presso un amico molto più anziano di lui. È in questo periodo che incominciava a scrivere la prima stesura delle sue fiabe, che verranno completate,  anni dopo in sillogi quali Novellando sotto le stelle, Le avventure del nubinauta Grissino, Il monte incantato ed altre fiabe.

Nell’ ’85 scriveva delle poesie di ispirazione leopardiana che pubblicava a sue spese col titolo Vagiti primaverili.

Si interessava al contempo al teatro popolare in vernacolo siciliano, da cui era affascinato, scrivendo nell’ ’86  due commedie brillanti   Mastru Gnaziu e Tutto è bene quando finisce bene. Queste ultime opere assieme a Vagiti primaverili e al romanzo L’ingenuo, scritto nell’ ’89 saranno in seguito rifiutate dall’autore.

Nonostante questi interessi culturali ( il teatro, la poesia, la narrativa), Ormando  non si riprenderà mai dai suoi traumi, mostrando di non saper ricucire le  ferite dell’anima, mai cicatrizzate, che quotidianamente gli venivano inferte dal pregiudizio e dall’emarginazione, tanto che in un incompiuto romanzo sull’aids, che aveva incominciato a scrivere nell’85, così nei riguardi di se stesso ha modo di esprimersi: « Ultimamente sono cambiate molte cose sulla mia vita, io stesso sono talmente mutato che faccio fatica a riconoscermi. Se dovessi fare un inventario di me stesso, non saprei da dove cominciare, visto che di umano mi è rimasto un sordo dolore ed un’animalesca rassegnazione. Conservo tuttora delle sembianze umane, ma internamente sono pura putredine, pasto per i vermi. Per quale sottile alchimia il mio corpo non si decompone? Forse dovrei interrogare gli scritti del divino Paracelso e del divino Ermete Trismegisto per uscire fuori dal circolo vizioso delle domande senza risposte.»

Nel dicembre dell’89 Ormando iniziava a scrivere il romanzo epistolare Sotto il cielo di Urano.

In questo libro tra alti e bassi, tra frequenti sbalzi di umore, trovandosi nella vita reale in mezzo ad una strada, in alcune delle sue pagine più disperate leggiamo la seguente confessione : « Le mie vicissitudini non sono molto dissimili da quelle che potrebbe vivere sulla propria pelle un individuo del Terzo mondo. No, la vita non è stata benevola nei miei confronti. Ho sperimentato in prima persona cosa significa salire e scendere le scale altrui, sentirsi un maruchien nel proprio paese… vivere all’ombra di mia madre, essere umiliato, vilipeso, osteggiato, emarginato e porre fine ai miei giorni con il suicidio. Se un giorno dovrò scegliere la mia morte, opterò per darmi fuoco. Se dovrò andare ad arrostire nel fast food dell’inferno, tanto vale prepararsi per finire infilzato da uno spiedo e divorato dal fuoco della Geenna.»

In questo contesto tragico l’unica magra consolazione che si offriva allo scrittore era data dalla considerazione che “ non sarebbe la prima volta, se guardiamo alla storia dell’arte, che si suicidano degli aspiranti artisti, frustrati, incompresi, dileggiati, poveri e reietti come me.”

Dopo nove anni da quel che Ormando lasciava per iscritto più sotto l’influsso di Saturno che del pianeta Urano, un altro crollo psicologico con  un conseguente stato di depressione gli sarebbe stato fatale.

Ricercare la causa di tale depressione in un soggetto minato, reso  fragile, vulnerabile dal pregiudizio antigay, al di là dalle ripetute offese,  ferite quotidiane che venivano  inferte alla sua anima a causa del suo palese orientamento sessuale, sarebbe solo un’operazione squallida e  mistificante.

Tale operazione all’indomani della sua morte, del suo suicidio è stata tuttavia messa in atto dalla propaganda di chi si sentiva chiamato in causa da quel rogo di carne, da quel falò in piazza San Pietro che non poteva non richiamare alla memoria altre fiamme,  altri fuochi fatti divampare dall’ Inquisizione.  

 L’opera che Ormando  ci ha lasciato, al di là di ogni pregio letterario - che non saremo noi a conferire - mette invece spietatamente a nudo il cuore di un uomo con il suo stigma  sanguinante, gettando abbastanza luce sulla vita di un omosessuale che, quasi fustigandosi a sangue, non ci risparmia nulla, nelle sue confessioni, della sua disperata emarginazione e sconfinata solitudine di cui – come è detto a conclusione di un’ ultima lettera per i posteri, spedita il giorno prima del suicidio all’agenzia Ansa di Roma   – “ non potrà mai farsi una ragione.”

Di quest’opera l’omosessualità di Alfredo dapprima latente e poi provocatoriamente e scandalosamente manifestata, ne è la più profonda chiave di lettura, che ci fa comprendere passo per passo un drammatico percorso di vita, un lucido e sistematico piano di rivolta, di   protesta estrema, inaudita, che al contempo non poteva non sfociare nella catastrofe personale di un “ suicidato dalla società”. (1)

Piero Montana

Nota. 

 Grazie al mio interessamento, in qualità di consulente del sindaco in materia di pari opportunità, e a quello  della direttrice della Biblioteca “ F. Scaduto”, Lea Amodeo, che ha accettato la donazione Ormando, tutte le opere e le lettere dello scrittore nisseno citate in questo articolo sono consultabili presso la  suddetta  biblioteca di Bagheria, ubicata a Palazzo Aragona –Cutò in via Consolare.

Telefono Direzione : 091909277

Telefono Uffici : 091 9033 12

e-mail : biblioteca@comune.bagheria.pa.it



Martedì, 08 gennaio 2008