Cristianesimo ed omosessualità
Il dovere dell’ottimismo.

Colloquio con Daniele Bausi, gay e cattolico


di daniela tuscano

domenica 13 gennaio 2008

Si fa presto a dire suicidio. Mi è sempre stato difficile definire tale quello di Alfredo Ormando, poeta siciliano, credente ma, soprattutto, omosessuale. Sia per la scelta del luogo (piazza san Pietro) sia per le modalità del gesto: un’immolazione? Un autodafè? Una protesta disperatamente ecumenica, cattolico-buddista? Alfredo si è dato fuoco. Per protestare contro l’oppressione della Chiesa verso quelli come lui. Da allora sono trascorsi dieci anni. Un’eternità. E gli “Alfredo” come le “Sara” sembrano più perseguitati che mai. Esecrati dalla gerarchia vatican-ratzingeriana, ignorati e incompresi anche da una buona parte dei militanti gay, gli omosessuali cristiani non compaiono in televisione, non assomigliano a tante “maschere” di cui ci credevamo liberati e che sono invece risorte dai nostri media come grottesche anticaglie. Eppure esistono, lottano, non smettono di sperare. E quel fatale 13 gennaio 1998 è diventato una data-simbolo, una ricerca di abbraccio e di riconciliazione nella lunga vicenda d’un odio inveterato. Da quel giorno si celebra, in tutt’Italia, la Giornata per il Dialogo tra Religioni e Omosessualità, cui hanno fatto seguito iniziative analoghe, come le veglie contro l’omofobia, organizzate dalla comunità valdese e alle quali hanno aderito cristiani di diverse confessioni. La prossima si terrà 4 aprile 2008 a Firenze, e a Firenze incontro Daniele Bausi. “Sono impiegato in un negozio di calzature – esordisce – ma le mie vere ‘passioni’ sono la fotografia, il cinema, il teatro, la musica (in particolare Renato Zero) e, su tutto, il volontariato. Naturalmente sono gay. E credente” soggiunge con un sorriso.

Vuoi parlarmi un po’ più approfonditamente del tuo volontariato? In cosa consiste?

Il mio servizio si svolge all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Il nostro compito è intrattenere i bambini che, per un motivo o per l’altro, non possono alzarsi dal letto. Permettiamo anche ai genitori presenti di prendersi una pausa, rilassarsi un attimo, concedersi un giro per la città.

Perché lo faccio? Non lo so, non conosco la risposta. Semplicemente, ne sento il bisogno. Voglio regalare un po’ del mio tempo a chi ne ha bisogno. Un sorriso, una carezza, una parola, una risata.

Quali sono i tuoi valori?

L’amicizia, innanzi tutto. Con un amico puoi ‘osare’ tutto, senza scendere a compromessi. Sentirti libero nel pensiero e nelle azioni agire nel quotidiano. Rispettando sempre la libertà altrui. Con sincerità e la lealtà. In ogni rapporto, del resto, devono coesistere questi due componenti, sennò si tratta di una relazione falsa e disonesta.

Come valorizzi l’alterità?

Tutto ciò che viene messo in secondo piano, per me diventa importante. Non condivido la filosofia dei ‘due pesi e due misure’: una cosa è di serie A e un’altra di serie B. Specialmente se si tratta di diritti umani o simili. Anche per questo odio le etichette: gay, etero, bisex, ecc. anche se siamo costretti ad usarle. Innanzi tutto siamo persone e come tali ci dobbiamo raffrontare e rapportare.

Sarai presente all’incontro di domenica?

Lavoro permettendo – spesso sono impegnato anche nei festivi – dovrei esserci, assieme a un amico.

Ritieni utili queste iniziative?

Certamente. E’ un modo come un altro per dimostrare che esistiamo e abbiamo gli stessi diritti di tutti gli altri.


Cosa significa credere per te?


Molto, anzi, tutto. E’ una forza che mi aiuta ogni giorno nelle mie scelte, nel mio modo di vedere le cose, di parlare e pensare. Mi aiuta ad amare ancor di più, con più forza e con più coraggio. Posso sembrare presuntuoso ma mi aiuta a cercare di essere un uomo migliore; a capire di più il mio prossimo; a tollerare e forse un giorno anche a perdonare; ad essere più disponibile con chi è meno fortunato di me.

Ritieni possibile conciliare omosessualità e religione? E se sì, in che modo?

Certo che sì. Il viaggio in Terra Santa, l’estate scorsa, ne è stata la prova. Sono partito in un modo e sono tornato trasformato. Lo dico senza retorica alcuna. Il mio caso dimostra la vacuità delle sentenze di Papa e alti prelati a proposito degli omosessuali. Non è Gesù che non ci accetta, sono loro. Gesù, in quei giorni in Israele, mi ha dato un segno della sua presenza. A me che sono gay. Se mi respingesse non mi si sarebbe mai rivelato. Per questo affermo che dobbiamo superare gli ostacoli, guardare oltre, dentro di noi, dentro al nostro cuore, alla nostra anima e amare gli altri, avere il cuore aperto.

Eppure il Papa vi accusa di incarnare un relativismo morale in cui tutto è permesso. Come reagisci a queste parole?

Gli do il giusto peso. Anche lui, lo ripeto, parla per sé e non per quella che è la parola di Cristo. Io continuo per la mia strada cercando di non ledere il rispetto per gli altri e offrendomi totalmente a chi sa veramente valorizzarmi. Questo per quanto riguarda il mondo gay. Io sono un uomo libero, con la mia gaiezza e con tutto il resto. Vivo in questo mondo nel migliore dei modi e con quanta gioia e serenità riesco a cogliere, senza censure. Se agli altri do fastidio, mi riferisco a Chiesa e simili, non cambio certo le mie abitudini per loro. Io sento di essere nel giusto perchè il mio peccato non è diverso dal loro. Il mio peccato abita nelle mie mani come abita nelle loro.

Alcuni affermano che, di fronte a tanta ostilità e chiusura, sia inutile continuare a cercare un dialogo…

Mi giungono notizie sempre più numerose di persone allontanate dalla Chiesa. Ma la fede è ben altra cosa. Queste persone non si sentono rappresentate, accettate dagli uomini di Chiesa. E finiscono per cercare Dio nel loro privato, nella loro quotidianità. Ma non basta. Io penso che se davvero ci sentiamo cristiani, dobbiamo superare questo ostacolo, senza chiuderci in un eccessivo quanto deleterio personalismo. Non ci si può costruire un Dio su misura. Consiglio semmai di accettare quei pochi segnali positivi che ci vengono elargiti, confidando sempre nell’amore di Cristo che è più forte delle grettezze umane.

Tieni alla famiglia?

Sì, molto. Credo sia davvero un punto sicuro per tutta la nostra esistenza, anche se non sempre è così.


Molti politici sembrano aver fatto dell’omofobia, e del moralismo in generale, il loro cavallo di battaglia. Essi sostengono che, con le vostre rivendicazioni, mirate a distruggere la famiglia tradizionale?

E io gli rispondo come Gesù sulla Croce: non sanno quello che fanno (e dicono). Per questo bisogna lottare per ottenere tutti i nostri diritti civili.


Cos’hai provato alla notizia che un gruppo di parlamentari e senatori clericali, appoggiati dal Vaticano, si è opposto alle norme antiomofobia argomentando che, con la scusa di difendervi dalle aggressioni, intendevate diffondere ’uno stile di vita omosessuale’?

Molto sgomento e delusione. Piuttosto che affrontare seriamente il problema e mettersi in discussione, preferiscono concedere il via libera alla violenza e alle discriminazioni. È il discorso di prima, sui due pesi e le due misure.


Di recente è scoppiato lo scandalo di alcuni "guaritori" di gay, sostenuti in particolare da Binetti e Volonté. Cosa rispondi a questa gente che ti considera malato, deviato e vorrebbe “guarirti”?

Non li considero nemmeno. Di sicuro, la loro malattia è più grave della mia perché risiede nei loro cervelli.



Non mi sembra però che siate sempre correttamente rappresentati dall’attuale movimento gay. Quest’ultimo sta impiegando, anch’esso, una strategia aggressiva, talora avalla comportamenti riprovevoli, si pubblicizza attraverso personaggi mediaticamente sovraesposti e alquanto discutibili…

Per prima cosa ritengo ognuno libero di essere sé stesso fin quando non danneggia il prossimo. Purtroppo i personaggi famosi influenzano la menti, specie quelle più giovani. Dovrebbero rendersi conto del male che compiono, anche perché essi agiscono per tornaconto personale e non per difendere dei diritti. Forse, però, qualche piccolissimo segnale positivo arriva dai media; non certo dai movimenti o dallo Stato. Il problema di fondo degli italiani, di qualsiasi credo, cultura e orientamento sessuale, è l’ignoranza e il bigottismo. Non parliamo della Spagna, ma addirittura in Israele esiste una legislazione che garantisce i diritti agli omosessuali. Qui da noi non si può nemmeno discuterne.

Non tutti concordano per una regolamentazione delle unioni di fatto; hanno anch’essi le loro ragioni, non credi?


Credo tutto, ma continuo a ribadire che non vedo neppure la volontà di mettersi attorno a un tavolo per discutere, senza preconcetti e condanne preventive. Da ogni parte. Lo confesso, sono molto pessimista a questo proposito.


Come convincere certi eterosessuali impauriti che l’omosessualità non è "contagiosa"?


Non penso si debba convincere nessuno. Gli etero che ci conoscono da vicino si stanno abituando a questo "fenomeno" e ci temono sempre meno. L’importante è non renderci ridicoli e rispettare la nostra e l’altrui dignità. Purtroppo l’omofobia non si combatte. Va combattuta, invece, la mentalità con le uniche armi valide per qualsiasi lotta: il rispetto e la tolleranza.

Pubblicato da daniela tuscano



Domenica, 13 gennaio 2008