Notiziario - Approfondimenti
Una strana lotta per Gerusalemme

a cura di Massimiliano Caruso

L’8 giugno 1967, i soldati delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) entrarono nella Government House a Gerusalemme e cominciarono ad impadronirsi di ciò che avevano lasciato gli osservatori delle Nazioni Unite, che erano fuggiti di fronte ai combattimenti fra l’IDF e la Legione Araba. I soldati urlavano di gioia mentre compivano il lavoro; gli israeliani percepivano l’ONU come un baluardo nemico che ricordava loro il mancato riconoscimento, da parte del mondo, dei confini del paese e della decisione di Israele di considerare Gerusalemme come propria capitale.
Lo strepito che i soldati dell’IDF sollevarono mentre correvano intorno all’edificio giunse all’attenzione dell’osservatore capo dell’ONU, Odd Bull, che si era trasferito nel palazzo dello YMCA a Gerusalemme Ovest. Egli chiamò il segretario generale delle Nazioni Unite, U Thant, il quale riferì all’amministrazione americana ciò che stava accadendo. Poco tempo dopo, il capo di Stato Maggiore dell’IDF, Yitzhak Rabin, ordinò ai suoi soldati di ritirarsi dal complesso. Il primo tentativo di Israele di popolare Gerusalemme Est era fallito.
Le successive iniziative di popolare Gerusalemme Est ebbero maggiore successo, ma il risultato finale è rimasto problematico. Yehuda Tamir, che era stato incaricato di questo compito dal primo ministro Levi Eshkol, lo portò a termine attraverso ampie espropriazioni di terra e rapide operazioni edilizie. In questo modo egli andò contro il parere di diversi ministri del governo, soprattutto di Zerah Warhaftig e Menachem Begin, i quali volevano “giudaizzare” l’intera città vecchia. Tamir ritenne che evacuare i residenti musulmani e cristiani della città vecchia, e ricostruirla, avrebbe richiesto molto tempo, intrappolando Israele nelle dispute internazionali. Sarebbe stato meglio imporre rapidamente dei fatti sul terreno attraverso la costruzione di nuovi quartieri. La prima area che egli scelse fu la linea di congiunzione fra Gerusalemme Est e Gerusalemme Ovest nella parte settentrionale della città, dove sarebbero stati costruiti i quartieri di Givat Hamivtar, Ramot Eshkol, e della Collina Francese. Ma le supposte considerazioni logiche di Tamir non ressero al confronto con la realtà: 40 anni dopo che egli ebbe dato inizio al progetto, i quartieri da lui costruiti stanno diventando la residenza di arabi palestinesi ed ebrei ultraortodossi, due popolazioni che stanno rapidamente cambiando lo status ed il carattere di Gerusalemme.
La Collina Francese viene conquistata dai residenti arabi – alcuni di loro sono cittadini palestinesi, mentre altri sono cittadini israeliani – e questa è solo la punta dell’iceberg: 250.000 delle 450.000 persone che vivono a Gerusalemme Est sono palestinesi che vogliono migliorare le proprie condizioni di alloggio. Givat Hamivtar, Ramot Eshkol, ed il vicino quartiere di Ramot stanno cambiando la propria immagine: la classe media laica e tollerante da un punto di vista religioso sta andando via, e viene rimpiazzata da ebrei ultraortodossi.
Gerusalemme nel suo insieme sta perdendo la sua spina dorsale produttiva e sta aumentando la propria dipendenza dalle sovvenzioni statali. Le persone giovani, laiche, ed istruite in grado di guadagnare un salario stanno abbandonando la città in massa, seguiti dai loro genitori. La leadership della città è nelle mani di dirigenti ultraortodossi il cui stile manageriale è impregnato di concetti derivati dal loro mondo e dalle loro priorità. Questo processo deriva dagli equilibri demografici che possono essere esemplificati nella seguente proiezione: fra circa 8 anni il numero di studenti nelle scuole elementari ultraortodosse di Gerusalemme sarà pari ad oltre 3 volte il numero degli studenti nelle scuole pubbliche laiche e religiose.
Questo è lo sfondo in base al quale dovremmo giudicare le recenti dichiarazioni di alcuni gruppi che invitano l’opinione pubblica a mantenere unita Gerusalemme. Esiste un assurdo divario fra la retorica delle organizzazioni e le forze che plasmano la città. Gli appassionati slogan che i leader di queste organizzazioni escogitano a getto continuo, i chiassosi raduni a cui danno vita, le poetiche dichiarazioni di alcuni membri della Knesset quando tentano di convincerla del suo obbligo di mantenere Gerusalemme unita, riguardano una città che assomiglia sempre più a Safed (con il dovuto rispetto per questa città). Alcune aree di Gerusalemme ricordano sempre più da vicino Umm al-Fahm (con il dovuto rispetto per questa città).
La “Gerusalemme d’Oro” (“Gerusalemme d’Oro” è il titolo di una celebre canzone israeliana scritta da Naomi Shemer nel 1967, poco prima che scoppiasse la Guerra dei Sei Giorni; essa divenne una sorta di inno popolare e di incoraggiamento per i soldati israeliani; gran parte della canzone fa riferimento ai temi tradizionali della poesia ebraica, e descrive l’aspirazione degli ebrei, nel corso di 2.000 anni di storia, a fare ritorno a Gerusalemme (N.d.T.) ) è il teatro di una battaglia fra Israele, i palestinesi, e l’intero mondo arabo, e fra gli israeliani e loro stessi. E’ una città in cui la lotta per la sua unità sarà presto considerata come un bizzarro tentativo.
http://www.haaretz.com/hasen/spages/932412.html


Domenica, 30 dicembre 2007