Notiziario - Approfondimenti
Spartizione dell’Iraq,spartizione della regione

a cura di Massimiliano Caruso

La risoluzione “non vincolante” approvata dal Senato americano, che prevede la trasformazione dell’Iraq in uno stato federale composto da tre regioni (una curda, una sunnita, ed una sciita), ha suscitato aspre reazioni all’interno del mondo arabo. Il primo ministro iracheno ha dichiarato che questo tipo di spartizione sarebbe un disastro per il suo paese. Un’analoga condanna è giunta dal Gulf Cooperation Council. Dello stesso tenore anche le reazioni della stampa araba. L’esempio che segue è tratto dalla stampa libanese
Finalmente il Senato americano si è imbattuto nella giusta soluzione per l’Iraq: la spartizione. E’ questa la formula magica che, secondo i rappresentanti del popolo americano, porrà un freno alla violenza, riporterà i soldati americani in patria, e fermerà l’emorragia di vite umane e di perdite materiali nella terra dei due fiumi (l’Iraq (N.d.T.) ).
Questa soluzione potrebbe rinfrancare gli americani, mentre invece le complicazioni che una soluzione del genere inevitabilmente comporterà per l’Iraq e per la regione non sembrano togliere il sonno al legislatore americano.
Cosa vuol dire, infatti, creare tre stati su base etnica e confessionale in Iraq? Inoltre, una faccenda grave come questa resterà limitata all’Iraq, o è candidata ad estendersi ad una regione essenzialmente composta da etnie, confessioni, e sette differenti?
Se volessimo creare uno stato per ogni confessione e per ogni etnia, assisteremmo alla nascita di innumerevoli staterelli. Non solo, assisteremmo anche a conflitti sanguinosi fra questi stati etnico-confessionali, sulla falsariga di quanto è avvenuto in Iraq da quando l’esercito americano si è acquartierato in questo paese.
Può essere comprensibile lo sforzo del Senato americano per cercare una via d’uscita dal vicolo cieco iracheno, soprattutto dopo che il Congresso ha fallito nel suo tentativo di imporre al presidente George Bush un calendario per il ritiro. E non solo per questo, visto che i candidati democratici alla presidenza, che sono i probabili vincitori delle prossime elezioni, non prevedono un ritiro delle truppe prima del 2013, il ché significa che il prossimo presidente americano dovrà convivere con il pesante lascito ereditato da Bush in Iraq.
Tuttavia, non è comprensibile il fatto che la soluzione proposta debba accrescere le sofferenze del popolo iracheno ed esporre l’intera regione al caos ed agli spargimenti di sangue, proprio come è già avvenuto con la decisione di invadere l’Iraq.
Dunque, i democratici si avviano a risolvere il problema creato dal presidente repubblicano creando un problema ancora maggiore, dalle cui schegge non si salverà nessun paese della regione, nel caso di una spartizione dell’Iraq.
E sebbene la via più rapida per uscire dal pantano iracheno sia quella di dare inizio al ritiro delle truppe, i democratici, così come i repubblicani, hanno cominciato a temere che l’Iran possa riempire il vuoto lasciato dal ritiro americano, e perciò si stanno abituando all’idea di convivere con una presenza militare di lungo periodo in Iraq, che dovrebbe opporsi all’influenza iraniana.
Nel frattempo, la soluzione di lungo periodo a cui stanno pensando i “decision maker” di Washington è quella di dividere l’Iraq in tre staterelli, sotto la supervisione di un governo centrale virtuale che non abbia competenze effettive.
Con la spartizione, gli americani passeranno dalla gestione della guerra civile attualmente in corso alla fase che getterà le basi giuridiche per la pulizia etnica e confessionale in atto in Iraq fin dal momento dell’invasione.
Se il movente dell’invasione americana dell’Iraq era il controllo del petrolio – così come ha dichiarato l’ex presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan – attraverso la spartizione gli USA si assicureranno il controllo definitivo delle fonti petrolifere all’interno dei nascenti staterelli iracheni in lotta fra loro.
Sebbene la Casa Bianca abbia rifiutato la risoluzione non vincolante del Senato per la spartizione dell’Iraq, il segretario di stato Condoleezza Rice ha proposto ai ministri degli esteri del Gulf Cooperation Council (GCC), dell’Egitto, e della Giordania, qualcosa di più grave e di più disastroso della risoluzione del Senato americano, ovvero l’aperto invito a costituire un’alleanza di stati sunniti per contrastare l’influenza iraniana nella regione.
La proposta del Senato americano e l’appello della Rice sono due esempi del modo di pensare americano di fronte alle questioni riguardanti la regione mediorientale, che le politiche americane – nella stessa misura dei suoi governanti – hanno condotto nel vicolo cieco in cui si dibatte oggi.
Infatti, è l’America ad aver trascinato al-Qaeda in Iraq dopo aver invaso questo paese. E’ l’America che sovrintende oggi alla guerra civile attualmente in atto. Gli USA intendono, forse, estendere questo modello all’intera regione?
http://www.annahar.com/content.php?priority=1&table=kadaya&type=kadaya&day=Sat
 


Domenica, 28 ottobre 2007