Realpolitik. Ovvero, ipocrisia all’occidentale

a cura di Massimiliano Caruso

Cos’è che spinge una delle più importanti democrazie del mondo occidentale a stringere la mano a coloro che fino a ieri definiva “nemici della democrazia”, a stendere davanti a loro tappeti rossi, ed a dedicargli un cerimoniale fastoso ed imponente?
Quale grande e grave paradosso fa sì che la tenda del leader libico Muammar Gheddafi, che l’Occidente considerava – e che una gran parte di esso tuttora considera – in cima alla lista degli “stati canaglia”, abbia trovato spazio nei giardini dell’Eliseo, la sede della più antica e nobile democrazia del mondo? E com’è possibile che i leader dell’Europa stringano la mano ai leader africani che per lungo tempo avevano definito “dittatori”?
Ma non chiediamoci come e perché. Questo è il tempo della “realpolitik”, un termine che è comparso recentemente nel vocabolario delle relazioni politiche, e che ha cominciato a guidare la politica dei paesi occidentali che per lungo tempo ci avevano imposto la loro autorità morale. E adesso eccoli, invece, assoggettarsi alla realtà dei fatti, in base alle loro necessità economiche, e riconoscere che è necessario dialogare con “tutti”, anche con coloro che considerano “cattivi”. In base a questo nuovo criterio, le democrazie occidentali mettono in soffitta i loro principi altisonanti ed i loro slogan in difesa delle libertà politiche e dei diritti umani, e stringono la mano a coloro che fino a ieri avevano posto sul banco degli imputati, fino a quando avranno firmato contratti d’oro, ed avranno riempito le loro casse vuote. Non solo, le democrazie occidentali si spingono al punto di lodare la “trasformazione” di questi regimi che fino a ieri avevano definito “terroristi”. E dopo aver riempito le nostre orecchie con ammonimenti e lezioni morali, ed aver insistito fino alla noia sulla necessità di boicottare ed isolare i regimi dittatoriali, eccole cambiare la loro posizione, e addirittura cercare l’amicizia di questi regimi.
Così, dopo anni di isolamento, registriamo il ritorno della Libia all’interno della comunità internazionale attraverso la porta apertale dalla Francia, e presto assisteremo alla normalizzazione dei rapporti fra questo paese e gli Stati Uniti. 10 miliardi di euro sono stati il prezzo di questa “rappresentazione tragicomica” che ha raggiunto il suo culmine con la scena della tenda presidenziale piantata nei giardini dell’Eliseo, e con il valzer di dichiarazioni che era necessario rivolgere al presidente libico a proposito dei diritti umani, dichiarazioni che il traduttore sembra aver dimenticato di far pervenire a destinazione, lasciando che si perdessero per strada!
Non vorrei sembrare prevenuta, tuttavia non credo alla tesi secondo cui l’Occidente starebbe cercando di trascinare gli stati africani fuori dalla loro arretratezza, e si sforzerebbe di incoraggiare i regimi democratici. Secondo me, questa è pura retorica, nient’altro. Tutto ciò che importa ai paesi occidentali è soddisfare il proprio fabbisogno di energia e di ricchezza per mantenere il proprio livello di benessere e sostenere la propria economia. Per lungo tempo questi paesi hanno criticato i leader africani e si sono opposti pubblicamente alle loro politiche, eppure non hanno esitato un solo giorno a scendere a patti con loro ed a “mangiare dal loro piatto”. Chi conosce i retroscena delle questioni in cui sono rimasti coinvolti alcuni politici francesi di alto livello, accusati di corruzione e di pagamento di tangenti nei confronti di alcuni leader africani, sa cosa sto dicendo. I bisogni energetici dei paesi europei oggi sono urgenti a tal punto che la realtà della dura competizione economica ha cominciato ad imporre i suoi diktat alla loro politica estera. Ciò spiega perché essi sono scesi in campo ultimamente nel tentativo di recuperare l’Africa, alla luce della feroce competizione da parte della Cina e di paesi emergenti come l’India ed il Brasile. Questo è ciò che hanno cercato di ottenere i paesi europei organizzando l’incontro con i leader africani al recente vertice di Lisbona. Sebbene essi non siano “ufficialmente soddisfatti” delle politiche di questi ultimi, quantomeno hanno rinunciato alla loro superbia ed alle lezioni morali, per convincere gli stati africani ad abrogare i dazi doganali che essi impongono ai prodotti europei. La promessa fatta dai paesi europei ai leader africani è una grande menzogna chiamata “nuovi accordi di partnership economica con l’Africa”, in realtà nient’altro che un piano per piazzare i loro prodotti su nuovi mercati imponendo una concorrenza sleale ai prodotti locali.
La Francia, che è giunta ad offrire un esempio eclatante di doppiezza politica nell’era del presidente Sarkozy, rappresenta anche il nuovo volto delle relazioni che ormai legano le democrazie occidentali ai paesi ricchi di materie prime: relazioni pragmatiche basate soltanto sugli interessi economici. Nonostante la mia critica all’ipocrisia che accompagna la nuova politica francese, sempre pronta ad affermare una cosa ed il suo contrario – che critica Putin al mattino e che alla sera applaude alla sua vittoria elettorale, che ritiene che non valga la pena rivolgere al popolo algerino neanche una semplice richiesta di scuse per gli orribili crimini commessi contro di esso, e che biasima i paesi africani per la loro povertà dimenticando che la Francia stessa contribuì a crearla –, nonostante ciò, quella francese è pur sempre una politica che non ha tradito il proprio popolo, e che è finalizzata a preservarne la prosperità. Nell’arco di poche settimane, il presidente Sarkozy è riuscito a raccogliere più di 19 miliardi di euro con le sue visite in Marocco ed in Algeria, e con il suo incontro con Gheddafi, per non parlare poi del suo viaggio in Cina. Tutto il biasimo va invece rivolto a quei paesi che si lasciano adescare da simili trucchi aprendo i loro mercati, elargendo prodigalmente le proprie ricchezze, e moltiplicando gli zeri sugli assegni che emettono, ottenendo in cambio soltanto dichiarazioni vaghe ed ambigue, nella solita equazione in cui vincitori e vinti sono ben noti.
http://www.asharqalawsat.com/leader.asp?section=3&article=450256&issue=10612
 


Domenica, 30 dicembre 2007