Notiziario internazionale
La guerra e il “picco del petrolio”

di F. William Engdahl

Confessioni d’un “ex-credente” della Teoria del Picco del Petrolio


(25 novembre 2007)

La buona notizia è che gli scenari catastrofici che prevedono che l’umanità sia sul punto di essere priva di petrolio sono sbagliati. La cattiva notizia è che il prezzo del petrolio continua ad aumentare. Il picco petrolifero non è problema nostro. Problema nostro è la politica! Sono i grandi petrolieri che vogliono mantenere alto il prezzo del petrolio. E Dick Cheney e i suoi amici sono del tutto disponibili a prestare loro aiuto.
A titolo personale, ho fatto delle ricerche sulle problematiche relative al petrolio, dopo i primi chocs petroliferi degli anni Settanta. Nel 2003, ero interessato ad una certa questione, che viene definita come la Teoria del Picco del Petrolio. Questa Teoria sembrava spiegare la decisione di Washington, altrimenti non spiegabile, di rischiare tutto in un’aggressione militare contro l’Iraq.
I difensori della Teoria del Picco del Petrolio, con alla testa il vecchio geologo Colin Campbell del British Petroleum e il banchiere del Texas Matt Simmons, sostengono che il mondo deve far fronte ad una nuova crisi, cioè alla fine dell’era del petrolio a buon mercato, e che il Picco Mondiale del Petrolio potrebbe avvenire nel 2012, se non addirittura nel 2007. Le riserve del petrolio sarebbero presumibilmente alle loro ultime gocce. In questo modo, hanno fatto scatenare il forte rialzo dei prezzi del petrolio e dei carburanti, e, per provare che avevano ragione, hanno messo in evidenza il declino della produzione nel Mare del Nord, in Alaska e in altri bacini petroliferi.

Secondo Campbell, il fatto che, dopo il ritrovamento dei suddetti giacimenti verso la fine degli anni Sessanta, nessun nuovo giacimento di dimensioni raffrontabili a quelli del Mare del Nord sia stato scoperto, ne è la prova. Secondo certe informazioni, sarebbero arrivati allo stesso convincimento anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia e il governo Svedese. Tuttavia, questo non prova che Campbell abbia ragione.



Fossili intellettuali?

La corrente del « picco petrolifero » poggia la sua teoria sui convenzionali manuali occidentali di geologia, la maggior parte dei quali scritti da geologi Statunitensi o Britannici, che affermano che il petrolio è un « combustibile fossile », un residuo, o un rifiuto biologico, di resti fossili di dinosauri, di alghe o di altri organismi, con ciò designando il petrolio come un prodotto il cui approvvigionamento avrà un termine.
L’origine biologica costituisce il fulcro della Teoria del Picco del Petrolio, che viene utilizzata per spiegare perché il petrolio venga scoperto solamente in certe regioni del mondo, dove sarebbe geologicamente imprigionato da milioni di anni. Ad esempio, questo significherebbe che i resti di dinosauri morti e di organismi marini si sarebbero fossilizzati ed imprigionati in riserve sotterranee, sottoposti a grandi pressioni nel corso di un periodo di 10 milioni di anni, sotto la superficie terrestre alla profondità dai 4000 ai 6000 piedi (da 1 a 2 Km). In rari casi, così vuole la teoria, quantità enormi di materiali biologici dovrebbero essere state imprigionate in formazioni rocciose situate nei fondali oceanici, come nel Golfo del Messico, nel Mare del Nord o nel Golfo di Guinea. La geologia dovrebbe unicamente tentare di capire i luoghi dove queste sacche negli strati geologici, definite riserve, si trovano all’interno di bacini sedimentari specifici.
Una teoria completamente differente sulla formazione del petrolio è apparsa in Russia all’inizio degli anni Cinquanta e praticamente non ha trovato riscontri in Occidente. Questa teoria afferma che la teoria tradizionale Statunitense sulle origini biologiche è una assurdità priva di fondamenti, che resta indimostrabile. I Russi sottolineano come i geologi occidentali hanno previsto a più riprese la fine del petrolio nel corso del secolo scorso, mentre loro si aspettano di trovarne sempre di più.
Questa spiegazione sulle origini del petrolio e del gas naturale non costituisce un fatto che attiene unicamente alla teoria. L’emergenza della Russia, e in precedenza dell’URSS, in quanto più grande produttore al mondo di petrolio e di gas naturale, si basa sull’applicazione della teoria al mondo della pratica. Questo ha conseguenze geopolitiche di vasto respiro.



La necessità è madre dell’inventiva

Negli anni Cinquanta, sotto il velo della « cortina di ferro », l’Unione Sovietica doveva affrontare l’isolamento da parte dell’Occidente. La Guerra Fredda segnava il suo culmine. La Russia aveva scarsità di petrolio per fare girare la sua economia. Trovare sul proprio territorio quantità bastanti di petrolio diventava una priorità di sicurezza nazionale, invocata dalle più alte autorità.
Verso la fine degli anni Quaranta, gli scienziati dell’Istituto di Fisica della Terra dell’Accademia Russa delle Scienze, in collaborazione con quelli dell’Istituto di Scienze Geologiche dell’Accademia Ucraina delle Scienze, davano inizio ad una ricerca fondamentale : “Da dove deriva il petrolio?”.

Nel 1956, il professor Vladimir Porfir’yev presentava le loro conclusioni : “Il petrolio greggio e il gas naturale non hanno alcuna intrinseca relazione con la materia biologica tipica della superficie terrestre. Si tratta di sostanze primitive che sono scaturite dalle profondità abissali.”

I geologi Sovietici arrivavano a capovolgere completamente la geologia ortodossa Occidentale. Definivano la loro teoria sulle origini del petrolio come « abiotica », vale a dire come non biologica, per differenziarla dalla teoria occidentale sulle origini biologiche.
Se questa teoria abiotica avesse un fondo di ragione, le riserve di petrolio sulla Terra sarebbero limitate solamente dalla quantità di costituenti idrocarburici presenti nelle viscere della Terra al momento della sua formazione. Allora, la disponibilità di petrolio dipenderebbe unicamente dalle tecnologie di perforazione di pozzi ultra profondi e di esplorazione delle regioni interne della Terra. I Sovietici avevano inoltre realizzato che vecchi giacimenti avrebbero potuto essere riattivati e quindi avrebbero potuto continuare a produrre, come giacimenti che si riempivano nuovamente da sé medesimi. Veniva affermato che il petrolio si forma nelle profondità della Terra, in condizioni di alte temperature e di altissime pressioni paragonabili a quelle richieste per la formazione dei diamanti. « Il petrolio è un materiale primitivo di origine abissale, che viene inoltrato sotto alte pressioni verso la crosta terrestre, tramite eruzioni “a freddo” », dichiarava Porfir’yev.
Il suo gruppo di ricerca aveva scartato l’idea che il petrolio fosse un residuo biologico di resti fossili vegetali ed animali e considerava questo assunto come una cosa buffa concepita per perpetuare il mito dell’approvvigionamento limitato.



Sfidare la geologia tradizionale

L’approccio scientifico russo ed ucraino, che differiva in modo radicale sulle origini del petrolio, ha consentito all’URSS di fare immense scoperte di gas e di petrolio in regioni giudicate in precedenza poco disponibili alla presenza di petrolio, secondo le teorie delle esplorazioni geologiche occidentali. La nuova teoria sul petrolio è stata utilizzata agli inizi degli anni Novanta, ben dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, per estrarre petrolio e gas naturale in una regione considerata per quarantacinque anni come un bacino geologicamente sterile, il bacino del Dnieper-Donets, situato fra la Russia e l’Ucraina.
Seguendo la loro teoria abiotica, (non fossile), sulle origini abissali del petrolio, i geofisici e i chimici russi ed ucraini, tecnici del petrolio, hanno dato inizio ad una indagine dettagliata del passato tettonico e della struttura geologica del sottosuolo cristallino del bacino del Dnieper-Donets. Dopo le analisi tettoniche e sulla struttura profonda di quel settore, quei tecnici hanno messo in atto indagini geofisiche e geochimiche.
Venivano trivellati complessivamente 61 pozzi, 37 dei quali diventavano commercialmente produttivi, quindi veniva raggiunta una percentuale estremamente impressionante di successi esplorativi, attorno al 60%. La dimensione del campo scoperto era raffrontabile al North Slope in Alaska. Per contro, le trivellazioni selvagge degli Stati Uniti venivano considerate un successo con una percentuale di riuscita del 10%. Nove su dieci pozzi potevano quindi essere definiti come “dei buchi secchi”.
Le introspezioni geofisiche Russe, che hanno permesso di trovare petrolio e gas, venivano ermeticamente avviluppate dalla tradizionale cortina tipicamente sovietica sulla sicurezza dello stato durante l’era della guerra fredda, e le loro modalità sono rimaste in gran parte sconosciute ai geofisici occidentali, che hanno continuato ad insegnare le origini fossili e, di conseguenza, anche i pesanti limiti fisici del petrolio.„

Lentamente, la teoria abiotica è cominciata a spuntare nell’ambito di qualche stratega, all’interno e sull’intorno del Pentagono, ben dopo la guerra contro l’Iraq del 2003, in vista del fatto che i geofisici Russi potevano far parte di “un qualcosa” di importanza strategica straordinaria.
Se la Russia era in possesso di una abilità scientifica che gli ambienti geologici occidentali non possedevano, allora la Russia avrebbe avuto nelle mani una carta vincente strategica dalle straordinarie conseguenze geopolitiche. Quindi, non sarebbe stato nulla di eclatante che Washington volesse erigere un “muro di acciaio” attorno alla Russia, costituito da una rete di basi militari e da scudi anti-missile, in modo da troncare i collegamenti marittimi e gli oleodotti Russi destinati ad alimentare l’Europa Occidentale, la Cina e il resto dell’Eurasia.

Si realizzerebbe così la peggiore ossessione di Halford Mackinder (**), vale a dire lo sviluppo di una cooperazione fra i principali stati dell’Eurasia in seguito alla convergenza di loro mutui interessi, cooperazione sostenuta dalla necessità e dal bisogno di petrolio per conservare la loro crescita economica. Ironicamente, questo era il flagrante motivo per gli Stati Uniti di impossessarsi delle vaste ricchezze petrolifere dell’Iraq e all’occorrenza dell’Iran, cosa che catalizza più strettamente questa cooperazione fra nemici tradizionali Eurasiatici, la Cina e la Russia, e che induce ad una più intensa presa di coscienza da parte degli Europei Occidentali, che le loro opzioni si stanno assottigliando.

(**) [Halford John Mackinder (Gainsborough, Inghilterra, 15 febbraio 1861 - Bournemouth, 6 marzo 1947) è stato un geografo inglese, fondatore della geopolitica. Oltre ad essere un geografo, Mackinder era esperto in biologia, storia, legge e strategia oltre che politico, diplomatico, esploratore ascensionista (conquistò il Monte Kenya nel settembre del 1899). È soprattutto conosciuto per la sua celebre teoria dell’Heartland (traducibile come Cuore della Terra), cioè di un’area geografica il cui controllo avrebbe consentito di dominare l’intero mondo. La zona in questione era individuata al centro del continente Eurasia. Questa teoria fu elaborata per la prima volta nell’articolo "The Geographical Pivot of History" ("Il perno geografico della storia") presentato il 25 gennaio 1904 alla Royal Geographical Society e successivamente pubblicato da “The Geographical Journal”].



Marion King Hubbert, il Re della Teoria del Picco del Petrolio

La Teoria del Picco del Petrolio prende le sue mosse da un documento pubblicato nel 1956 da Marion King Hubbert, un geologo del Texas che lavorava per la società Shell.
Hubbert affermava che la produzione dei pozzi di petrolio è rappresentabile con una curva a campana e, una volta che il « picco » viene raggiunto, il declino risulta inevitabile. Inoltre prevedeva che la produzione di petrolio negli Stati Uniti avrebbe raggiunto il suo massimo nel 1970. Data la sua… modestia, denominava questa curva di produzione da lui inventata come curva di Hubbert, e il suo massimo come Picco di Hubbert. Dal momento in cui il rendimento delle estrazioni di petrolio negli Stati Uniti cominciava a diminuire proprio attorno al 1970, Hubbert conquistava una discreta credibilità e fama.
Il solo problema consisteva nel fatto che il picco non dipendeva dall’esaurimento delle risorse naturali dei giacimenti petroliferi Statunitensi. Il picco si era prodotto perché le compagnie Shell, Mobil, Texaco e le altre associate della Saudita Aramco avevano inondato il mercato degli Stati Unitit con importazioni dal Medio Oriente, veramente a buon mercato, usufruendo di esenzioni delle tariffe doganali, a dei prezzi tanto bassi che molti produttori nel territorio USA, della California e del Texas, non avevano potuto più sostenere la concorrenza e erano stati costretti a chiudere i loro pozzi.



Il successo del Vietnam

Mentre, nel corso degli anni Sessanta, le multinazionali del petrolio Statunitensi erano occupate a controllare i grandi campi facilmente accessibili dell’Arabia Saudita, del Kuwait, dell’Iran e di altri bacini petroliferi abbondanti e a buon mercato, i Russi erano impegnati a verificare la loro teoria abiotica, (non fossile). Avevano dato inizio a perforazioni in una regione della Siberia considerata improduttiva. In questa zona vedevano il loro sviluppo undici importanti giacimenti di petrolio e un gigantesco campo, sempre sulla base delle valutazioni geologiche abissali e “abiotiche”. I Russi avevano perforato la roccia cristallina del sottosuolo e avevano scoperto tanto oro nero, paragonabile a quello di North Slope in Alaska.
In seguito, negli anni Ottanta, i Russi andavano in Vietnam e si offrivano di finanziare i costi di perforazione per dimostrare che la loro originale teoria geologica aveva fondamento. Il giacimento della Tigre Bianca, in Vietnam, dopo la perforazione in mare da parte della società russa Petrosov della roccia di basalto a circa 17.000 piedi di profondità (all’incirca 5 Km sotto terra), permette l’estrazione di 6.000 barili di petrolio al giorno, per alimentare l’economia del Vietnam affamata di petrolio.
Nell’URSS, gli esperti geologi russi abiotici avevano perfezionato le loro conoscenze e, verso la metà degli anni Ottanta, l’URSS diveniva il più grande produttore di petrolio al mondo.
Pochi, in Occidente, hanno capito o si sono dati la briga di domandarsi il perché.
Il Dr. J.F. Kenney è uno dei rari geofisici occidentali ad avere insegnato e lavorato in Russia, avendo studiato sotto la guida di Vladilen Krayushkin, quello che ha sviluppato l’enorme bacino del Dnieper-Donets. In una recente intervista, Kenney mi ha dichiarato che « per la formazione della quantità di petrolio che il solo campo di Ghawar (in Arabia Saudita) ha prodotto fino ad oggi, sarebbe stato necessario un cubo di residui fossili di dinosauri, supponendo un rendimento di trasformazione del 100%, misurante 19 miglia di profondità, di larghezza e di altezza, (vale a dire un cubo di 30 Km di lato)» In breve, una assurdità !
I geologi occidentali non si sono dati la pena di fornire prove scientifiche dell’origine fossile, biotica, del petrolio. Semplicemente affermano questo come una santa verità. I Russi hanno prodotto volumi di documenti scientifici, la maggior parte in russo. I giornali occidentali dominanti non hanno avuto alcun interesse a pubblicare una tale visione rivoluzionaria. Dopo tutto, erano, e sono in gioco, intere carriere e cattedre universitarie.



Chiudere la porta

L’arresto, nel 2003, del russo Mikhail Khodorkovsky, della società petrolifera Yukos Oil, è avvenuto giusto prima che egli potesse vendere la maggioranza della Yukos Oil alla ExxonMobil, in seguito di una trattativa privata condotta da Khodorkovsky con Dick Cheney. Ottenendo questa partecipazione nella Yukos Oil, la Exxon avrebbe avuto il controllo del più grande insieme di risorse al mondo costituito da geologi ed ingegneri specializzati nelle tecniche abiotiche di perforazioni in profondità.
Dopo il 2003, il numero degli scienziati russi, disposti a condividere le loro informazioni, è nettamente diminuito. Le offerte, ricevute all’inizio degli anni Novanta per far partecipi delle loro conoscenze gli Stati Uniti e altri geofisici del petrolio, sono state freddamente respinte, quando dovevano venire coinvolti geologi Statunitensi.
Allora, perché una guerra ad alto rischio per controllare l’Iraq? Perché adesso, dopo un secolo che le grandi società petrolifere USA e le loro consociate dei paesi occidentali controllano il petrolio mondiale attraverso il controllo dell’Arabia Saudita, del Kuwait, della Nigeria? Adesso, le compagnie, vedendo che quei giganteschi giacimenti di petrolio si stanno esaurendo, considerano i giacimenti di petrolio controllati dai governi dell’Iraq e dell’Iran come la più grande riserva di petrolio a buon mercato e facile da estrarre, tutt’ora esistente. Con la attuale enorme richiesta di petrolio da parte della Cina e dell’India, diventa un imperativo geopolitico per gli Stati Uniti assumere il controllo militare di quelle riserve in Medio Oriente, nel più breve tempo possibile. Il vice-Presidente Dick Cheney è arrivato ad occupare la sua carica tramite la Halliburton Corporation, la più grande società al mondo di servizi geofisici nel campo petrolifero. La sola potenziale minaccia al controllo del petrolio da parte degli Stati Uniti risulta derivare propriamente dall’interno della Russia e dalle gigantesche società russe attualmente controllate dallo Stato. Hum!
Secondo Kenney, i geofisici russi hanno utilizzato le teorie del brillante scienziato tedesco Alfred Wegener, almeno 30 anni prima che i geologi occidentali avessero « scoperto » Wegener negli anni Sessanta. Nel 1915, Wegener aveva pubblicato l’innovatrice teoria, « La genesi dei Continenti e degli Oceani », che suggeriva che più di 200 milioni di anni fa esisteva un super-Continente unico, «La Pangea », che si era separato nella forma attuale dei Continenti attraverso quella che veniva definita come « La deriva dei continenti. »
Fino agli anni Sessanta, i presunti scienziati degli Stati Uniti, sul tipo del Dr. Frank Press, allora consigliere scientifico della Casa Bianca, facevano riferimento a Wegener come fosse un « pazzo ». Alla fine degli anni Sessanta, quei geologi sono stati costretti a trangugiare le loro convinzioni, dato che la teoria di Wegener offriva la sola spiegazione sul fatto che era stato consentito loro di scoprire vaste riserve petrolifere nel Mare del Nord. Potrebbe darsi che, fra qualche decennio, i geologi occidentali ripenseranno alla loro mitologia sulle origini fossili e realizzeranno quello che i Russi hanno già conosciuto fin dagli anni Cinquanta. Nel frattempo, Mosca ha in mano la carta vincente più determinante.

F. William Engdahl è l’autore de A Century of War: Anglo-American Oil Politics – (Un secolo di guerra : le politiche anglo-americane sul petrolio), Pluto Press Ltd. Suo prossimo libro: Seeds of Destruction : The Hidden Agenda of Genetic Manipulation (Le sementi della distruzione : l’agenda segreta delle manipolazioni genetiche). Può essere contattato sul suo sito web a: HYPERLINK "http://www.engdahl.oilgeopolitics.net/" www.engdahl.oilgeopolitics.net.

© Copyright F. William Engdahl, Global Research, 2007

L’indirizzo url di questo articolo a: http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=7016

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova chinino@tiscali.it)



F. William Engdahl

fonte: chinino@tiscali.it

Tratto da: http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o10474



Luned́, 26 novembre 2007