09/10/07
da
http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=4899
Da diverse settimane era già evidente che il momento dellattacco contro lIran si stava avvicinando. Ma la gran parte dei
commentatori sembrava sorda a ogni suono e cieca di fronte ai segnali. Tutti fermi alla stolida constatazione, politically
correct”, secondo cui gli Stati Uniti non potrebbero invadere lIran, non avendo la forza di farlo. Il problema è che
nessuno, al Pentagono, pensa di invadere lIran.
Non era bastata la secca dichiarazione di Sarkozy al suo ritorno da Washington: o via la bomba iraniana oppure si dovrà
bombardare lIran. Parve una battuta e non lo era. Poi è arrivata la replica del ministro degli esteri francese Bernard
Couchner, ancora più esplicita: “prepararsi". Alle conseguenze, simmagina, visto che ce ne saranno molte.
DAlema, unico europeo a parlare fino ad ora, ha detto una cosa saggia: “la guerra non serve”. Ma bisognava farlo prima e
dirlo più forte. Perché ormai siamo alla vigilia. “Il momento è ancora da scegliere, la decisione è già stata presa". Lo
dicono ormai in molti. Cè stata una miriade di "fughe di notizie", più o meno pilotate, alcune delle quali provenienti
direttamente dalle vicinanze del vice-presidente Cheney. E cè un considerevole numero di analisti ed esperti molto
rinomati, sia nel campo dei falchi che delle colombe, che giungono tutti alla stessa conclusione.
A fine agosto il sito Raw Story ha pubblicato la sintesi di un ampio studio condotto da Dan Plesh (Direttore del Centro di
Studi Internazionali e Diplomazia della Scuola di Studi africani e orientali dellUniversità di Londra) e da Martin Butcher
(Direttore del Consiglio Britannico Americano per l Informazione sulla Sicurezza ed ex consigliere della Commissione
Esteri del Parlamento Europeo) che afferma, senza mezzi termini, che "gli USA hanno preparato le loro forze armate ad un
massiccio attacco contro lIran che è di fatto già pronto e che non prevede uninvasione sul terreno". Lobiettivo, che
sarebbe raggiunto colpendo svariate migliaia di obiettivi militari e civili, avrebbe come scopo di "eliminare le armi di
distruzione di massa iraniane, il sistema energetico nucleare, il regime, le forze armate, lapparato statale, e le
infrastrutture economiche in pochi giorni, se non poche ore dal momento in cui il presidente Bush darà lordine di
attacco".
La stessa conclusione è stata pubblicata da Timesonline (Sunday Times ) il 2 settembre, riportando le parole che Alexis
Debat (direttore per il Terrorismo e la Sicurezza Nazionale del Nixon Center), pronunciò a un incontro organizzato dalla
rivista dei neocon The National Interest. Gli USA - ha detto Debat - non si preparano a "qualche puntura", ma
"coinvolgeranno lintera forza militare iraniana", con lobiettivo di "annichilirla nello spazio di tre giorni".
Nellarticolo del Sunday Times , firmato da Sarah Baxter, citando fonti informate di Washington, si parla di "temperatura
in crescita" e di "segnali inviati da Bush a un certo numero di indirizzi", dove si esprime lintenzione di fare i conti
con Teheran "prima che sia troppo tardi". E che, quando la decisione sarà presa, "sarà prudente usare una forza rapida e
straripante".
Ma i segnali più direttamente politici sono ancora più inquietanti. Il deputato democratico Kucinch, fa sapere in riunioni
ristrette (che però rimbalzano su decine di siti web) che il vertice del suo partito ha già dato via libera a Bush. Hillary
Clinton ripetutamente dichiara di non escludere luso della forza contro lIran. E, quando, recentemente, il Senato USA ha
approvato il "Defense Appropriations Bill", con il consenso di Nancy Pelosi, non solo sono stati concessi i 100 milioni di
dollari aggiuntivi chiesti dal Presidente per la guerra irachena, ma è sparita dalla risoluzione la condizione
(inizialmente prevista) secondo cui il Presidente avrebbe dovuto affrontare un voto del Congresso prima di poter decidere
lattacco. Altri due tentativi per reintrodurre la clausola, fatti dal democratico Jim Webb (Senate Bill 759) e dallaltro
democratico Mark Udall (House Resolution 3119) sono stati insabbiati. E chiaro che Bush non avrà ostacoli politici. E,
appena prima della pausa di agosto, il Senato ha votato - 97 voti a favore nessuno contro - una risoluzione proposta dal
democratico Joe Lieberman che duramente accusava lIran di complicità nelluccisione di soldati americani in Irak.
Quando lattacco ci sarà, sarà dunque bipartizan.
I toni si sono fatti durissimi, e si accompagnano ormai ad azioni dirette di tipo militare, mentre è in discussione se
attaccare le "infiltrazioni" iraniane in territorio iracheno, o se inseguire gli "infiltrati" anche dentro il territorio
iraniano. E mentre la stampa americana è ormai inondata di accuse allIran come esportatore verso la resistenza sciita
antiamericana di quei tremendi IED e EFP (ordigni ad alta penetrazione) che stanno mietendo vittime americane in Irak, Bush
rende noto, parlando di fronte alla convenzione della American Legion, di avere "autorizzato i nostri comandanti militari
ad affrontare le attività criminali di Teheran" , rivelando che "noi abbiamo già effettuato operazioni contro agenti
iraniani che fornivano munizioni letali ai gruppi estremisti".
La chiusa è una dichiarazione di guerra: "I dirigenti dellIran non potranno sfuggire alla responsabilità di avere
sostenuto attacchi contro le forze della coalizione, provocando la morte di iracheni innocenti".
Quindi non più soltanto la bomba atomica iraniana, che Washington intende stroncare prima che nasca, ma la voglia di
eliminare lultimo antagonista rimasto nellarea. Il tema della bomba si è incaricato di svolgerlo uno dei principali
organizzatori e sobillatori dellattacco contro lIrak, Michael Ledeen, che, proprio il 6 settembre, con lattivo supporto
dellAmerican Enterprise Institute ha lanciato il suo ultimo libro: "La bomba a tempo iraniana: la necessità di distruggere
i Mullah Zeloti" (St Martin Press). Dove ripete, calcando la mano, ciò che dice e fa da anni: "Questa Amministrazione
presidenziale, o la prossima, dovranno fare fronte a una scelta terribile: accettare un Iran nucleare, o bombardarlo prima
che le sue armi atomiche siano pronte a partire".
E poichè Ahmadinejad non accenna a cedere, la conclusione non lascia spazio a dubbi. Questo pensano coloro che guidano
lAmerica, inutile farsi llusioni. Hanno convinto anche la Francia di Sarkozi. Cosa pensi lEuropa non è dato sapere. Noi,
a quanto pare, ci occupiamo solo di pagare gli effetti del disastro della finanza americana, ma a fare due più due non
siamo capaci..
Martedì, 16 ottobre 2007
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