Uccisa una coraggiosa giornalista afghana
ZAKIA, SAHAR

di Maria G. Di Rienzo

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e’ una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell’Universita’ di Sydney (Australia); e’ impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta’ e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell’islam contro l’integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu’ ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e’ in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]


Pare che siano stati una mezza dozzina di uomini di Hezb-e Islami, un gruppo di guerriglieri che combattono le forze straniere in Afghanistan senza essere collegati ai talebani. Almeno, cosi’ sostiene il direttore delle operazioni antiterrorismo Abdul Manan Farahi. Non ha voluto speculare sui motivi dell’omicidio con la stampa: "e’ una questione troppo delicata", ha detto. I testimoni dicono di averne visti entrare tre, in casa della giornalista ed insegnante afgana Zakia Zaki, trentacinquenne. Zakia dormiva con i piu’ piccoli dei suoi sei figli, uno di venti mesi e l’altro di tre anni: le hanno scaricato addosso sette colpi, sette pallottole, alla testa ed al petto. Bisognava assicurarsi che morisse, questa donna che non solo continuava a parlare contro i signori della guerra dai microfoni di "Radio Pace" dal 2001, ma che aveva osato far sentire la sua voce anche prima, sotto il dominio talebano, e che aveva contrastato i mujahedin narrando i loro crimini di guerra.

"Credeva nella liberta’ di espressione.", ha detto di Zakia il presidente dell’Associazione indipendente dei giornalisti afgani, Rahimullah Samander, "Questo e’ il motivo per cui e’ stata uccisa".

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La settimana prima (il 31 maggio) un’altra giornalista, ventiduenne, e’ stata uccisa: il padre ne incolpa due parenti maschi, e qualcuno dice che si tratti invece di un pretendente respinto. Il giorno ancora precedente tre donne ed un uomo, afgani, che lavoravano per l’ong Action Aid sono morti a fucilate nella stessa maniera. La mattanza e il caos si stanno diffondendo in zone considerate "sicure" dagli eserciti stranieri presenti in Afghanistan: insorgenti talebani, criminali comuni, guerriglieri islamisti negli ultimi due mesi hanno attaccato dodici volte con successo i convogli umanitari delle Nazioni Unite. Il cibo e l’acqua verranno rivenduti al mercato clandestino, in un paese in cui il 25% degli abitanti dipendono totalmente dagli aiuti alimentari per sopravvivere e l’87% non hanno accesso diretto ad acqua "sicura" da bere.

Nel frattempo, per dare una mano, l’Iran sta espellendo i profughi afgani presenti sul suo territorio. La Commissione delle Nazioni Unite sui rifugiati ha chiesto che perlomeno lo faccia in maniera umana, perche’ i centomila buttati fuori nel maggio scorso hanno sofferto di abusi, violenze, furti e separazione forzata dai propri familiari. Ci sono 920.000 profughi afgani registrati in Iran, e circa un milione di "illegali": il governo prevede di espellerne appunto un milione entro la primavera del prossimo anno. "E’ per proteggere gli impieghi degli iraniani", hanno dichiarato i funzionari governativi iraniani. Un padano qualsiasi, da noi, non avrebbe saputo mentire meglio. Il Pakistan, da par suo, progetta di rimpatriarne tre milioni, e di chiudere tutti i campi profughi entro il 2009. Non occorre essere analisti politici, per immaginare l’impatto che questo avra’ su un paese sempre piu’ devastato.

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Zakia che credeva nella liberta’ di parola e’ morta nella provincia di Parvan, Sahar al-Haidari e’ morta nello stesso modo, ieri, a Mosul. Giornalista, quarantacinquenne, lavorava per l’agenzia di stampa indipendente "Voci dell’Iraq", la seconda dipendente dell’agenzia ad essere ammazzata in poco piu’ di una settimana. Zakia aveva sei figli, Sahar ne aveva quattro. Quest’ultima aveva rifiutato un’offerta di lavoro che l’avrebbe ricongiunta alla sua famiglia, rifugiata in Siria, il mese scorso: voleva continuare a testimoniare la sofferenza del suo popolo. "Era una delle giornaliste piu’ coraggiose del paese.", dicono i suoi colleghi. I bimbi di Zakia Zaki che dormivano con lei sono fisicamente incolumi. Quelli di Sahar sono al sicuro, distanti. Come dicevano i generali argentini durante la "sporca guerra", non combattiamo mica contro i bambini. Gli ammazziamo le madri, ma e’ per il loro bene.

Tratto da
NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
Supplemento settimanale del giovedi’ de
La nonviolenza è in cammino

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Numero 107 del 9 giugno 2007



Domenica, 10 giugno 2007