Sulla lettera di Cindy
La nonviolenza, o della sconfitta

di Mao Valpiana

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao@sis.it) per questo intervento]


E’ quando ti sembra di aver perso tutto, che ritrovi te stesso. E’ il paradosso della nonviolenza, per la quale la vera forza sta nell’amore.

Quell’amore vero che richiede la spoliazione dell’io, quell’amore che nasce solo quando si fa spazio all’altro. E’ il paradosso di un re che si fa incoronare con le spine, che trova il trono su di una croce. E’ quell’amore cosi’ strano che vince solo quando perde, che nasce solo quando muore. Il popolo sottomesso aspettava l’esercito liberatore e invece e’ arrivato un piccolo gruppo di uomini disarmati, vestiti di stracci, che hanno promesso solo fatiche e tribolamenti; il popolo voleva la vittoria immediata, e ha subito anni e anni di sconfitte; il popolo voleva cacciare il nemico, ma gli straccioni spiegavano che il nemico era dentro loro stessi, e loro per primi si dovevano liberare, imparando ad amare anche i nemici. Insomma, accadde proprio il contrario di quello che il mondo si aspettava, in Palestina duemila anni fa, e in Sudafrica un secolo fa. Un mondo che esalta la forza, la violenza, la potenza, non riesce a capire chi accetta e riconosce la propria debolezza. La debolezza, il limite, l’impotenza, diventano i segni distintivi di chi vuole rompere con il passato, di chi rifiuta una storia fatta di soprusi, di ingiustizie, di stragi. Resistenza, difesa, tolleranza, digiuno, sono le parole di uno sconfitto, del corpo morto di un deportato senza nome che viene bruciato nel forno crematorio. Ma quello e’ il momento della sua resurrezione, ed e’ la sconfitta storica del carnefice in divisa nazista. La logica della nonviolenza non e’ la stessa di questo mondo. Questo mondo (con la sua sete di successo, di potenza, di vittoria) e’ lanciato in una corsa suicida, e’ un treno senza freni che corre a folle velocita’ su un binario morto. La nonviolenza sta in profondita’, va lentamente, cerca la dolcezza, ma e’ l’unica salvezza per l’umanita’.

Quando cogli questa verita’, non e’ piu’ possibile stare nel mondo come ci stavi prima. E’ quello il momento di dimissionare, di abbandonare il tuo posto di combattimento, di andartene altrove. Ancora non sai dove, ma senti che non puoi piu’ stare li’ come prima. Vivevi a corte e lasci tutto per andare a fare il mendicante, ti trattano come un reietto e ringrazi in perfetta letizia; stavi nel palazzo della politica e vai a nasconderti da solo sotto un albero, per dire la tua ultima preghiera. Tutti dicono che sei impazzito, che hai perso il controllo, ma solo tu sai che finalmente puoi cominciare.

Ecco, sono questi i pensieri emersi mentre leggevo la lettera di Cindy Sheehan.

Grazie a Cindy per averla scritta.

Grazie a Maria per averla tradotta.

Tratto da
VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
Supplemento settimanale del martedì’ de
La nonviolenza è in cammino

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Numero 64 del 5 giugno 2007



Marted́, 05 giugno 2007