Riflessione
PALESTINA-ISRAELE. URGENZA DELLA PACE

di Giulio Vittorangeli

[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) per questo intervento.

Biografia Giulio Vittorangeli


"La meta’ della popolazione di Gaza e’ costituita da minori e bambini: la loro situazione, allo stato attuale, e’ orribile e rischia di peggiorare"; lo ha denunciato un comitato speciale delle Nazioni Unite accusando il governo di Israele di "non permettere l’ingresso nella Striscia per nascondere al mondo le violazioni dei diritti umani commesse a danno dei palestinesi".

In una conferenza stampa indetta al Cairo, Prasad Kariyawasam, presidente del comitato e ambasciatore dello Sri Lanka presso le Nazioni Unite, ha detto che le autorita’ israeliane hanno impedito l’accesso a Gaza al gruppo che si e’ visto costretto "a intervistare testimoni locali per telefono e a parlare con gli operatori umanitari per farsi un’idea della situazione sul terreno".

Dopo aver sottolineato i danni che il lungo blocco della Striscia sta provocando alla popolazione, Kariyawasam ha insistito sulla grave condizione dei bambini, "le prime vittime dell’assedio".

Secondo i pediatri "i tassi di mortalita’ infantile sono aumentati, diventando i piu’ alti della regione", mentre "i sintomi psicosomatici sviluppati da numerosi bambini sono direttamente collegabili alle pene che sono costretti a subire".

I piccoli, ha chiarito il rappresentante Onu, "vedono i loro padri subire umiliazioni e offese tutti i giorni e finiscono cosi’ per perdere la speranza e, con essa, la loro infanzia". La comunita’ internazionale "ha il dovere morale di intervenire - ha aggiunto Kariyawasam - per salvare un’intera generazione di bambini che dovra’ costruire la Palestina di domani" (Fonte: "Misna. Missionary Service News Agency", 27/6/08).

E’ solo un dato - l’ennesimo - che documenta, da un lato, la drammaticita’ della situazione palestinese e dall’altro l’impotenza di tutta la comunita’ internazionale.

Intanto la "sospensione" delle ostilit‡ decisa pochi giorni fa da Hamas e Israele, con la mediazione egiziana, ha messo momentaneamente fine alle quotidiane incursioni israeliane nelle zone della Striscia di Gaza, ed al quotidiano stillicidio di morti palestinesi.

In Italia, nel mese di maggio, l’attenzione e’ ritornata (anche se brevemente e per molte versi strumentalmente) sul dramma israelo-palestinese, quando si e’ parlato del sessantesimo anniversario della fondazione dello Stato d’Israele e della Nakba palestinese, termine con cui gli arabi ricordano la cacciata dalla loro terra nel 1948.

Come non ritornare alle lucide parole di Edward Waide Said, pronunciate dieci anni fa per il cinquantesimo anniversario della Nakba: "Mi riscopro ancora una volta sconvolto osservando fino a che punto Israele e i suoi sostenitori possono spingersi per sopprimere il fatto che mezzo secolo e’ trascorso senza che Israele restituisse, riconoscesse, accettasse i diritti umani dei palestinesi... la Nakba palestinese viene tuttora presentata come una storia semi-inventata... causata da nessuno in particolare. Che piaccia o no, questa e’ la realta’ storica. Noi dobbiamo capirli meglio e loro devono capire meglio noi. Dobbiamo rendere chiaro il legame tra Shoah (Olocausto ebraico europeo) e Nakba (catastrofe palestinese del 1948). Le due esperienze non sono eguali tra loro ma nessuna delle due va minimizzata. Negare la Nakba per i palestinesi equivale a negare l’Olocausto per gli ebrei".

Nell’aprile 1948 entro’ in funzione il "piano Dalet" che autorizzava la distruzione di villaggi palestinesi e l’espulsione della popolazione locale. Nel luglio dello stesso anno, 70.000 palestinesi vennero cacciati dalle loro case a Lydda e a Ramieh nel periodo piu’ caldo dell’estate, senza cibo ne’ acqua. Morirono a centinaia. Divenne nota come la Marcia della morte. In totale, 750.000 palestinesi divennero profughi. Circa 400 villaggi vennero cancellati dalle mappe. La pulizia etnica non fini’ li’; nel 1956 migliaia di palestinesi - cittadini israeliani - furono espulsi dalla Galilea. Molte altre migliaia quando Israele occupo’ la Gisgiordania e Gaza.

Secondo il diritto internazionale e sulla base della risoluzione Onu 194, i rifugiati di guerra hanno diritto al ritorno o a un indennizzo. Israele non ha mai riconosciuto questo diritto.

Restiamo profondamente convinti che solo la costituzione di uno Stato palestinese e la fine dell’occupazione israeliana nei Territori possono dare a Israele la sicurezza che chiede; e che per realizzare questo sia indispensabile che palestinesi e israeliani si riconoscano gli uni gli altri e riconoscano la storia degli altri.

Vale con maggior ragione per tutti quelli che sono stati e sono al fianco del popolo palestinese. "Se siete poi amici dei palestinesi, questo Ë molto buono. Prendete le parti dei palestinesi: sarete per una volta dalla parte giusta! Ma se la vostra amicizia per noi palestinesi dovesse significare non essere amici degli ebrei, non sarebbe una buona cosa. Noi allora non avremmo bisogno della vostra amicizia. Dev’essere chiaro: essere amico dei palestinesi non significa accettare tutto quello che i palestinesi fanno... Se vi riteneste nostri amici, ma foste contro gli ebrei, non sareste che un nemico in piu’. E non abbiamo bisogno di altri nemici" (Elias Chacour, Vescovo melchita di Nazareth).

Per tutto questo, noi celebreremo quando arabi ed ebrei vivranno da eguali in un pacifico Medio Oriente.

Tratto da
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proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
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Numero 503 del primo luglio 2008



Giovedì, 03 luglio 2008