Israele
I giovani israeliani schivano la leva militare

di Elana Ringer e Rebecca Harrison (trad. M.G. Di Rienzo)

Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione. Elana Ringer e Rebecca Harrison per Reuters, 23.9.2007


Gerusalemme. Per molti è una traditrice, una vigliacca e una parassita. Ma Saar Vardi, diciassettenne “resistente alla leva”, dice che se più persone la pensassero come lei il Medio Oriente sarebbe un luogo molto più pacifico. Vardi fa parte di un crescente gruppo di giovani israeliani che sta rifiutando di prestare servizio militare, spesso come atto di protesta contro l’occupazione dei territori palestinesi, o a causa dell’impopolare guerra contro il Libano dell’anno scorso.

Le statistiche dell’esercito mostrano che il numero di giovani che non si sta iscrivendo è cresciuto in questi ultimi anni, e tocca un maschio su quattro ed il 43% delle femmine.

“Mi danno della traditrice, e dicono che il mio paese mi ha dato tanto e che io non voglio tornare nulla indietro, come una parassita.”, racconta Saar Vardi, “Ma io so in cosa credo. Se davvero tutti vedessero le cose come le vedo io non avremmo bisogno di nessun esercito.”

La maggior parte degli uomini israeliani deve prestare servizio nell’esercito per tre anni, e sono suscettibili di essere richiamati dalla riserva a meno che non possano dimostrare di essere fisicamente o psichicamente inabili al combattimento, o di provenire da un ambiente ultra-ortodosso. Le donne devono prestare servizio per 21 mesi.

Fino a tempi recenti, decidere di non entrare nell’esercito era largamente tabù in una nazione che è nata dalla guerra, e che è in costante conflitto con i vicini arabi. Vedere gruppi di giovani soldati armati di fucili è normale sulle strade di Israele, e per molti servire nell’esercito va al cuore dell’identità nazionale. Il tentativo di evitare la leva ha dato inizio ad un acceso dibattito sui media, ed il governo sta preparandosi ad intervenire. “Quando un soldato va in battaglia, non deve avere la sensazione che una parte della società lo giudichi uno schifoso.”, aveva già detto in luglio il Ministro della Difesa, Ehud Barak, “E’ giunto il momento di tornare ai giorni in cui servire nell’esercito era un diritto ed un onore, ed evitarlo era come portare su di sé il marchio di Caino.”

Gli ebrei ultra-ortodossi sono stati esentati dal servizio per anni, ed il loro numero sta crescendo. Ma sempre più israeliani laici stanno trovando modi di farlo, alcuni dichiarandosi obiettori di coscienza, altri dichiarandosi “inadatti”. Alcuni argomentano che sono disgustati all’idea di combattere per una forza di occupazione, e sono pronti ad andare in prigione per ciò in cui credono. Altri dicono che non hanno fiducia nel governo di Ehud Olmert al punto di rischiare la vita per esso, e aggiungono che il Primo Ministro ha già agito impulsivamente nel dichiarare guerra al Libano lo scorso anno. E alcuni giovani israeliani dichiarano semplicemente di volersi dedicare agli studi o al lavoro. “Ci sono guerre continue, e l’occupazione continua.”, dice Hagay Matar, che ha passato due anni in prigione per aver rifiutato la leva, “La gente comincia a pensare che non è obbligata a farlo.”

Ma molti sindaci hanno giurato, ad esempio, di non permettere agli artisti che non abbiano svolto servizio militare di partecipare alle celebrazioni per il 60° anniversario di Israele l’anno prossimo, ed uno di essi ha suggerito di negare agli obiettori gli impieghi municipali. Alcuni commentatori stanno ossessivamente ricordando che chi rifiuta il servizio militare va in galera: “Lo schivare la leva è un cancro, un cancro che divora le fondamenta di Israele come società.”, ha detto il giornalista Eitan Haber, che scrive sul quotidiano più letto del paese, lo Yedioth Ahronoth, “Non vogliono prestare servizio? Gli si dia un kit di preghiera e l’uniforme della prigione.”

Ma i “resistenti” hanno anche i loro sostenitori. L’editorialista Yonatan Gefen ha chiesto sul giornale Ma’ariv perché i giovani israeliani dovrebbero avere la volontà di combattere in un esercito che “non sa perché si muore.” Un altro opinionista sostiene che Israele dovrebbe favorire un esercito fatto di professionisti volontari, e concentrarsi sulla tecnologia e lo spionaggio invece che sui numeri, soprattutto da quando è dimostrato che l’esercito non può eliminare la guerriglia, com’è accaduto in Libano. “Le guerre moderne non sono basate su una massa di soldati appiedati.”, ha scritto il commentatore Gabi Nitzam sullo Yedioth Ahronoth il mese scorso.

Israele sta tentando di rendere l’esercito più attraente per i giovani, permettendo a promettenti sportivi, musicisti e persino modelli delle case di moda, di trascorrere il periodo del loro servizio lontano dal fronte e di continuare a curare le loro carriere. Il governo sta anche pianificando il lancio di un programma di servizio civile, che darebbe agli obiettori di coscienza, a coloro che fisicamente sono impossibilitati ad arruolarsi, agli ultra-ortodossi ed agli arabi israeliani (che sono esentati dalla leva) la possibilità di servire il paese in altri modi.

Reuven Gal, che ha diretto la commissione che ha fornito le raccomandazioni al governo per il nuovo programma, dice che gli israeliani dovrebbero avere l’opportunità di non entrare nell’esercito senza per questo evitare completamente il loro “dovere nazionale”.

“Vogliamo creare una norma, in cui una persona che non si arruola va nel servizio civile.”, dice Gal, “Dovremmo smettere di generalizzare, e di dire che chiunque schivi la leva va impiccato sulla pubblica piazza.”



Martedì, 25 settembre 2007