Quando la terra non sa di pane

(Ai fratelli Palestinesi)


di Rosario Amico Roxas

Nell’oscurità del tempo
è stata scritta la nostra condanna,
nera fuliggine dentro uno scorcio di cielo.
I figli di Sem e di Abramo
rivendicano il diritto ad esistere uccidendosi a vicenda, mentre le parole d’amore dell’Unico Dio si perdono nell’inospitale deserto dei valori.
Ci hanno vestiti con gli abiti del perdente, con la maschera della ferocia, con le ciabatte del burattino, mentre nel nostro petto c’è la corazza del combattente.
Le reliquie della meschinità, la crudele avidità, hanno vanificato ogni sforzo, violentando la verità:
Abele si è suicidato.
Il destino dei vinti ha mortificato la nostra volontà, ma non il nostro diritto di esistere.
Cerchiamo di mettere le briglie alla memoria, per dimenticare millenni di persecuzioni, ma tutto torna alla mente con impietosa crudezza, tutto si ripete con drammatica puntualità.
Naufraghi dentro la pozzanghera degli egoismi, cerchiamo invano una parola di solidarietà, una riva amica non venduta al più forte.
La felicità è un’eco lontana che non ci appartiene da secoli; balenio di speranze, sogni, illusioni, tragica memoria di tante amarezze senza alcuna gioia, tante rinunzie e nessuna vittoria.
Scorre dentro il nostro sangue il tempo impietoso, continua l’inutile ricerca della nostra Patria, senza un attimo di sosta.
Presagio di una fine che non ha avuto un inizio.
In questa tragica realtà
la nostra terra non sa di pane,
come la nostra casa non sa d’amore.
Morti dentro, cercano ancora di ucciderci.
La Speranza è un sogno da ricchi !
Solo orizzonti offuscati da nuvole gonfie di fiele.
Anche il giorno comincia con il tramonto.
Stiamo arrivando all’ultima goccia nel bicchiere.
Cerchiamo un chiodo per appendervi l’anima

Hallahu akbar (Dio solo è Grande).


Rosario Amico Roxas



Mercoledì, 01 agosto 2007