IL VALORE AGGIUNTO: LA GUERRA

di Raniero La Valle

La Valle Resistenza e pace per n 6 di Rocca

(rocca@cittadella.org )

Dovrebbe essere una festa che un popolo raggiunga l’indipendenza. Ma quella del Kosovo può cambiare la festa in pianto. Essa giunge puntuale, dopo una guerra fatta apposta dalla NATO (proprio così: la NATO pretese di operare allora come un vero e proprio soggetto sovrano, e non più come una alleanza di Stati sovrani). La guerra della NATO fu fatta con un duplice obiettivo, uno palese ed uno occulto: quello palese era di liquidare il regime di Milosevic (e Milosevic stesso) per annettere la Serbia all’Occidente; quello occulto era di procurare al Kosovo l’indipendenza, perseguita dai guerriglieri dell’UCK, che allora però venivano chiamati patrioti e non terroristi. L’indipendenza del Kosovo doveva essere il premio agli irredentisti albanesi per aver fornito il pretesto della guerra contro la Iugoslavia.

Quella cambiale tuttavia non poté essere subito pagata, per gli intralci della Russia, di una parte dell’Europa e dell’ONU. Ed ecco ora è venuto il tempo: la secessione è stata proclamata e Stati Uniti ed Europa (ma non la Spagna) si sono affrettati a riconoscere il nuovo Stato. La Serbia protesta, perché si sente amputata di un pezzo di sé, e staccata dalle sue radici, che pur oggi sono tanto di moda; e lamenta che la comunità internazionale abbia favorito il distacco del Kosovo al di fuori di una soluzione negoziata e nonostante che Belgrado avesse riconosciuto alla provincia albanese un’autonomia che giungeva fino ad oltre il novanta per cento delle competenze statali.

Che cosa ha voluto aggiungere il Kosovo, attribuendosi anche quel dieci per cento che gli mancava? Ha voluto aggiungere la sovranità, che è l’idea di un potere assoluto e non subordinato ad alcun altro potere, su cui si sono costruiti gli Stati moderni. È proprio quell’idea che oggi va abbandonata, e che del resto è erosa dall’interdipendenza sempre più accentuata arrecata dalla globalizzazione; e di certo il Kosovo non potrà essere "sovrano" nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi protettori europei. Dunque la sovranità ora proclamata aggiunge allo status precedente una sola cosa, che storicamente ad essa è indissolubilmente legata: aggiunge il diritto, proprio del sovrano e di nessun altro, di muovere guerra, lo "ius indicendi bellum"; il diritto di guerra è ciò che ultimamente distingue l’iindipendenza dall’autonomia; il Sud Tirolo è autonomo, ma solo l’Italia può dichiarare la guerra.

Proclamando la propria indipendenza il Kosovo ci vuol far sapere che si riserva il diritto di guerra; ed è evidente che la sola guerra che esso può fare è quella contro la Serbia. Ma poiché sarebbe troppo debole per farla, è chiaro che conta sul concorso delle potenze, Stati Uniti in testa, che col riconoscimento gli hanno garantito l’indipendenza, e con l’alleanza le forze necessarie per difenderla. La Russia non sarebbe d’accordo; ed ecco il pericolo di una nuova conflagrazione a partire dai Balcani.

Il fatto è che nessun popolo è solo al mondo, e i gesti degli uni si ripercuotono sugli altri, fino a poterli coinvolgere in una catastrofe. Questo spiega per esempio perché i palestinesi, che la catastrofe l’hanno subita, non abbiano mai proclamato unilateralmente lo Stato: sono più responsabili, e sanno che la comunità internazionale, che usa due pesi e due misure, non permetterebbe a loro ciò che ha consentito ieri agli israeliani e oggi ai kosovari.

Il principio di autodeterminazione dei popoli, non vuol dire in effetti che ognuno può fare quello che vuole, né il costituirsi in Stato sovrano è il punto d’arrivo obbligato di una lotta di liberazione. La Fondazione Internazionale per il diritto e la liberazione dei popoli, che si batte per questa causa, ha chiarito più volte che il diritto all’autodeterminazione non coincide con il diritto di secessione.

In Europa poi ci sono particolari ragioni per non cambiare i confini. Su di essi si sono combattute tutte le guerre europee e mondiali, e quando di nuovo stava per scatenarsi un conflitto tra i due blocchi dell’Est e dell’Ovest, la pace fu assicurata quando nella Conferenza di Helsinki per la cooperazione e la sicurezza in Europa si stabilì che in nessun modo dovevano essere rimessi in causa e modificati i confini esistenti. Forse non tutti i confini erano giusti; ma era giusto che non si mandasse il mondo al rogo per loro.

In uno Stato mondiale di diritto, in cui si realizzasse l’universalità dei diritti fondamentali, legati non alla cittadinanza ma al fatto stesso di essere uomini, non ci sarebbe bisogno di difendere le identità nazionali dentro le fortezze, i confini perderebbero di significato e quello che conterebbe sarebbe di attraversarli, e non di rinchiudervisi.

Raniero La Valle
3 marzo 2008



Giovedì, 06 marzo 2008