Di ritorno da un viaggio di tre settimane in un Paese schiacciato dalla miseria
Zimbabwe, tra incertezza e sofferenza

di GIACINTO LO PICCOLO

Da tutto quello che ho visto e ascoltato mi è parso di capire che vi è una quantità enorme di necessità piccole e grandi. Ho ricevuto molti apprezzamenti per l’opera svolta finora dall’Ucebi


Nel corso dell’ultima Assemblea generale battista (Assisi -giugno 2006) venne firmato un Patto di cooperazione tra la Convenzione battista dello Zimbabwe (Bcz) e l’Unione cristia­na evangelica battista d’Italia (Ucebi). Da allora le chiese bat-tiste italiane hanno organizzato diverse iniziative locali (con­certi, bazar, sottoscrizioni…) al fine di raccogliere fondi e so­stenere le chiese zimbabweane in alcuni progetti specifici. Fi­nora è stato possibile acquistare: una nuova ambulanza, ap­provvigionamenti di medicinali e di carburante, cellulari per tutti gli ambulatori rurali, computer per gli ospedali; due la-vasciugatrici industriali (grazie all’impegno di due associazio­ni fiorentine); inoltre è stato rifatto l’impianto elettrico dell’ospedale di Sanyati. Sono in programma, oltre all’acqui­sto di una serie di macchinari sanitari utili alle strutture ospe­daliere, anche un progetto di adozioni a distanza e un proget­to di sostegno a famiglie pastorali, a vedove e orfani di pastori.
Dall’inizio della collaborazione sono andati in Zimbabwe in visita alle chiese sorelle una decina di persone provenienti da diverse chiese battiste italiane. Di seguito riportiamo alcu­ni passaggi della testimonianza di Giacinto Lo Piccolo che ha trascorso in Zimbabwe tre settimane.


2Agosto 2007, arrivo ad Harare, capitale dello Zimbabwe, aspetto sciatto e trasandato, in uno splendido paese abbrutito da una pal­pabile sensazione di miseria. La disperazione nell’aspetto della gente. Uomini e donne dal portamento dimesso e dallo sguardo gentile, e negli occhi di tutti lo smarrimento e la rassegnazione. L’inizio del mio viaggio, la sensazio­ne netta di una esperienza, lontana dal mio mondo fre­netico e di benessere.
Uno stato di forte difficoltà
Sin dall’inizio appare evi­dente uno stato di forte diffi­coltà, tantissima gente sulle strade, tutti in attesa di un passaggio fortuito per spo­starsi: non vi sono mezzi pub­blici perché nel paese non si trova carburante. A seguire, avrei avuto molti altri esempi di tante altre cose difficili da trovare: pane, latte, carne... lunghe code per acquistare ogni genere di prima neces­sità in tutto il paese, e non sempre con la sicurezza di trovarne ancora, una volta che arrivava il proprio turno.
Un pranzo costituito da un piatto unico con un po’ di riso, un pezzettino di carne, un po’ di patate fritte e un uovo sodo, e una bibita, si aggira intorno ai 600.000 Z$ (dollari zimbabwesi), circa 24$ (dolla­ri Usa) al mercato ufficiale e 3,5$ al mercato non ufficiale. Per loro è una tombola, se si considera che lo stipendio medio-alto va dai 2 ai 3.000.000 Z$ al mese.
Tutti i pastori battisti della Convenzione battista dello Zimbabwe (Bcz) sono impe­gnati a tempo pieno nel loro ministero pastorale e per la loro sussistenza e quella della loro famiglia dipendono total­mente dai membri della chie­sa che guidano; la Bcz non corrisponde loro nessuno sti­pendio. Tutti i pastori con cui ho parlato mi hanno spiegato che la situazione economica per loro è molto negativa; purtroppo ci sono interi nu­clei familiari, membri di chie­sa, che fanno tanta fatica a vi­vere, ed è sempre più difficile per loro provvedere anche al contributo per il pastore e la sua famiglia. Quando i pastori vanno in pensione, o lavora­no come gli altri per mante­nersi o, se sono troppo vecchi, si affidano al mantenimento da parte dei loro figli; nessuno percepisce una pensione.
Alla Missione di Sanyati incontro subito il pastore della chiesa della Missione stessa, Dennis Velile Dhlula, anche presidente della Bcz.
La Missione di Sanyati, po­sizionata su una superficie estremamente estesa, è co­stituita da un ospedale, da una scuola superiore con 600 studenti residenti e 130 che vengono e vanno giornal­mente, da una scuola ele­mentare, da una chiesa e da tutte le residenze abitative per lo staff della missione, per gli studenti residenti e per gli ospiti occasionali.
L’ospedale di Sanyati
Il mattino dopo, insieme al pastore Dhlula ho visitato l’ospedale della Missione do­ve ho incontrato David Mtisi, l’amministratore dell’ospe­dale. Nel suo uffico Mtisi mi ringrazia e ringrazia infinita­mente l’Ucebi per tutto quello che l’Italia ha fatto per l’ospedale: 2 lavasciuga-trici, l’ambulanza, i telefoni per la clinica di Mtange, il gasolio per il generatore e per l’ambulanza, il Laptop e le medicine per l’ospedale e per le sei cliniche battiste nell’area rurale di Sanyati.
L’ospedale è gestito da cir­ca 100 dipendenti e ospita fi­no a 125 posti letto. In questa stagione vi sono in media 60 pazienti ricoverati e circa 200 visite al giorno negli ambula­tori, nel periodo estivo, inve­ce, da ottobre ad aprile, a for­tissimo rischio malaria: a causa di moltissimi casi di in­fezione si arriva fino a 200 pazienti ricoverati ammassati anche nei corridoi. I finanzia­menti per l’acquisto dei far­maci, forniti dal Governo, so­no davvero esigui: 24.000.000 Z$ al mese (135 $ al mercato non ufficiale), che peraltro non vengono più corrisposti all’ospedale da marzo 2007 per mancanza di risorse.
Ho visitato un’area dove è situato un villaggio che si chiama Nutrition Village e che è stato costruito molti anni fa per un progetto di aiuto per i bimbi malnutriti. Il progetto fu sostenuto dal­l’organizzazione olandese Donor fino al 2003, quando questa, insieme ad altre orga­nizzazioni, dovette lasciare lo Zimbabwe, accusata dal Go­verno di finanziare l’opposi­zione. Oggi la struttura è uti­lizzata da personale dell’ospe­dale per evitare che venga ul­teriormente saccheggiata. Adesso la Bcz vorrebbe far partire un progetto che pre­vede il riutilizzo della struttu­ra per ospitare fino a 20 tra i tanti orfani disseminati nella provincia di Sanyati.
In Denda, nell’area di Gokwe, vi è una struttura similare a quella del Nutrition Village dove la Bcz vorrebbe far partire un progetto identico che prevede il riutilizzo della struttura per ospitare altri 20 orfani. Questo progetto pre­vede i finanziamenti per il ri­facimento della struttura, i fi­nanziamenti per i lavori di av­vio di colture da impiantare nei campi disponibili presso la struttura, i finanziamenti per l’acquisto di alcuni ani­mali per un allevamento e un po’ di fondi per gli acquisti necessari per il primo anno di vita del villaggio. Anche in questo caso il progetto do­vrebbe autosostenersi a parti­re dal secondo anno.
Ho incontrato altri pastori ancora, ma un po’ tutti mi hanno ripetuto le stesse cose e le esigenze che avvertivano erano sempre le stesse. Tra i problemi più grossi, quelli del gran numero di orfani che hanno perso i genitori a causa dell’Aids, la mancanza di cibo e le precarie condizio­ni economiche di tutti.
Il problema dell’Aids
Per quanto riguarda il tema dell’Aids, i pastori con l’aiuto di alcuni membri della chiesa, cercano di fare informazione sia dentro che fuori della chiesa. Nelle zone rurali in particolare, la chiesa si trova a confrontarsi con tanti proble­mi legati a usi e costumi triba­li ancora molto radicati e mol­to spesso i pastori debbono superare tante barriere nel trasmettere il messaggio d’a­more del Vangelo.
Tra le richieste di aiuto, spesso quella di avere delle Bibbie, preferibilmente in lin­gua Shona, altra letteratura cristiana e aiuti materiali, in particolare per i molti orfani di cui prendersi cura.
Presso la città di Kadoma ho visitato la prima chiesa battista nata in Zimbabwe. La chiesa battista Rimuka di Kadoma è guidata dal pasto­re Kabozi Maromo. Di fianco alla chiesa, vi è un asilo per bimbi dai 3 ai 5 anni, dove sono ospitati 40 bambini, la maggior parte dei quali sono orfani. Questo asilo rappre­senta il principale ministero di questa chiesa. Ai bimbi che frequentano questo asilo è richiesto di versare un cifra minimale e di portarsi qual­cosa da mangiare. Ovvia­mente molti di quegli orfani non hanno neppure la possi­bilità di fare questo, per cui, per loro, tutto il supporto viene dai circa 350 membri di chiesa. Questo asilo è uno dei 15 asili sostenuti e gestiti da tutte le chiese battiste che fanno capo alla Bcz.
Da tutto quello che ho visto e da quanto ho ascoltato mi è parso di capire che nello Zim­babwe vi è una quantità enor­me di necessità piccole e grandi. Fra tutte le persone che ho avuto modo di incon­trare, ho ricevuto molti ap­prezzamenti e ringraziamenti per l’opera svolta finora dall’Ucebi, specialmente da parte dell’amministratore dell’ospedale di Sanyati, dal segretario generale della Bcz e dalla signora Laiza della clini­ca rurale di Mtange; tuttavia spesso mi sono sentito come colui a cui presentare una sorta di lista della spesa, e del resto non poteva essere diver­samente, viste le enormi diffi­coltà di questa gente. Credo che questo sia un processo lungo e impegnativo, che pos­sa e debba procedere gradual­mente ma con determinazio­ne con tutto il nostro aiuto e il nostro amore cristiano.

Il presente articolo è tratto da Riforma - SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI Anno 143 - numero 39 - 12 ottobre 2007. Ringraziamo la redazione di Riforma (per contatti: www.riforma.it) per averci messo a disposizione questo testo



Mercoledì, 17 ottobre 2007