Intervento di F. Peres Roque all’ONU

Ministro degli esteri della Repubblica di Cuba


L’Ambasciata di Cuba in Italia, invia l’intervento di Felipe Perez Roque, Ministro delle Relazioni Estere della Repubblica di Cuba, in occasione del dibattito svolto in occasione del 62° periodo di sessioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, New York del 26 settembre 2007.


INTERVENTO DEL COMPAGNO FELIPE PEREZ ROQUE MINISTRO DELLE RELAZIONI ESTERE DELLA REPUBBLICA DI CUBA IN OCCASIONE DEL DIBATTITO SVOLTO IN OCCASIONE DEL 62° PERIODO DI SESSIONI DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE NEW YORK - 26 SETTEMBRE 2007

Signor Presidente,

Mai prima d’ora erano apparsi tanto evidenti i pericoli reali che minacciano la specie umana; mai prima d’ora erano apparse tanto evidenti le violazioni del Diritto Internazionale che mette in crescente pericolo la pace e la sicurezza internazionali; mai prima d’ora erano apparsi tanto evidenti la disuguaglianza e l’esclusione che colpiscono oltre i due terzi della popolazione del nostro pianeta.

Porre fine allo spreco ed alla frenesia consumistica promossi dalle grandi corporazioni e dai gruppi di potere di un ridotto numero di paesi sviluppati che sperperano a spese della povertà e della perpetuazione del sottosviluppo in un gran numero di paesi poveri dove migliaia di milioni di persone tirano a campare, é diventato un fattore chiave per la sopravvivenza dell’umanità. La riunione ad alto livello di questa Assemblea Generale, effettuata appena due giorni fa, ha messo in chiaro il pericolo rappresentato dal rapido riscaldamento globale che già patiamo e il suo effetto sul cambiamento climatico. Bisogna agire, e farlo rapidamente, ed i paesi sviluppati hanno il dovere morale e la responsabilità storica di dare l’esempio e capeggiare lo sforzo.

Dall’altra parte vari nostri paesi, sempre del Sud, continuano ad essere vittime di inammissibili atti di aggressione da parte dei potenti di sempre motivati, in sostanza, dall’insaziabile appetito di risorse strategiche. Le guerre di conquista e la proclamazione ed applicazione di dottrine basate sulla guerra preventiva, che non escludono l’uso di armi nucleari contro Stati che non le posseggono, e l’uso reiterato di pretesti come l’ipotetica lotta al terrorismo, la pretesa promozione della democrazia o il cosiddetto cambiamento di regime in paesi unilateralmente definiti stati canaglia, costituiscono oggi la maggiore e più grave minaccia alla pace e alla sicurezza nel mondo.

L’aggressione e l’occupazione illegali di paesi, l’intervento militare contrario al Diritto Internazionale e agli scopi e principi della Carta dell’ONU, il bombardamento di civili e la tortura continuano ad essere pratiche giornaliere. Con la falsa litania della libertà e della democrazia, si tenta di consacrare il saccheggio delle risorse naturali del Terzo Mondo e di controllare zone di crescente importanza geostrategica. E’ questo, e non un altro, il progetto di dominazione imperiale che tenta di imporre, a sangue e fuoco, la superpotenza militare più poderosa che l’uomo abbia mai conosciuto.

Lungi dall’agire, nei rapporti internazionali, in base ai principi della solidarietà, della giustizia sociale ed internazionale, dell’uguaglianza e dello sviluppo per tutti, si applicano invece, senza il benché minimo pudore, le pratiche di certificare i paesi, di imporre blocchi unilaterali, di minacciare con l’aggressione, di ricattare e di intimidire.

Se un piccolo paese difende il suo diritto all’indipendenza viene accusato di essere uno Stato canaglia; se una superpotenza aggredisce un altro paese si dice che "lo libera". Un combattente contro l’aggressione straniera è un terrorista; un soldato aggressore è un "combattente per la libertà". E’ la guerra mediatica, la frode della verità, la tirannia del pensiero unico in un mondo globalizzato.

Invece di avanzare sulla strada del disarmo generale e completo, compreso quello nucleare che per decenni è stata la richiesta permanente del Movimento dei Paesi Non Allineati, viene promosso il riarmo e lo sperpero di risorse in nuove armi e in sistemi di armamento che consumano le risorse di cui il mondo avrebbe bisogno per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e per fronteggiare i gravissimi problemi derivati dalla povertà e l’emarginazione.

Si cerca di impedire, politicizzatamente e selettivamente, l’applicazione del principio, già proclamato nel Trattato per la Non Proliferazione Nucleare, secondo cui le nazioni hanno diritto a sviluppare l’energia nucleare a fini pacifici. Si minacciano con la guerra e la distruzione alcuni paesi, mentre viene permesso all’alleato aggressivo di disporre di centinaia di ordigni nucleari che viene aiutato ad ammodernarlo continuamente.

Quanto tempo ancora dovrà trascorrere e quante nuove morti avremo prima che i falchi della guerra comprendano che le armi non servono per risolvere i gravi problemi dell’umanità?

Vale la pena di ricordare le parole pronunciate dal Presidente Fidel Castro nell’ottobre del 1979, in un giorno come quello odierno, di fronte all’Assemblea Generale:

"Diciamo addio alle armi –dichiarò Fidel- e dedichiamoci civilmente ai problemi più assillanti della nostra era. Questa è la responsabilità ed il dovere più sacro di ogni statista del mondo. Questa è, inoltre, la premessa indispensabile per la sopravvivenza umana".

Signor Presidente,

Oggi non progrediamo verso l’adempimento delle Mete del Millennio e delle decisioni delle grandi conferenze delle Nazioni Unite realizzate durante l’ultima decade.

La povertà non diminuisce. Cresce la disuguaglianza tra i paesi e al loro interno.

Un miliardo e cento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile; due miliardi e seicento milioni non hanno servizi di risanamento; oltre 800 milioni sono analfabeti e 115 milioni di bambini non frequentano la scuola elementare; 850 milioni soffrono la fame ogni giorno. L’1% delle persone più ricche del mondo possiede il 40% della ricchezza, mentre il 50% della popolazione mondiale può contare appena su un 1%. Tutto ciò accade in un mondo che spende un milione di milioni in armamenti ed altri in pubblicità commerciale.

Il miliardo circa di persone che vive in paesi sviluppati consuma approssimativamente la metà dell’energia totale, mentre quasi due miliardi di poveri ancora non conoscono l’elettricità.

E’ questo il mondo che vogliono che accettiamo? E’ forse questo il futuro di cui ci dobbiamo accontentare? Abbiamo o no il diritto di lottare per cambiare questo stato di cose? Dobbiamo o no lottare affinché un mondo migliore sia possibile?

Perché si sperperano colossali risorse nell’industria per uccidere e non si utilizzano invece per salvare vite umane? Perché non si costruiscono scuole al posto di sottomarini nucleari ed ospedali invece di bombe "intelligenti"? Perché non si producono vaccini invece di veicoli blindati e più alimenti invece di più bombardieri? Perché non si da impulso alle ricerche per combattere l’AIDS, la malaria e la tubercolosi invece di fabbricare scudi spaziali? Perché non si conduce una guerra contro la povertà invece che contro i poveri?

Nonostante servano soltanto 150 miliardi di dollari per raggiungere le Mete del Millennio, si afferma ipocritamente che non si sa dove ottenere le risorse finanziarie necessarie. Menzogna! Ci sono soldi in eccesso, quello che manca è la volontà politica, l’etica e l’impegno reale da parte di chi deve prendere le decisioni.

Se si vuole trovare veramente il denaro:

Si rispetti una volta per tutte l’impegno di dedicare lo 0,7% del PIL all’Aiuto Ufficiale allo Sviluppo. Ciò vuol dire oltre 141 miliardi di dollari aggiuntivi agli attuali importi. Al colmo della simulazione, i paesi donatori contabilizzano ora il condono del debito, che sanno non potranno mai esigere, per gonfiare artificiosamente i loro contributi.

Si condoni il debito estero, che i nostri paesi hanno pagato già varie volte. Ciò permetterà di destinare allo sviluppo gli oltre 400 mila milioni di dollari che oggi sono assorbiti dal servizio al debito che non ci permette di crescere.

Si concluda la riunione di Doha per lo sviluppo e si eliminino i 300 mila milioni di sussidi agricoli dei paesi sviluppati. Ciò permetterebbe di dedicare tale denaro a lottare contro la povertà rurale, l’insicurezza alimentare e a garantire prezzi giusti per i prodotti di esportazione dei paesi sottosviluppati.

Sia riconosciuto il nostro diritto allo sviluppo. Sia garantito il nostro diritto ad accedere ai mercati, ai brevetti ed alle tecnologie che oggi sono monopolio esclusivo dei potenti. Si aiutino i nostri paesi a formar professionisti e scienziati e si cessi di rubarci l’ingegno.

Noi paesi non alineati non abbiamo bisogno di elemosina; abbiamo bisogno e pretendiamo giustizia.

Si rispetti il nostro diritto alla diversità culturale e alla preservazione del nostro patrimonio, dei nostri simboli e della nostra idiosincrasia. Questa è stata l’esigenza che unanimemente noi paesi non allineati abbiamo appena espresso a Teheran in occasione della nostra Riunione Ministeriale sui Diritti Umani e la Diversità culturale.

Signor Presidente,

Noi paesi non allineati vogliamo una Organizzazione delle Nazioni Unite più democratica e trasparente in cui l’Assemblea Generale, il suo organo più rappresentativo e democratico, eserciti realmente le facoltà che le spettano.

Abbiamo bisogno di una Organizzazione delle Nazioni Unite con un Consiglio di Sicurezza riformato, che agisca nell’ambito del mandato assegnatogli dalla Carta costitutiva dell’Organizzazione, senza invadere le funzioni e le prerogative di altri organi del sistema. Un Consiglio di Sicurezza con un numero ampliato di membri, adeguato alla composizione attuale dell’ONU dove i paesi sottosviluppati sono la maggioranza. Un Consiglio di Sicurezza in cui siano radicalmente riformati i metodi di lavoro per permettere la trasparenza e l’accesso di tutti gli Stati Membri ai suoi lavori.

Difendiamo una ONU in cui il multilateralismo e le soluzioni accordate nel più assoluto rispetto della Carta, costituiscano l’unica via per affrontare e risolvere gli attuali problemi.

Abbiamo bisogno di un Consiglio dei Diritti Umani che impedisca il ripetersi dei gravi errori dell’antica Commissione dei Diritti Umani. Un Consiglio che applichi nella sua prassi il principio secondo cui i diritti umani sono universali, indivisibili ed interdipendenti. Un Consiglio che ponga fine alla selettività e all’applicazione dei due pesi e alle due misure. Noi paesi nonallineati ci opporremo fermamente alle subdole macchinazioni di alcuni potenti i quali, frustrati per non essere riusciti nei loro scopi, pretendono ora di riaprire e mettere in discussione l’accordo raggiunto nell’arduo e difficile processo di costruzione istituzionale del Consiglio.

Noi paesi non allineati non desisteremo dalla difesa dei postulati sui quali venne fondato il nostro Movimento, che sono simili a quelli di questa Organizzazione. Promuoveremo tra le nazioni rapporti di amicizia basate sul rispetto dei principi della sovranità, dell’uguaglianza dei diritti e della libera determinazione dei popoli.

Continueremo a difendere il diritto del tribolato ed eroico popolo palestinese ad avere un proprio Stato con capitale Gerusalemme Est. Continueremo a condannare il genocidio che contro di esso si commette.

Continueremo a proclamare il diritto del popolo di porto Rico alla sovranità e all’indipendenza.

Noi paesi nonallineati rappresentiamo quasi i due terzi dei membri delle Nazioni Unite. Le nostre rivendicazioni non potranno essere omesse né i nostri interessi ignorati. Ci manterremo uniti e ci appoggeremo mutuamente a difesa dei nostri diritti. Faremo in modo che la nostra voce sia ascoltata.

Signor Presidente,

Quí termina il mio discorso come Presidente del Movimento dei Paesi Non Allineati. Ad ogni modo, lo scandaloso e grossolano comportamento del Presidente degli Stati Uniti in questa sala ieri mattina mi obbliga ora a pronunciare alcune parole a nome di Cuba.

Il Presidente Bush, utilizzando un linguaggio volgare ed un tono arrogante ha insultato e minacciato una decina di paesi; ha impartito ordini, con tono perentorio e autoritario, all’Assemblea Generale; e ha distribuito, con una prepotenza mai vista in questa sala, valutazioni e giudizi su una ventina di paesi.

E’ stato uno spettacolo vergognoso. Il delirium tremens del gendarme mondiale. L’ubriacatura del potere imperiale condita con tutta la mediocrità ed il cinismo di chi minaccia con la guerra, in cui sa non è in gioco la sua vita.

Il Presidente degli Stati Uniti non ha alcun diritto di giudicare un’altra nazione sovrana di questo pianeta. Possedere potenti armi nucleari non da alcun diritto sui diritti dei popoli degli altri 191 paesi qui rappresentati.

E non devono essere sottovalutati la determinazione ed il coraggio dei popoli nel momento di difendere i propri diritti! In fin dei conti, ciò che vale non è il potere dei cannoni, ma la giustezza delle idee per le quali si combatte. Giunti a questo punto, il Presidente bellicoso e minaccioso avrebbe dovuto apprenderlo.

Uguaglianza sovrana degli Stati e non "cambio di regime". Rispetto della sovranità e non diplomi unilaterali di buona condotta. Rispetto del Diritto Internazionale e non blocchi e guerre illegali.

Il Presidente Bush ha parlato di democrazia, ma tutti sappiamo che mente. Egli è arrivato alla Presidenza mediante la frode e l’inganno. Ci saremmo risparmiati ieri la sua presenza ed avremmo ascoltato invece il Presidente Albert Gore sul cambiamento climatico ed i rischi per la nostra specie. Ricordiamo, inoltre, come abbia appoggiato senza incertezze il colpo di Stato contro il Presidente e la Costituzione del Venezuela.

Ha parlato di pace, ma sappiamo che mente. Ricordiamo bene quando minacciò oltre 60 paesi, che chiamò "Oscuri angoli del pianeta", di farli scomparire dalla faccia della terra attraverso attacchi preventivi e improvvisi. Bush è un cinico guerrafondaio che, dalla retroguardia, manda ad uccidere e a morire i giovani del suo paese a migliaia di chilometri dalle sue coste.

Ha parlato di diritti umani, ma sappiamo che mente. E’ il responsabile della morte di 600 mila civili in Iraq, ha autorizzato la tortura nella Base Navale di Guantánamo e ad Abu Ghraib, ed è complice del sequestro e la sparizione di persone, dei voli segreti e delle carceri clandestine.

Ha parlato di lotta contro il terrorismo, ma sappiamo che mente. Ha garantito la totale impunità ai più abominevoli gruppi che, da Miami, hanno perpetrato orrendi crimini contro il popolo cubano.

Il Presidente Bush ha attaccato il nuovo Consiglio dei Diritti Umani. Sanguina dalla ferita; rumina la sua impotenza. E’ martoriato dalla vergogna per il fatto che gli Stati Uniti, durante la sua presidenza, non possono neanche aspirare a diventarne uno dei membri, dato che le elezioni sono a voto segreto. Cuba, invece, è stata eletta membro fondatore con oltre i due terzi dei voti.

Ha parlato di cooperazione, sviluppo e prosperità per il resto del mondo, ma tutti sappiamo che mente. E’ stato il più egoista e irresponsabile politico che abbiamo mai visto. In un mondo in cui moriranno quest’anno 10 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni per malattie curabili, le sue meschine e demagogiche proposte di ieri rappresentano uno scherzo di cattivo gusto.

Il Presidente Bush non possiede autorità morale né credibilità per giudicare chicchessia. Dovrebbe rispondere davanti al mondo per i suoi crimini.

Eccellenze, c’è un limite all’arroganza e all’ipocrisia. C’è un limite alla menzogna e al ricatto. Cuba respinge e condanna ognuna delle parole mendaci pronunciate ieri dal Presidente degli Stati Uniti.

Signor Presidente,

Cuba ringrazia per la solidarietà che ha ricevuto da questa Assemblea Generale nella sua lotta contro il blocco e le aggressioni alle quali ha dovuto far fronte per quasi cinque decadi. In modo particolare porgo qui il mio ringraziamento per le parole pronunciate ieri dal Presidente del Nicaragua, compagno Daniel Ortega, presente in questa sala, e per quelle di tutti coloro che hanno levato la loro voce a favore del diritto e della giustizia insieme al popolo cubano.

Cuba ringrazia coloro che hanno appoggiato la sua lotta tenace contro il terrorismo ed hanno levato la loro voce a favore della liberazione dei cinque combattenti antiterroristi cubani imprigionati ingiustamente nelle carceri degli Stati Uniti.

Cuba lotterà, signori delegati, insieme a tutti i membri del Movimento dei Paesi Non Allineati per arrivare ad un ordine internazionale più giusto e democratico in cui i nostri popoli possano esercitare il loro diritto alla pace e allo sviluppo.

Potremmo essere accusati di essere dei sognatori, ma lottiamo con la convinzione che i sogni di oggi saranno le realtà di domani.

Lottiamo, e non smetteremo di farlo, con la convinzione che se ci sono uomini senza decoro, ce ne sono sempre altri che hanno in sé il decoro di molti uomini e con loro va un popolo intero, va la dignità umana

Molte grazie.

( INTERVENTO DEL COMPAGNO FELIPE PEREZ ROQUE MINISTRO DELLE RELAZIONI ESTERE DELLA REPUBBLICA DI CUBA IN OCCASIONE DEL DIBATTITO SVOLTO IN OCCASIONE DEL 62° PERIODO DI SESSIONI DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE NEW YORK - 26 SETTEMBRE 2007

fine)



Mercoledì, 03 ottobre 2007