Il mio amico Lula, presidente del Brasile

Gli anni `70 a Sao Bernardo do Campo, gli `80 nel Minas Gerais, la mia prigione, il suo arresto, quella notte che dormimmo sul tappeto in casa dei miei, il regime, il Pt, la Cut... Come un uomo del popolo ora governa questa nazione


di FREI BETTO

Questo articolo di Frei Betto (al secolo Carlos Christo, teologo della liberazione e scrittore) che pubblichiamo in anteprima è inserito nel n. 81 di Latinoamerica, la rivista diretta da Gianni Minà, che uscirà a partire dal 10 gennaio in tutte le librerie Feltrinelli.


Alla fine degli anni `70, Lula ed io vivevamo e lavoravamo nella stessa città, São Bernardo do Campo. Lui, come leader metallurgico, io come assessore della Pastorale operaia. Tuttavia ci siamo conosciuti personalmente solo nel gennaio del 1980, a João Monlevade (Stato di Minas Gerais). Partecipammo insieme all’insediamento di João Paulo Pires de Vasconcellos, eletto presidente del sindacato dei metallurgici della Compagnia Belgo Mineira. Uscito di prigione, nel 1973, trascorsi cinque anni a Vitória, ibernato nella favela del poggio di Santa Maria. Mi dedicai all’organizzazione delle Ceb (Comunità ecclesiastiche di base) che, moltiplicandosi, sono ormai diventate centomila in tutto il Paese. Nel 1978, Fernando Henrique Cardoso mi invitò a São Paulo per un incontro: erano presenti anche Plínio de Arruda Sampaio e Almino Afonso ed erano convinti del fatto che la dittatura fosse in agonia. Nel giro di poco tempo, l’apertura politica avrebbe favorito la nascita di nuovi partiti. Portavano dall’esilio, già pronto, il progetto per fondare un partito socialista. Possedevano lo stampo, ed ambivano alle Ceb come riempitivo.

Dopo due incontri e molte discussioni, sottolineai il fatto che le Ceb non si sarebbero mai fatte strumentalizzare dagli intellettuali illuminati per le loro manovre, non sarebbero mai diventate, come pretendeva Fernando Henrique Cardoso, un nuovo Pcb: il Partito delle comunità di base. Come da pronostico elaborato dalle Ceb -che in seguito ottenne anche l’approvazione di Plínio de Arruda Sampaio- dal movimento sociale sorto negli anni Settanta (lotta contro la carestia, opposizioni sindacali etc.), sarebbe sfociato un partito dal basso verso l’alto, e non dall’esterno verso l’interno del Paese.

Durante una colazione a João Monlevade, ne parlai a Lula. Lui aveva partecipato alla campagna di Fernando Henrique Cardoso per il Senato, e da allora si chiedeva perché un lavoratore non eleggesse un lavoratore. Sei mesi prima, nel corso di un congresso sindacale a Salvador, aveva proposto la creazione di un partito dei lavoratori. Idea che gli venne in mente lo stesso giorno in cui Marisa dava alla luce il figlio Sandro, il 15 luglio 1979. La proposta del Pt (Partito dei lavoratori), fondato ufficialmente un mese dopo il nostro incontro, combaciava con le aspettative delle Ceb. Alimentate dalla Teologia della Liberazione -che teorizzava i principi guida della relazione tra fede e politica- non si lasciarono assorbire dai nuclei del Pt. Ma nemmeno il Pt cedette alla tentazione di ripetere l’errore commesso nei Paesi socialisti, dove i partiti comunisti avevano fatto dei sindacati e dei movimenti sociali mere cinghie di trasmissione per raggiungere i loro obiettivi politici
Associazione

Lula era contrario a chiunque cercasse di convincerlo. Nonostante avesse collaborato alla campagna di Fernando Henrique Cardoso, teneva le distanze dalla sinistra organizzata e dai politici di professione, eccetto qualcuno, come ad esempio il senatore Teothônio Vilela, che lo aveva appoggiato durante gli scioperi.
La formazione religiosa di Lula favorì il suo avvicinamento alla Pastorale operaia, in cui militavano anche i metallurgici che si distinguevano nell’attività sindacale. Devoto di Gesù e di San Francesco d’Assisi, Lula ama pregare, ha l’abitudine di farsi il segno della croce prima dei pasti, e non manca mai alla Messa del lavoratore, celebrata ogni primo maggio nella chiesa madre di São Bernardo do Campo. Tuttavia, custodisce la sua fede con la stessa discrezione con cui protegge la sua famiglia dall’assedio dei media.
Dal nostro incontro a João Monlevade nacque la Anampos (Articolazione nazionale dei movimenti popolari e sindacali) destinata ad aggregare, a prescindere da qualsiasi partito e da qualsiasi confessione, militanti ed entità vicini alle aspirazioni libertarie espresse dalla pratica pastorale delle Ceb e dalla Lettera dei principi del Pt. Terminata la cerimonia di insediamento, partimmo per Belo Horizonte, dove arrivammo sul tardi. In assenza di voli per San Paolo, andammo a dormire a casa dei miei genitori. Non c’era un letto per tutti. Sul tappeto della camera da pranzo si misero a dormire, fianco a fianco, Lula, Olívio Dutra, Henos Amorina, Joaquim Arnaldo ed altri dirigenti sindacali. Dalla Anampos, nell’agosto del 1983, nacque la Cut (Centrale unica dei lavoratori) in seguito alla spaccatura avvenuta durante il congresso sindacale di Praia Grande (San Paolo), nel febbraio dello stesso anno. Dieci anni dopo, la Anampos scomparve per dare luogo alla Cmp (Centrale di movimenti popolari).
Nella campagna salariale del 1980, si strinsero i rapporti tra il sindacato e la Pastorale operaia di São Bernardo do Campo. Scoppiato lo sciopero, mi occupai dell’infrastruttura del movimento, mentre Lula coordinava le assemblee nello stadio di Vila Euclides, e i difficili negoziati con la classe imprenditoriale. Il regime militare temeva gli effetti politici dello sciopero e fu così che iniziò ad agire pesantemente. Intervenne sul sindacato e revocò il mandato dei dirigenti. Don Cláudio Hummes, vescovo dell’Abc (il territorio della Grande San Paolo), offrì la chiesa madre di São Bernardo del Campo per le assemblee sindacali. Alcuni fedeli si scandalizzarono: "Stanno profanando il tempio". Padre Adelino De Carli, il vicario, replicò: "Che senso ha professare il culto di Dio, voltando le spalle a chi lotta per il pane della vita?".

Nel cortile della chiesa organizzammo il Fondo per lo sciopero. Arrivavano alimenti da tutto il Paese: i camionisti trasportavano le donazioni insieme con il loro carico. Ricardo Kotscho, giornalista della Folha de S. Paulo, mi chiamò vicino a lui durante un’assemblea e mi consegnò l’assegno del suo stipendio.
Tutti i dirigenti del sindacato vennero arrestati. In compagnia del deputato Geraldo Siqueira, dormivo in casa di Lula il giorno che lo portarono via. Mi svegliai quando gli uomini del delegato Romeu Tuma bussarono alla porta. Dopo che la vettura partì, contattai don Cláudio ed il cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo di San Paolo. Dalla radio della vettura Lula ascoltò, sollevato, la notizia del suo arresto, poiché temeva di essere vittima di un raid degli squadroni della morte. Una volta liberato, un mese dopo, la prima cosa che fece al suo arrivo a casa fu aprire tutte le gabbie e liberare gli uccelli.
Costanza
Lula giunge alla presidenza della Repubblica grazie al movimento sociale sviluppato negli ultimi quarant’anni, nel quale la pedagogia di Paulo Freire ha avuto più peso delle teorie di Marx, ma anche grazie alla forza di una delle sue virtù, la costanza. Lui non sa perdere, nemmeno al gioco. E’ stata questa qualità che gli ha permesso di portare una ventata di rinnovamento nel sindacalismo brasiliano; di fondare il Pt; di creare l’Anampos, la Cut, l’Istituto Cajamar -scuola di formazione politica per i leaders popolari-, e l’Istituto cittadinanza, il centro di ricerca ed elaborazione delle politiche pubbliche.
Negli ultimi ventuno anni, Lula ha percorso il Paese da un estremo all’altro: è difficile trovare un comune che non abbia visitato. La sua leadership ha favorito la proliferazione di movimenti sociali e di ong, sindacati e nuclei di partito, portando il Pt a guadagnarsi l’elezione di centinaia di consiglieri comunali e deputati - statali e federali -, oltre a vari senatori e governatori. Oggi il Pt governa su circa cinquanta milioni di brasiliani ed ha ottenuto, nel confronto del 6 ottobre, centoventisei milioni di voti, l’elezione di dieci senatori, novantuno deputati federali (il settore maggiore della Camera dei Deputati) e centoquarantasette deputati statali.
Indignazione


Il potere è la più grande tentazione dell’essere umano, prima ancora del denaro e del sesso. Lula resiste grazie alla persona che più ammira: la signora Lindu, sua madre, morta nel 1980 mentre lui era in prigione. Ha ereditato da lei la costanza e l’ostinazione a conservare la dignità, anche quando si trovarono a bordo di un camion per il trasporto dei braccianti, in cui la sua famiglia viaggiò per tredici giorni, da Garanhuns a San Paolo. O quando visse nel retro di un bar, in una stanza angusta, costretto ad usare lo stesso gabinetto aperto ai clienti. Lula ha sul viso il segno dell’indignazione. E’ rimasto segnato dalla fame; dal lavoro infantile come venditore ambulante, nella Baixada Santista; dal disappunto quando incontrò suo padre con una nuova moglie e figli; dall’umiliazione di quando venne tenuto fuori da un cinema perché non indossava la giacca; dal lavoro notturno, che gli costò il dito mignolo della mano sinistra; dalla morte in un ospedale della prima moglie e del bambino che portava in seno, perché, per il sistema sanitario, il povero non conta.
Sono esperienze che forgiano la sua personalità e lo spingono a lottare per i diritti della maggioranza, senza, nel frattempo, cedere alle lusinghe del potere. E’ sempre rimasto ad abitare a São Bernardo do Campo; non ha mai voluto una domestica; non ama i locali alla moda, né gli ambienti raffinati; ha restituito impacchettati i regali che gli sono arrivati da persone che speravano di farselo amico o d’essere chiamate al governo. Lo rende felice l’affetto del popolo con il quale mantiene una relazione amichevole e non si infastidisce mai quando viene assediato dal pubblico. Per stare bene, gli basta essere circondato dalla famiglia e dagli amici, indossare bermuda e camicia, calzare un paio di ciabatte, o stare davanti ai fornelli a preparare le sue ricette preferite, come il coniglio o la pasta alla carbonara. Lula presidente sorprenderà la nazione, perché adotterà una grammatica di "potere differente", da lui stesso definita, come ha fatto nel sindacalismo e soprattutto in politica, creando un partito combattivo ed etico. Non disdegnerà il lavoro di gruppo, coinvolgendo tutti i settori della società brasiliana, senza perdersi nello strisciante gioco degli scambi e dei favoritismi. Nel curriculum dei suoi ministri contano solo tre caratteristiche fondamentali: etica, competenza e sensibilità sociale. Lula sperava di vincere al primo turno e lo desiderava anche José Dirceu, che incontrai la notte del 5 ottobre a casa dell’attuale presidente. Anche poche ore prima d’essere eletto, Lula si è rifiutato di parlare di incarichi e nomine. E lo hanno divertito le speculazioni dei media, come se fonti in teoria degne di fede potessero affermare, con sicurezza, chi sarebbe stato il presidente della Banca centrale o il ministro delle Finanze. Per Lula, quella tra il 5 ed il 6 ottobre è stata una notte insonne a causa di quell’ansia che assale chi partecipa ad una grande gara, o quando gli studenti sono in attesa del risultato dell’esame di maturità. La mattina, dopo aver ricevuto la telefonata con la quale Cristovam Buarque gli comunicava che aveva vinto il confronto tra i brasiliani residenti in Nuova Zelanda, Lula chiamò un suo amico massaggiatore per alleviare la tensione. Uscì per votare e tornò nel suo appartamento. Rimanemmo a parlare con il notiziario della televisione come sottofondo. A mezzogiorno si concesse un po’ di riposo mettendosi a dormire per un paio d’ore. Si svegliò in buona forma e registrò alcune scene per due film sulla sua traiettoria politica: uno diretto da Duda Mendonça e l’altro, da João Moreira Salles. Dopo aver soffiato le candeline e mangiato la torta per festeggiare i suoi cinquantasette anni, recitammo il Padre Nostro ed il Salmo 72 nella versione di frate Carlos Mesters ("Colui che ben governa ascolta le richieste dei popoli") e ci dirigemmo verso il comitato nazionale, a Vila Mariana, a San Paolo, per verificare il risultato delle elezioni. Alle undici di sera, confermato il fatto che gli mancavano tre milioni e mezzo di voti per vincere al primo turno, Lula tornò a casa con Marisa. Sfinito, si ritirò, dimenticandosi della carne che avevo preparato e messo nel forno nel pomeriggio.
Quella notte, comunque, dormì sazio di voti. E noi, i suoi elettori, pieni di speranza.
La nostra democrazia ancora non è, come volevano i greci, un governo del popolo per il popolo, ma con Lula presidente sarà la seconda volta nella storia del Brasile che un uomo del popolo governerà questa nazione.
Il primo fu Nilo Peçanha, che aveva preso il posto vacante lasciato dalla morte di Afonso Pena, governò il Paese come vice-presidente dal giugno 1909 al novembre del 1910. Figlio di panettiere, Nilo aveva conosciuto la povertà. Lula, eletto con la stragrande maggioranza di voti, ha conosciuto la miseria. Sopravvissuto alle grandi sofferenze del popolo brasiliano Lula è, oggi, un vittorioso.



Marted́, 07 gennaio 2003