Africa
Zimbawe: le donne sfidano il governo

Rapporto di Amnesty International sullo zimbabwe: le donne sfidano il governo e subiscono una crescente repressione


In un contesto di grave crisi dei diritti economici e sociali, le donne dello Zimbabwe si stanno mobilitando per sfidare le politiche del governo e, per questo, la repressione nei loro confronti si fa crescente. E’ questa la denuncia contenuta in un rapporto reso noto oggi da Amnesty International, frutto di una missione di ricerca di cinque settimane nelloZimbabwe, nel corso della quale i delegati dell’organizzazione per i diritti umani hanno incontrato decine di donne di ogni zona del paese, dalle campagne ai centri urbani. Il governo dello Zimbabwe deve affrontare i problemi economici e sociali che stanno spingendo le donne alla protesta, anzichè attaccarle e criminalizzare le loro legittime azioni in difesa dei diritti umani" ha affermato Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International.
Nel corso della missione nello Zimbabwe, i ricercatori di Amnesty International hanno parlato con moltissime donne, che costituiscono la maggioranza dei difensori dei diritti umani arrestati e imprigionati arbitrariamente per aver svolto marce pacifiche od organizzato riunioni nel corso degli ultimi due anni.
La maggior parte delle donne incontrate da Amnesty International ha raccontato di essere stata sottoposta a pestaggi e ad altri maltrattamenti nelle stazioni di polizia e, in alcuni casi, a torture. Tra gli abusi verbali subiti, hanno descritto offese di natura sessuale e affermazioni denigratorie nei confronti della loro persona e del loro lavoro. Alcune donne sono state imprigionate insieme ai propri figli o in stato di gravidanza, in condizioni deplorevoli e ben lontane dagli standard internazionali.
Le donne dello Zimbabwe dimostrano forza, coraggio e determinazione che hanno dell’ incredibile, di fronte alla crescente repressione in atto nei loro confronti. Sono consapevoli dei rischi cui vanno incontro, eppure rifiutano di essere intimidite e sottomesse" ha commentato Khan.
Le attiviste per i diritti umani hanno segnalato ad Amnesty International come la polizia spesso le accusi di essere uno strumento nelle mani di Gran Bretagna e Usa per rovesciare il governo e di lavorare per un cambiamento di regime. Queste accuse vengono spesso seguite da pestaggi che procurano gravi conseguenze, come le fratture degli arti.
Il governo dello Zimbabwe non solo fabbrica false accuse nei confronti delle attiviste per i diritti umani, ma omette anche di riconoscere le proprie responsabilità per la situazione disperata in cui le donne si trovano. Ad esempio, nega una relazione causale diretta tra le sue politiche e l’inasprimento della povertà e della crisi dei diritti umani in atto nel paese" ha proseguito Khan.
Il rapporto di Amnesty International cita, tra i molti, il caso di Clara, una vedova 60enne della provincia di Masvingo, esponente della Coalizione delle donne, un’ organizzazione per i diritti umani. Nel 2003, Clara ha denunciato la discriminazione ai danni di persone sospettate di appoggiare il Movimento per il cambiamento democratico (Mcd, il partito di opposizione), nella distribuzione degli aiuti alimentari nel suo villaggio.
Per questo motivo, è stata accusata da parte dei funzionari locali del partito al potere, di essere una militante dell’ Mcd e ancora oggi si vede negare la possibilità di acquistare il mais a prezzo agevolato attraverso gli uffici di distribuzione governativi.
Le donne dello Zimbabwe stanno chiedendo rispetto e protezione per i diritti umani propri e delle loro comunità. La risposta, spesso, consiste in arresti arbitrari e torture" ha accusato Khan. "Il trattamento dell donne in stato d’ arresto ha conseguenze drammatiche per loro e per le loro famiglie, in particolare per i bambini che vengono lasciati incustoditi. Le donne delle campagne e dei centri urbani trovano sempre più complicato acquistare cibo, pagare le cure mediche e trovare risorse economiche per mantenere le proprie famiglie. La maggior parte delle persone colpite dalla repressione governativa nei confronti del settore dell’ economia informale, nel 2005, erano donne.
I ricercatori di Amnesty International hanno riscontrato la disperazione causata dall’ aumento quotidiano del prezzo di beni e servizi di prima necessità, come il cibo e i trasporti, mentre il salario della maggior parte dei lavoratori rimane invariato. In ogni centro visitato da Amnesty International, le donne cercavano disperatamente di vendere i propri oggetti personali, sotto la minaccia costante di arresto e di confisca da parte della polizia.
A molte donne è impedito di acquistare mais a prezzo agevolato dagli uffici governativi per il solo fatto di appartenere a organizzazioni per i diritti umani, di aver denunciato la discriminazione e le violazioni, compresa quella del loro diritto ad avere cibo adeguato.
I capi di Stato della Comunità per lo sviluppo dell’ Africa meridionale devono raddoppiare gli sforzi per porre fine alle violazioni dei diritti umani nello Zimbabwe. Ad agosto, quando si incontreranno nello Zambia, dovranno pretendere dal presidente Mugabe che cessino immediatamente l intimidazioni, i maltrattamenti, le torture e le vessazioni nei confronti di chi critica le politiche del suo governo. Le donne che difendono i diritti umani sono un’ importante risorsa per lo sviluppo dello Zimbabwe e così dovrebbero essere considerate anche dal proprio governo. Esse hanno un ruolo determinante nell’ affrontare le molte problematiche in tema di diritti umani che il paese sta vivendo. Il governo deve riconoscere la legittimità del loro lavoro e porre termine a ogni forma di discriminazione nei loro confronti.
Nel corso della missione nello Zimbabwe, Amnesty International ha sollecitato diverse volte incontri con esponenti del governo per presentare, di persona o per iscritto, le proprie preoccupazioni per la situazione dei diritti umani, ma si è sempre vista opporre un rifiuto.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 25 luglio 2007

Il rapporto Zimbabwe: Between a rock and a hard place - women human rights defenders at risk è disponibile all’indirizzo:
http://web.amnesty.org/library/index/engafr460172007



Venerd́, 27 luglio 2007