Il valore della vita

di Attilio Doni

Il Manifesto 22 luglio 2008

Gentile direttore, capita spesso anche a persone colte di barare con le parole, con i ragionamenti, per sostenere le proprie tesi, magari anche inconsapevolmente. L’espressione “morire…di fame e di sete”, riferita ad Eluana Englaro, qualora le si dovesse sospendere il nutrimento, è ingannevole, giacché la fame e la sete comportano sofferenza. Ma Eluana, essendo in stato vegetativo, non soffre. Gianni Baget Bozzo, invece, su Panorama del 17 luglio, riguardo alla sentenza della Corte d’appello di Milano, scrive: "Il caso indica un dilemma fondamentale...la vita ha un valore in sé oppure si può giudicare che ha valore come vita solo quella che l’opinione pubblica considera accettabile?", ignorando che i giudici non hanno basato la loro sentenza sull’opinione pubblica, ma sulla volontà espressa in vita da Eluana. La domanda sarebbe dovuta essere: "La vita ha un valore in sé oppure il suo valore è stabilito dalla persona che la possiede?". Il valore della vita di Eluana, infatti, non è stato stabilito dai giudici, ma da Eluana. Poi Baget Bozzo scrive: "Ma chi può dire che chi vive una vita vegetativa non vuole vivere?", ignorando sia che la domanda può essere fatta togliendo tranquillamente il "non", sia che in realtà non potrebbe essere posta, giacché chi vive in stato vegetativo non ha volontà. Infine il sacerdote ricorda che se si lasciano cadere "i principi che custodiscono l’umanità del vivere...persino in una democrazia diretta è possibile un regime totalitario". In Olanda c’è un regime totalitario?

Attilio Doni



Mercoledì, 23 luglio 2008