Lettera
Antonio Socci e padre Pio

di Veronica Tussi

Gentile direttore, mi capita per caso sotto gli occhi un articolo di un giornale (Libero del 27 aprile) che di norma non leggo, e mi viene da sorridere per l’ingenuità dell’autore Antonio Socci, il quale, rilasciando un’intervista su padre Pio al New York Times, è rimasto colpito dalla "reazione sbigottita di Ian Fisher" (cito le sue parole), suo collega del giornale americano. Lo sbigottimento, infatti, è più che naturale per chi conosce magari bene il Vangelo e il significato del sacrificio cristiano, e si sente dire che padre Pio "primo (e unico) sacerdote stigmatizzato dopo Gesù Cristo...è un alter Christus". Ad Antonio Socci sfuggono due sostanziali differenze. A Gesù le ferite (nei polsi, non nel palmo delle mani) furono inflitte dagli uomini. A Padre Pio le ferite sarebbero state inflitte dal Signore, il che è un po’ come bestemmiare. Il sacrificio di Cristo aveva uno scopo preciso e necessario (cf Lc 17, 25): la salvezza dell’umanità. Il "sacrificio" di padre Pio non era necessario ed era perfettamente inutile. Forse Socci potrebbe comprendere la differenza (ma non è facile) se pensasse, tanto per fare un esempio, al sacrificio di San Massimiliano Kolbe, il quale ad Auschwitz offrì la sua vita in sostituzione di un padre di famiglia. Tra il fine del sacrificio di Cristo e il fine del sacrificio di padre Kolbe c’è somiglianza reale.

Veronica Tussi
Ex docentre di religione cattolica



Marted́, 13 maggio 2008