Lettera
Pensiero autonomo

di Renato Pierri

Gentile direttore,
un cattolico non diventa tale dopo aver capito a fondo il messaggio del Vangelo, ed aver letto attentamente il Catechismo della Chiesa cattolica, nonché sempre attentamente la storia della Chiesa, e altro ancora. Di norma ci si trova ad essere cattolici, perché sin da piccoli si cresce in ambiente cattolico. Alcuni cattolici, diventati adulti (o anche prima), cominciano a mettere in discussione le posizioni della Chiesa su temi importanti che riguardano la loro vita e quella degli altri. Può capitare che su questo o quel problema il loro pensiero sia diverso da quello della Chiesa, ma ciò non basta per far sì che non si sentano più cattolici. Un esempio: può accadere che un cattolico non approvi la posizione della Chiesa di rifiutare l’eucarestia ad un divorziato che vive una nuova unione, ma non per questo egli si allontana o si sente fuori dalla Chiesa. Altri invece, soprattutto se il loro pensiero diverge da quello del Magistero su diversi importanti problemi, cessano di essere cattolici. Altri ancora (e sono forse la maggior parte) rinunciano a priori a ragionare autonomamente su qualsiasi questione. Affermano: io sono cattolico, sto nella Chiesa, e accetto le regole della Chiesa. Il che significa: qualsiasi decisione la Chiesa prenda, anche su problemi nuovi che il progresso scientifico dovesse far nascere, a me sta bene. La mente, la sensibilità, il senso di giustizia della gerarchia ecclesiastica, diventano la loro mente, la loro sensibilità, il loro senso di giustizia. Non è impossibile ovviamente che il pensiero autonomo di un cattolico coincida sempre e perfettamente col pensiero del Magistero.

Renato Pierri



Martedì, 12 febbraio 2008