Lettere
La morte è la morte

di Elisa Merlo

Caro direttore, se le stesse persone che sono rimaste vittime dell’incendio nelle acciaierie di Torino, fossero morte a distanza di tempo l’una dall’altra, magari per diverso incidente, come capita ad altri lavoratori ogni giorno, stritolati da una macchina, travolti da una frana, precipitati da un’impalcatura, avvelenati da gas tossici, ecc., nessuno avrebbe detto tante volte "basta!", non si sarebbero fatte tante tramissioni televisive, non si sarebbe scritto tanto sui giornali. C’è stata una morte più terribile delle altre, ed è avvenuta contemporaneamente per più lavoratori. Ma la morte è la morte. E la responsabiltà di coloro che dovrebbero fare di tutto per evitare che gli incidenti su lavoro si verifichino, è la stessa. "Bisogna rispettare il lavoro, bisogna ridare dignità agli operai", sono le frasi ricorrenti. Ma ciò che sta venendo meno nel nostro Paese è qualcosa di più grave del rispetto per il lavoro: è la mancanza di rispetto verso il prossimo; se c’è rispetto per la persona, c’è anche rispetto per il suo lavoro. Non c’è rispetto per i lavoratori da parte dei datori di lavoro, non c’è rispetto per i cittadini da parte degli uomini politici, non c’è rispetto per chi legge i giornali, non c’è rispetto per chi guarda la televisione, per chi entra in un ufficio pubblico, per chi attraversa la strada, e via di seguito. Pensare di poterci amare gli uni gli altri evangelicamente forse è troppo; ma almeno proviamo a rispettarci.

Elisa Merlo



Domenica, 16 dicembre 2007