Lettere
il pastore tedesco e la rissa

di raffaele ibba

Carissimo Sarubbi,
tutta questa vicenda di Benedetto XVI alla Sapienza è nata come un cumulo di falsità ed è continuata (e continua) in questo modo.

Ad iniziare dalla stessa iniziativa, in sé sbagliata pe il Pontefice
romano: perchè l’inaugurazione dell’anno accademico è proprio l’unico momento della vita di un’università (almeno italiana) a cui un vescovo cristiano NON deve partecipare. Perchè è il momento di una università (ed italiana almeno) in cui un potere autoreferenziale e tendenzialmente comprato e venduto si autorappresenta come libero e saggio. Non essendo nè l’uno nè l’altro.
Ma tutto il meccanismo era falso, compreso la protesta dei cosidetti studenti costruita (per esempio nelle fasce postcomuniste e postanarchiche di questi mondi giovanili) su elementi di identità (noi siamo e lui, il papa, è) privi di alcun spessore critico (salvo che l’accusa più ripetuta dei metodi nazisti del papa abbia una qualche consistenza linguistica, innanzitutto, e successivamente un senso storico, politico, antropologico, teologico, etc etc, analizzando).
La protesta dei docenti poi era falsa quanto una moneta da centoventicinque euro. Innescata in realtà da un articolo costruito a tavolino da una qualche lobby laicista (Marcello Cini non scrive su Repubblica quel che gli pare ma quel che pare a lui ed ai suoi amici).
La reazione di Ruini, prima e dopo la rinuncia di Benedetto XVI è falsa come il ventitreesimo vangelo - quello mai stato scritto.
L’unica cosa vera in tutta la faccenda è la reazione del papa che non ci va. Anche perchè sarebbe andato a parlare mentre fuori dall’aula del potere dove lui parlava, la polizia "garantiva l’ordine pubblico", picchiando e massacrando chiunque fosse capitato a tiro.
Una trappola.
Da cui Benedetto XVI è uscito semplicemente dicendo che lui ci va se è gradito, se non è gradito non ci va. Mi sembra il minimo, per un sacerdote di Cristo.
Bisogna uscire dal meccanismo delle identità, ne sono certo. Ma non se ne esce con la falsa affermazione della discussione. Nulla c’è da discutere su Gesù Cristo. Se non i dettagli della verità storica o della non verità storica, e di quant’altro di accidentale ci sia nel corpo della rivelazione cristiana.
C’è invece molto da discutere sulla realtà o meno del nostro stare da cristiani nella società e, quindi, sul nostro dare senso cristiana alla vita. Nostra ed altrui. Dare un senso cristiano. Che non è né ovvio, nè semplice, nè identitario. Ma è di Gesù Cristo; è; e basta.
Ma se è così ci sono molte cose da discutere: c’è da discutere su quali docenti e quali dipartimenti dell’Università - con nomi e cognomi - fanno ricerca armata, finanziata dai soldi degli eserciti; c’è da discutere sugli sprechi di ricchezza che ciascuno di noi fa, ad iniziare da me; c’è da discutere su cosa significa, concretamente e antropologicamente, evangelizzare; c’è da discutere di cosa parliamo quando usiamo la parolina "vita"; e così via, discutendo.
C’è da discuture sul perdono - sopratutto - che non è dimenticare, ma ricordare accuratamente. E saper accettare.
C’è da discutere sui torti e sulle ragioni dei poteri imperanti; ed io, personalmente e sbagliando lo so, tendo a considerare non cristiano chiunque si collochi in un’ottica di potere. Anche se è un cardinale di Santa Romana Chiesa e si chiama Ruini.
Chiedo perdono allo Spirito Santo, al Figlio ed al Padre, per questo.
ciao

raffaele ibba
cagliari



Giovedì, 31 gennaio 2008