Lettera
Farsi padrone della vita altrui.

di Renato Pierri

Caro direttore, il cardinale Ersilio Tonini, riguardo al caso di Eluana Englaro, ha dichiarato: "Nessuno è padrone della propria vita e tanto meno di quella altrui"(Tv Sorrisi e Canzoni, N. 30). L’affermazione, ripetuta spesso da molti, è di effetto, ed appare incontestabile, soprattutto da un punto di vista religioso. In realtà è confutabile. Non è del tutto vero che non siamo padroni della nostra vita. Il Signore una sorta di limitata signoria su di essa ce l’ha concessa: possiamo, ad esempio, sacrificarla a favore del prossimo, possiamo "darla per gli amici" (cfr Gv 15, 13); inoltre abbiamo la possibilità di allungarla, ricorrendo anche a mezzi artificiali (medicine, operazioni chirurgiche, trapianti, ecc), e ciò fa supporre che, in casi particolarissimi, sia lecito anche abbreviarla. Per il Signore non sembra tanto importante quanto si vive, ma come si vive: se nel bene o nel male. La vita, quella terrena, possiamo anche perderla (cf Mt 10,39); necessario è non sprecarla. Per chi la possiede, la vita in questo mondo non ha valore assoluto (cf Gv 10,25). La seconda parte dell’affermazione, invece, è verissima. Però essa dà ragione ai giudici che hanno emesso la sentenza. Se non siamo padroni della vita altrui, infatti, come possiamo arrogarci il diritto di negare agli altri la signoria sulla propria vita? Chi vieta agli altri d’essere padrone della propria vita, si fa padrone della vita altrui.

Renato Pierri
(ex docente di religione cattolica)



Marted́, 22 luglio 2008