Lettera
Eluana Englaro

di Elisa Merlo

Gentile direttore,
la Corte d’appello di Milano ha autorizzato il padre Beppino Englaro a sospendere il trattamento che tiene in vita la figlia Eluana, in coma da sedici anni. La Radio vaticana ha parlato di "sentenza grave" ed ha ricordato come già i bioetici della Cattolica abbiano denunciato che la decisione dei magistrati "disconosce il principio della non disponibilità della vita e il dovere di ogni società civile, di assistere i propri cittadini più deboli". L’errore della Chiesa e degli illustri bioetici della Cattolica, è di parlare della vita e non della persona. La tutela della vita e la tutela della persona dovrebbero essere la stessa cosa, dal momento che la vita appartiene alla persona. Tuttavia i due principi possono venire in contrasto qualora si affronti il problema dell’eutanasia o dell’interruzione delle cure terapeutiche. Infatti, in questi casi, tutelare la vita ad ogni costo può andare a scapito della persona; e tutelare la persona ad ogni costo può andare a scapito della vita. C’è però un motivo per cui è giusto tener conto sempre di un principio e non dell’altro: se osserviamo il primo principio (tutela della vita), corriamo il rischio di non rispettare la volontà del malato, manifesta o anche ragionevolmente umanamente coscienziosamente presunta. Se osserviamo il secondo principio (tutela della persona) possiamo andare, è vero, a scapito della vita, ma di quale vita? Solo ed unicamente della vita di colui che la rifiuta; oppure di colui al quale in qualche modo la vita già è stata negata. Quindi la tutela della vita ad ogni costo può recare svantaggio a qualcuno; la tutela della persona ad ogni costo non reca svantaggio a nessuno, giacché non va mai contro l’individuo, la sua volontà, ma contro un concetto generico della vita. Il principio da seguire sempre dovrebbe essere il massimo rispetto verso la persona.

Elisa Merlo



Giovedì, 10 luglio 2008