Lettere
Diritti civili e diritti morali

di Renato Pierri

Caro direttore, Paolo Franchi scrive "Sull’omosessualità e sul riconoscimento delle unioni di fatto la penso esattamente come Veltroni. Ma non credo sia contestabile in alcun modo il diritto di Paola Binetti (e, diciamolo più apertamente, della Chiesa, o di una parte grande, e attualmente dominante, della Chiesa) di pensarla all’opposto" (Il Riformista del 28 dicembre). Se fa riferimento alla legge civile, è ovvio che la Binetti e la Chiesa abbiano tale diritto, ma se si riferisce alla legge morale, sbaglia. La legge civile riconosce diritti che non sempre sono riconosciuti dalla legge morale. Per affermare che si ha il diritto morale di esprimere pubblicamente il proprio pensiero, è necessario entrare nel merito di ciò che viene espresso. Non si ha, infatti, il diritto (morale) di affermare cose ingiuste che possono offendere o recare danno ad altri. Io sono padrone di pensare che chi nasce con i capelli rossi è malato, ma non ho il diritto di dichiararlo pubblicamente, soprattutto se rivesto una carica pubblica. Le dichiarazioni della Chiesa cattolica, riguardo all’omosessualità (cf Catechismo n. 2357), sono un’offesa (non riconosciuta dalla legge civile) alla persona, e creano ed hanno creato soprattutto nel passato, gravi pregiudizi con conseguenze molte volte nefaste. La conferma è nella storia. Alle volte le parole si trasformano in pietre. C’è chi parla, e chi, di conseguenza, lapida.

Renato Pierri
(ex docente di religione cattolica)



Lunedì, 31 dicembre 2007