Lettere
Campo unificato

di Renzo Coletti

In questo periodo, molti nodi vengono al pettine e ci inducono a riflettere. "La Chiesa siamo noi", frase utilizzata sia politicamente che sindacalmente e quindi socialmente, ci dovrebbe finalmente apparire nella sua giusta visione. Quanto è reale questa frase? Partendo da un punto particolarmente ostico, noi consideriamo la vita qualcosa di sacro e quindi tendiamo a vedere nella sua antagonista, la morte, qualcosa di non altrettanto degno di rispetto e Amore. Se la vita è morte annunciata, cosa è di fatto uccidere? Anticipare è l’unica risposta possibile. Ma anticipare cosa? In un mondo olistico e omnicomprensivo del tutto, il nulla non è che un altro modo di essere tutto e il vuoto e la realtà in cui il tutto si manifesta in un collassare d’onda del campo unificato che è la stessa rappresentazione del fenomeno che ci appare e coinvolge i nostri sensi. In sensi dunque sono la nostra unica possibilità di negare o trovare il bandolo della vita più o meno reale che è il nostro corpo, la nostra mente, la nostra psiche la nostra nicchia biologica condivisa.

Ogni habitat umano è cultura che si confronta e cerca spazio sia fisico che spirituale, quindi più culture sono ricchezza in entrambe le direzioni. L’Uomo tecnologicus, ha infranto la regola fondamentale di questo equilibrio per volontà di potenza e presunzione infinita, ma sta rendendosi sempre più conto di quanto il giocattolo tecnologico contenga la sua trappola mortale. questa non è però una morte umana, è una morte chiusa nel guscio di un credo infinito di potenza e progetto oltre il territorio che si può definire limite umano e sacralità da estendere sia sul piano orizzontale che verticale. Il pacifismo, invoca un valore che chiama vita, quindi evita a priori il confronto con la non vita o la sua transizione verso la morte. La paura della morte è la prima contraddizione a cui l’essere umano trova un bivio. Programmati per vivere, quindi per riprodurci, l’eros e la morte sono elementi per raggiungere un distacco controllato da entrambe le posizioni. Per vedere oltre l’istinto, l’istinto deve tacere. Ora immaginiamo il caso del Monaco buddista e vediamolo nel suo affrontare la morte in nome della pace. Vediamolo nel suo scegliere la non violenza, vediamolo nella sua rinuncia al possesso, vediamolo nella sua rinuncia al sesso. Se noi uniamo queste che ho definito forse impropriamente rinunce, la vita di un Maestro Buddista quanto ha della vita da noi concepita? Quale confine è il suo esistere o non esistere? Può una società essere composta di individui di tale fatta se estesa al mondo nel suo complesso e nei suoi individui che formano una società, che a sua volta forma una cultura e in seguito una complessità da soddisfare? Ora la sferzata finale che è lì che attende da molto. Il monaco Buddista, quando rinuncia alla lotta e viene ucciso, può essere considerato un martire? Potrebbe altresì essere considerato un suicida? Se vita e morte sono due lati di una medaglia, il fenomeno vita cosa è rispetto al fenomeno morte? Quale ignoranza ci impedisce di oltrepassare un confine che è forse un semplice modo di essere altro a cui non siamo programmati a essere attraverso i nostri sensi e la nostra mente? L’Uomo è dunque spazio tempo e fenomeno infinito di manifestazione, ma l’uomo è anche attesa di divenire volontà espressa e per questo non meno reale della manifestazione del suo stato a noi ignoto per non travolgerci in un sovraccarico sensoriale che è parte acerba del nostro intelletto e ragione.

Difficile? Non ho mai fatto sconti a nessuno.

Naturalmente nessuno ha mai fatto sconti a me.

Con affetto.

Renzo Coletti.



Sabato, 13 ottobre 2007