Lettera
Un paese da buttare?

di Raffaele Ibba

Dal Corriere della sera in linea oggi 21 giugno 2008.

MILANO - A 15 anni si «fuma » l’eroina. A 50 anni «c’è ancora chi prova l’ecstasy». Entrambi, comunque, mescolano la droga ai superalcolici. Questa è Milano. Dove si stima che quasi metà della popolazione (835 mila persone) abbia fatto uso, almeno una volta nella vita, di sostanze stupefacenti. E se ieri era «la città da bere», oggi è la città dove il 7 per cento della popolazione ha problemi con l’alcol. Il capoluogo lombardo è il laboratorio per un mercato, quello degli stupefacenti, alla ricerca di espansione.

Da qualche altra parte ho letto, sempre stamani, che al Garda c’è un convegno sul turismo dove è stato detto che - a quanto pare - l’Italia ha perso posizioni nel mercato del turismo, e ne stia perdendo ancora. La ragione pare stia nel fatto che i prezzi sono troppo alti e l’accoglienza troppo bassa. Posso testimoniare che ogni volta che vado a Firenze ed entro in un bar m’incazzo, perchè mi derubano sistematicamente e senza ragione alcuna nel servizio offerto che, nella gran parte dei casi, è molto meno che scadente (ed in qualche caso sarebbe da chiamare i carabinieri).

Ecco.

Questo è il paese che si specchia nei suoi dirigenti politici e li vota con entusiasmo. Un paese fatto così, che pensa si possa vivere prendendo per il culo gli altri e se stessi. Badate. Non ce l’ho solo con il signor B. Anche e forse sopratutto, se volete.

Ma una buona parte della classe dirigente italiana, e forse quasi tutta, ad iniziare da confindustria ed a finire con i dirigenti dell’istruzione, è tale per cui essa effettivamente pensa che si può vivere facendo nulla nella vita, occupandosi di questo nulla con gran dispendio di energie altrui, e tirando a casa una certa quantità significativa di quattrini. Qualcuno, tempo fa, mi diceva di andare a vedere quanto sono pagati (in totale, compresi benefici e tagliandi di vario genere e tipo) in Italia i dirigenti delle banche e che cosa, in cambio, danno alle loro società in termini di lavoro.

Ecco.

La morale di un paese la si salvaguarda non a chiacchiere ma a lavoro duro sul campo. Lavoro duro che, peraltro, viene fatto quasi esclusivamente dalla chiesa cristiana (non solo cattolica, cioè) e non viene premiato, anzi.

Le volontarie ed i volontari di don Oreste Benzi fanno un lavoro splendido e pieno d’amore verso le donne rese schiave per la prostituzione in favore di maschi italiani che, come dice la notizia qui sopra, prima si fanno di merda e poi scaricano questa merda nel corpo di una schiava. Forse manco d’amore verso costoro, anzi sicuramente in questa lettera manco d’amore verso costoro e ne chiedo perdono a voi e a Dio. Ma anche loro dovrebbere riflettere su quel che fanno. Ma più di loro dovrebbero riflettere i politici che propongono l’apertura di bordelli e di quartieri riservati all’offerta di corpi umani resi schiavi per la soddisfazione del cazzo, miserabile se permettete, di alcune migliaia di italiani.

Costoro, essendo politici, cioè persone che si dedicano ad attività pubbliche generosamente compensate, non possono approfittare del perdono ma solo del giudizio pubblico. In questo caso il giudizio pubblico è sprezzante. Si tratterebbe di una legge sciagurata, favorevole alla malavita organizzata, e con la quale verrebbe detto a moltissime persone, per esempio ai volontari ed alle volontarie della comunità Giovanni XXIII, "siete irrilevanti, la vostra generosità è fastidiosa, vi aboliamo senza dirlo, ma facendolo".

Ecco.

Questa è oggi l’Italia ufficiale. Compresi moltissimi di voi giornalisti, miei cari.

ciao r



Domenica, 22 giugno 2008