Lettera
Breve lezione in classe

di Francesca Ribeiro

Gentile direttore, non posso fare a meno di stupirmi quando qualche alunno cattolico si mostra persuaso che gli atti di omosessualità siano peccato. Di norma gli dico: «Evidentemente non hai un concetto chiaro di che cosa sia il peccato. Perché salutare un compagno non è peccato, e dargli un pugno in un occhio è peccato?». E lui: «E’ ovvio. Salutandolo non gli reco danno, picchiandolo gli reco danno». Ed io: «Bene, così è per tutti i peccati; si pecca qualora si rechi danno a qualcuno o a qualcosa, o anche a noi stessi; se il danno non c’è, se non c’è offesa, non c’è neppure il peccato». Alle volte arriva l’obiezione: «Gli omosessuali di solito non fanno figli». Ma smontarla è troppo facile: «Innanzi tutto il problema non si pone sino a che l’umanità è in aumento; poi: l’omosessualità non è una scelta, e quindi non fare figli non sarebbe una colpa; infine: sarebbero allora maggiormente colpevoli tutti coloro, compresi preti e suore, che scelgono volontariamente di non sposarsi e di non procreare; i religiosi, sebbene per un fine buono, ricorrerebbero ad un mezzo cattivo, senza necessità».


Francesca Ribeiro



Lunedì, 02 giugno 2008