Lettera
Come negare un bicchiere d’aqua

di Veronica Tussi

Gentile direttore, Silvio Berlusconi ha chiesto al vescovo Sebastiano Sanguinetti quando la Chiesa cambierà "la regola che i divorziati non possono prendere la comunione". Ma è regola stabilita dalla Chiesa o dal Vangelo? Al n. 84 della Familiaris consortio (1981): "La Chiesa ribadisce la sua prassi fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non potervi essere ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia". La Chiesa, dunque, basa sulla Sacra Scrittura, sia la sua ferma decisione di non ammettere all’Eucaristia i divorziati risposati, sia la considerazione che essi si trovino in un’oggettiva situazione di peccato. Essa è in sintonia col Vangelo, per quanto concerne il secondo punto, dal momento che Gesù condanna decisamente il divorzio, sebbene non si comprenda perché una donna, ad esempio, divorziata non per sua colpa, che abbia trovato una persona buona ed onesta con la quale formare una nuova famiglia, debba trovarsi in peccato. La condanna del divorzio da parte di Gesù, infatti, non dovrebbe avere valore assoluto. La Chiesa non è invece per niente in sintonia col Vangelo riguardo al primo punto. Gesù, infatti, nell’ultima Cena, spezzò il pane e lo offrì ai discepoli tutti, compreso chi si trovava in una situazione di peccato ben più grave di quella di un divorziato risposato: Giuda. Se glielo avesse negato, certamente gli evangelisti lo avrebbero riferito. Quando disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi. Fate questo in memoria di me» (cf Luca 22,19), non pose nessuna condizione alla distribuzione del pane spezzato. Negare l’eucaristia a chi ne sente il bisogno, è come negare un bicchiere d’acqua ad un assetato.

Veronica Tussi



Domenica, 22 giugno 2008