Conoscere l’islam
Perché ci rassegniamo agli stereotipi?

di Yasmin Alibhai-Brown

(trad. Maria G. Di Rienzo)


Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione di Yasmin Alibhai-Brown, y.alibhaibrown@independent.co.uk) per The Indipendent del 28 aprile 2008,

Se guardo indietro a cos’ho fatto questa settimana, una parata d’identità sfila nel ricordo e ognuna è parte del tutto, e nessuna è me per intero. Londinese appassionata della città, ho parlato contro Boris Johnson. Assieme a Billy Bragg durante la festività di S. Giorgio, sono stata da lui gentilmente invitata a sentirmi parte della “britannicità progressista” ed è divertente perché in quella hall, con lui, lo ero. Poi ho partecipato al lancio di “Quillam”, un pensatoio messo in piedi dal riformatore radicale Ed Hussain e mi sono sentita parte della nuova “ummah” mondiale composta da musulmani con la mente aperta. Alla Scuola di studi orientali ed africani ho discusso di razzismo con i presenti, e dal profondo è emersa la vecchia attivista antirazzista.

Ho letto un pezzo di James Baldwin ad un commovente raduno organizzato dalla coalizione “Stop the War”, unita a spiriti fratelli che ancora lottano per l’Iraq. Suonando all’Oxford Playhouse, sono tornata alle mie radici afro-asiatiche. Ho assistito ad un concerto di musica classica europea in una chiesa, essendo semplicemente un’ospite. Nel frattempo ero anche una madre, una moglie, un’amica e una vicina di casa.

Come tutti gli altri esseri umani, sono una creatura composta da molte parti soggette a mutamento. Tuttavia ai musulmani britannici non si permette tale complessità. Dobbiamo essere solo musulmani (definizione altamente specifica), codici ambulanti in uniforme, religiosi in modo strambo, e preferibilmente esigenti e rumorosi. I “leader” autoritari musulmani impongono questi ordini, ma lo stesso fanno molti dei quali per cui non esistono musulmani complessi o aperti, con cui negoziare svariate alleanze. I custodi delle istituzioni trattano solo con gli archetipi, e i più facili sono quelli che strillano rifiutando ogni accordo e coloro che appaiono come “apostati” per sfida. Gli oppositori accaniti di tutto quel che è occidentale sono i nemici, i sostenitori di tutto quel che è occidentale comprese le doppiezze sono i buoni amici. Non benvenuti sono i musulmani che mettono in discussione tali categorie: troppa fatica e troppi problemi, quando ciò che ognuno desidera è la chiarezza più semplice.

Sei con noi o contro di noi? Hai fede o sei un democratico? Pensi che Salman Rushdie avesse ragione o lo vuoi morto? Vuoi islamizzare l’occidente o vuoi che l’occidente ti permetta di creare stati islamici all’interno dei suoi stati? La tv è quella che fa il lavoro peggiore, ma politici e opinionisti vari non sono molto distanti. Loro sì che sanno cosa fa un “vero” musulmano.

Huma Qureshi, donna splendida in capigliatura e stile, racconta di essere stata contattata dalla BBC per una serie sulle donne musulmane, ma ha dovuto rifiutare perché: “Ne volevano una che definivano “autentica”, ben coperta.” Nel suo libro di memorie, la giornalista televisiva Yasmin Hai scrive della sua irritazione quando i suoi direttori le dissero che volevano sullo schermo “qualcuno del tipo mullah pazzo”. Ad una grande esposizione d’arte, gli organizzatori rifiutarono un’artista, devota musulmana, perché dipinge volti e per loro è un’eretica.

Da milioni di musulmani ci si aspetta che aderiscano ad una sola identità e la gonfino con iniezioni artificiali di lealtà assoluta, causando una distorsione che è sia grottesca che indigeribile. Ai musulmani che sono contenti della loro fede, e di questo paese e della sua storia, vien detto che non possono pretendere di essere tali. Vivono in una democrazia, imbevuti dei suoi principi, pure viene loro rifiutata l’appartenenza ad essa.

Questo giovedì, il giorno delle elezioni locali, alcuni di noi presenteranno una nuova organizzazione, pensata per invertire il gioco distruttivo che vuol tenere i musulmani separati dalla loro nazione. I “Musulmani inglesi per la democrazia laica” credono che la separazione tra stato e chiesa dia a tutti mutuo e sicuro spazio. La maggioranza dei membri non è atea. Siamo in grado di vedere chiaramente come la religione stia avvelenando la governance politica, e come la politica stia contaminando la religione. I musulmani devono essere liberi di scegliere come praticare la loro religione, ed anche di essere solo dei musulmani “culturali”. La diversità è stata la compagna della nostra fede sin dai suoi inizi.

La cosa più importante di tutte è che speriamo di parlare ai giovani musulmani inglesi, che hanno perso fiducia e opportunità. Il razzismo antimusulmano, ovvio e sottile, ed i fallimenti delle loro comunità ne hanno alienati troppi. L’auto-esclusione e l’esclusione sono due lame della stessa forbice. Ai giovani si nega l’intitolazione dei diritti democratici, sono stereotipati ed usati, e perciò provano una rabbia che è matura per essere sfruttata da altri. So che non è permesso fare questa domanda (almeno per molti) ma cosa ha trasformato Mohammad Sadiq Khan, istruito e padre affettuoso, in un terrorista? Mi dispiace, però non credo che sia stato semplicemente qualche turpe mullah. Qualcosa di più disturbante sta avanzando. Zulf, che è studente di medicina e fa parte dei “Musulmani inglesi per la democrazia laica” lo spiega così: “Nessuno vuol capire. Non siamo degli imbecilli, siamo solo seccati per quanto il giorno è lungo, perché non ci viene mai permesso di essere noi stessi. Fai questo, fai quello, non sei mai libero. Quand’è che i nostri diritti verranno rispettati, nelle nostre comunità e nel nostro paese?” Giusto, quando?

In effetti, la situazione segnala la mancanza di dialogo costruttivo non solo fra le elite e i funzionari del governo, ma anche fra i musulmani e i non musulmani quali intellettuali, studenti, genitori, e tutti gli altri segmenti che compongono ogni società. L’assenza di dialogo propaga l’ignoranza dell’altro, se assumiamo che un “altro” esista. E l’ignoranza crea la paura.

La cosa principale da fare è il decostruire gli elementi della paura che si originano dall’assenza di ponti sicuri fra la persone. Io non credo che le persone possano essere rinchiuse in compartimenti identitari, perché l’identità ti permette destinazioni differenti. Io potrei essere egiziana perché vengo da quella nazione, ma anche affiliata alle civiltà arabe, e sono orientata da elementi culturali musulmani, americani, europei, latini ed asiatici: e ognuna di queste culture si intreccia con le altre.

E’ possibile estrarre conoscenza da una sola fonte culturale, da una sola civiltà: ma la civiltà stessa è la confluenza di diverse esperienze umane, legate dal ricordarci che siamo tutti esseri umani. Chi pensa di poter ricavare l’intera conoscenza da un’unica fonte, chiude a se stesso le altre vie e crea un’enclave separata che genera non solo paura, ma odio e arroganza.



Lunedì, 05 maggio 2008