Canada - La questione dell’hijab
La scelta spetta alla donna

di Dakshana Bascaramurty (trad. Maria G. Di Rienzo)

Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione di Dakshana Bascaramurty, per Globe and Mail, 14.12.2007.

Quando aveva 11 anni, la figlia di Zeeshan Bazmi sedette a parlare con suo padre, e gli disse che si sentiva a disagio nel portare l’hijab a scuola, a Mississauga, dove la maggior parte delle sue compagne lasciavano libere le loro trecce. Il signor Bazmi, che definisce se stesso “un devoto seguace dell’Islam”, dice che lui e sua moglie ne furono seccati. “Non ci piaceva, non volevamo che lo togliesse.”, racconta. Questa storia risale a quattro anni fa, ma è tornata alla mente del sig. Bazmi di recente, nei giorni che sono seguiti all’omicidio dell’adolescente Aqsa Parvez a Mississauga. Aqsa è morta lunedì sera per “compressione del collo”, secondo il rapporto della polizia. Suo padre, Muhammad Parvez, è accusato di omicidio. Gli amici della ragazza uccisa sostengono che il padre e la ragazza si erano spesso scontrati perché Aqsa non voleva indossare l’hijab e rifiutava la nozione pakistana “tradizionale” di decenza.
Il sig. Bazmi dice che era fiero di vedere la figlia portare l’hijab in tenera età ma “Se non voleva più portarlo, non voleva e basta, e ha smesso.” E così la storia si è chiusa. La figlia in questione ha ora 15 anni, e le sue due sorelle più giovani hanno anch’esse deciso di non portare l’hijab, contro il volere del padre. Anche se costui spera che un giorno lo useranno di nuovo, dice che non vede il motivo di usare la forza: “Noi vogliamo che la religione venga da dentro.”
Il sig. Bazmi giunse in Canada nel 1975, quando aveva 19 anni. Suo padre diede inizio al “Forum d’amicizia fra Pakistan e Canada” circa vent’anni fa, e contribuì ad aprire un centro comunitario pakistano a Mississauga. Il sig. Bazmi ricorda che i suoi genitori, all’arrivo in Canada, erano a disagio rispetto allo stile degli abiti indossati dalla gioventù canadese. E aggiunge che molti genitori vanno oltre i limiti nell’aderenza alla dottrina religiosa: “Solo perché temono che i loro figli facciano qualcosa di male sono eccessivamente severi.” La moglie del sig. Bazmi non ha mai indossato l’hijab in vita sua, anche se il marito spera che un giorno lo faccia.
Gli amici della ragazza uccisa dicono che spesso scendeva dall’autobus con l’hijab e vesti larghe e lunghe, ma che giunta a scuola si cambiava e scopriva la testa.
Secondo lo sceicco Alaa El-Sayyed, imam della Società islamica del Nord America, con sede a Mississauga, sebbene le donne che indossano l’hijab rivestano una posizione più alta in accordo agli insegnamenti religiosi, la scelta finale spetta ad ogni singola donna.
Lo sceicco ed altri leader religiosi musulmani hanno dato ieri una conferenza stampa per ribadire che la morte di Aqsa Parvez non è da attribuirsi alla loro fede. “Il cuore della faccenda è la violenza domestica.”, ha detto Alaa El-Sayyed, “E noi, come musulmani e canadesi, dobbiamo affrontare il problema quanto chiunque altro.”



Domenica, 16 dicembre 2007