Conoscere l’islam
Ramadan e Islam

di Patrizia Kahdija Dal Monte

Riprendiamo questo articolo dal sito www.islam-online.it


Finisce l’estate con un certo sollievo da parte di alcuni ed ecco che già si affaccia un altro mese caldo, quello di  Ramadan, il cui nome significa proprio mese ardente, atteso con gioia e trepidazione da tutti i musulmani. Voglia di avvicinarsi di più a Dio, di purificarsi dai peccati… Dio ha voluto che questo sia il nome del mese dedicato al digiuno per il popolo musulmano… La parola evoca immediatamente l’idea del fuoco che brucia e illumina e questi infatti sono i due significati principali del digiuno musulmano, questo è un mese di rivelazione, memoria della discesa del Corano, avvicinamento dell’Altissimo alla storia umana con la rivelazione dell’ultima forma religiosa, che illumina  il cammino di ritorno al Creatore, alla forma originale dell’esistenza umana e nello stesso tempo questo mese è purificazione dai peccati, nel sacrificio dell’astenersi dalle cose buone che Egli ci ha donato e nel moltiplicarsi delle invocazioni. Fuoco e conoscenza come nell’esperienza del roveto ardente di Mosè, pace su di lui…. Fuoco e sacrificio come nell’olocausto e nei sacrifici antichi, come in quello del primogenito  di Abramo, pace su di lui, Dio trasforma in abbondanza la fede di colui che si affida…

Purificazione e rivelazione sono da sempre legate in ogni tradizione religiosa questa unità fa parte delle intuizioni religiose più antiche dell’anima umana… e nel cuore della purificazione data dal digiuno di un intero mese si trova proprio l’evento di rivelazione la Notte del Destino (Laylatu l-qadr), che reca con sé oltre alla conoscenza anche il perdono dei peccati.

Si tramanda da Abű Hurayra che l’Inviato di Allah (su di lui la preghiera e la pace divine) disse: “A chi veglia nella ‘Notte del Destino (laylatu l-qadr) con fede, e facendo conto, in Dio, della cosa, vengono perdonati i peccati passati.”

“...Nella laylatu l-qadr discese il Corano; secondo il Testo sacro tale notte «è meglio di mille mesi: in essa discendono gli angeli e lo Spirito con il permesso del loro Signore, portando ogni Ordine. Essa è pace, sino allo spuntar dell’alba» (XCVII, 3-5). Con la ’veglia’ (qiyâmu l-layl) in questa notte ha luogo un’attualizzazione della benedizione correlata alla discesa del Verbo divino, rappresentato e reso immanente dal Corano; si potrebbe osservare che tale ’attualizzazione’ si realizza per mezzo dell’incontro (in una dimensione che a buon diritto chiamiamo ’assiale’ e verticale) tra il tanazzala («discendono») del versetto coranico testé citato, che indica appunto una ’discesa’ spirituale in un momento particolarmente benedetto, e il man yaqum (letteralmente ’colui che si leva’ in posizione eretta e verticale) del presente hadith, che allude viceversa all’ ’ascesa’ dell’uomo verso le realtà superiori…”[1] 

Abbiamo già parlato ampiamente di queste due dimensioni del Ramadan in lavori precedenti, qui vorremmo tentare di approfondire un altro aspetto del mese benedetto e cioè quello del suo significato in rapporto all’islam stesso e alle altre realtà fondanti la religione islamica

Il digiuno del mese di Ramadan costituisce uno dei pilastri della religione islamica ed è quindi collegato a tutti gli altri, come uno dei sostegni di un’unica costruzione ed è volto verso il centro di essa e cioè l’attestazione dell’unità divina: lâ ilâha illâ Allah.

“…E comunque, l’islâm "è costruito (buniya) su cinque [pilastri]": lasciamo il significato letterale di buniya (che vuol dire anche ’si basa’ su...), per far meglio comprendere come qui l’Inviato di Dio (su di lui la preghiera e la pace divine) intendesse riferirsi ad un simbolismo ’costruttivo’, e in particolare al simbolismo della tenda. Dice Al-’Aynî: "Si può intravedere qui un’analogia, nel senso che il caso dell’Islam con i suoi cinque ’pilastri’ somiglia al caso della tenda, che è costituita su cinque pali: il ’polo’ attorno al quale girano gli altri pilastri è la l’attestazione secondo la quale ’non v’è divinità all’infuori di Dio’ (lâ ilâha illâ Allah), mentre le altre derivazioni della fede sono come i [restanti] pali della tenda, [in relazione al palo centrale]". E in effetti, come ricorda Al-’Asqalânî, nella tenda "uno dei pali è centrale, mentre gli altri servono da sostegni. Sin tanto che il palo centrale resta fissato, ciò che si definisce ’casa’ si considera ancora esistente, anche se qualcuno dei sostegni dovesse cadere. Se invece è il palo centrale a cadere, tutta la ’casa’ cade."  Il primo dei cinque pilastri, l’’attestazione di fede’ (shahâda), è dunque da considerarsi ’fondante’ rispetto agli altri. La shahâda è la pronuncia di una ’Parola’ (lâ ilâha illâ Allah Muhammad rasűlu-llah, ’Non v’è divinità all’infuori di Allah, e Muhammad è Inviato di Allah’) che procede dall’ambito intuitivo e contemplativo; gli altri quattro ’pilastri’ viceversa (e cioè "il compimento della preghiera" cinque volte al giorno, "l’elargizione dell’elemosina rituale", con la donazione annua di una quota fissa dei propri beni, "il pellegrinaggio" alla ’santa Casa’ di Mecca, col compimento degli altri riti del hajj, "il digiuno" del mese "di Ramadan" dall’alba al tramonto)  si pongono nel campo dell’azione, un’azione rituale proveniente come conseguenza necessaria dalla concezione di quella Parola, dalla sua pronuncia, e dalla ’fede’ in essa... Pare perciò evidente l’allusione a come la ’fede’ rappresenti la base fondante della forma tradizionale islamica, per cui parlando di îmân si parla in realtà dell’Islam stesso, ’costruito’ su cinque pilastri il cui cemento è rappresentato dall’intima conferma (tasdîq) della Rivelazione muhammadiana, un ’prestar fede’ che si interseca con le idee di ’sicurezza assoluta’ e di ’piena lealtà’ predominanti nella radice ’-m-n di îmân.”[2]

Esamineremo quindi il possibile significato del mese di Ramadan in rapporto al pilastro centrale dell’islam costituito dalla fede nel  Dio unico, il puro monoteismo che trova formulazione perfetta nella sura CXII, Al-Ikhlâs del Corano e nel riconoscimento della qualità profetica di Muhammad, pace e benedizione su di lui.. Passeremo poi ad evidenziare i suoi significati in rapporto agli altri tre pilastri della religione musulmana, la salat, la zakat, e il hajj.

1.Unicità divina e Ramadan:

 

Di’: «Egli Allah è Unico,

Allah è l’Assoluto.

Non ha generato, non è stato generato

e nessuno è eguale a Lui».

 

Questo è credere in un unico Dio… Il digiuno del mese di Ramadan ci appare particolarmente collegato alla terza delle negazioni espresse in questi versetti, precisamente a quella che esclude la somiglianza di Dio con il resto dell’esistente: wa lam yakun lahu kufuan ahad… “La delizia di colui che digiuna consiste nel suo attaccamento al grado di negazione della somiglianza”, dice  infatti ‘Ibn Arabi. L’andare verso Dio comporta un superamento del conosciuto, del mondano, Egli il Creatore non va confuso con loro, come per Abramo, le creature rimandano ad un Di più che si svela solo col loro tramonto:

Così mostrammo ad Abramo il regno dei cieli e della terra, affinché fosse tra coloro che credono con fermezza.

Quando la notte l’avvolse, vide una stella e disse: «Ecco il mio Signore! » Poi quando essa tramontò disse:« Non amo quelli che tramontano».

Quando osservò la luna che sorgeva , disse: «Ecco il mio Signore!». Quando poi tramontò, disse: «Se il mio Signore non mi guida sarò certamente tra coloro che si perdono!».

Quando poi vide il sole che sorgeva, disse:« Ecco il mio Signore, ecco il più grande!» . Quando poi tramontò disse : « O popol mio, io rinnego ciò che associate ad Allah!

In tutta sincerità rivolgo il mio volto verso Colui che ha creato i cieli e la terra : e non sono tra coloro che associano».

Nel digiuno  si vive questa dimensione di distacco dalle cose, dai piaceri, dagli stessi bisogni essenziali, per andare verso Colui che è al di là di tutte le cose…  tra il qui e il là, una continuità certo, ma anche una differenza infinita… “

Il digiuno è per Dio, per questo un famoso hadith recita: " Ogni azione del figlio di Adamo gli appartiene tranne il digiuno. Questo Mi appartiene, e lo ripagherò di ciò…”

E’ nella Trascendenza divina la speranza e la vita dell’uomo, non sono le creature che ci salvano, anche se esse ci sono necessarie per vivere, solo Dio è la Fonte di tutto, solo Lui basta, Egli è Ahad e Samad, questo dice il musulmano nel mese di Ramadan… Questo ha espresso anche un altro profeta, Gesù, pace su di lui,  nel suo digiuno, davanti alle tentazione nel deserto: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

Siamo creati e salvati da Dio, diverso da noi, il Trascendente, tanto Grande, Akbar, da poter infine saziare il desiderare dell’essere umano, tanto vasto non trovarci i confini, novità perenne, Misericordia infinita che copre ogni nostra mancanza, Lui che Solo non è soggetto al bisogno… nessuno si salva da se stesso o per opera di un uomo. Al-Bukhârî riporta da ’Â’iša un hadith nel quale il Profeta (su di lui la preghiera e la pace divine) dice: "Nessuno di voi si salverà per la sua opera." Gli chiesero: "Neppure tu, Inviato di Dio?" "Neppure io," rispose, "sennonché Dio mi ha ricoperto con la Sua misericordia. Tenetevi alla giusta misura, avvicinatevi, e operate all’aurora, di sera, e un po’ nella notte. Il retto proposito, in perfetto equilibrio! Il retto proposito! (al-qasd al-qasd) E otterrete!"

Questa giusta misura è evidente anche nel digiuno di Ramadan, che non è uno sforzo titanico e improponibile, alla sera e al mattino si deve  mangiare, poiché lo spirito della religione islamica è quello di facilitare le cose, non di renderle ardue, adatte solo a pochi eletti, come dice un altro hadith  riportato da Al-’Asqalânî: "Voi non otterrete questa cosa con la forza conquistante (al-mugâlaba); e [sappiate che] il meglio della vostra Religione è la facilità."

“ Ibn Abî Giamra, che dedica a questo hadith un lungo commento, ricorda i diversi modi in cui si può intendere la ’facilità’ di cui parla il hadith: la semplicità della fede, e dello stesso Islam, è ’facilità’; l’indicazione a seguire la sunna profetica (e i maestri che la insegnano) è ’facilità’; la differenziazione dei gradi spirituali (per la quale chi è agli inizi non deve seguire indicazioni che non capisce e che non potrebbe sopportare) è ’facilità’; le numerose facilitazioni della Legge sacra dell’Islam, che la differenziano dalle Leggi precedenti, sono ’facilità’; la ’scienza sacra’ e la sua ricerca sono ’facilità’ (mentre l’ignoranza è ’difficoltà’); l’esistenza e la liceità di diversi livelli di interpretazione del Corano e degli insegnamenti profetici è ’facilità’; l’indicazione a non seguire certe complicazioni interpretative caratteristiche dell’argomentazione razionale (e razionalista) è ’facilità’; il fiducioso affidarsi a Dio è ’facilità’; l’insegnamento profetico di evitare di fare troppe domande a proposito delle indicazioni ’legali’ (dando così troppa importanza all’aspetto precettistico della Religione) è ’facilità’; il non riporre le proprie speranze nel basso mondo è ’facilità’; la richiesta della soddisfazione (ridâ) è ’facilità’; la ricerca della certezza e il suo ottenimento sono ’facilità’; il lasciare l’anima (nafs) e le sue brame è ’facilità’; il puro orientamento a Dio (ikhâs) è ’facilità’. … In un hadith citato da Ibn Abî Giamra, il Profeta (su di lui la preghiera e la pace divine) rivolge ad uno dei suoi compagni questo consiglio: "Digiuna, e poi rompi il digiuno; levati [la notte a pregare], e poi dormi. Invero la tua anima (nafs) ha un diritto su di te, così come tua moglie ha un diritto su di te: e tu dà ad ognuno il suo diritto."”[3]

La seconda parte della professione di fede musulmana, dopo l’affermazione indivisa dell’unità divina, riconosce la qualità  profetica di Muhammad, pace e benedizione su di lui,  e nel fare questo accetta la rivelazione da lui ricevuta e l’esempio della sua stessa vita, come norma del suo cammino.

 Si tramanda da Abű Hurayra che l’Inviato di Dio (su di lui la preghiera e la pace divine) disse: “Per Colui che ha l’anima mia nella Sua mano: nessuno di voi avrà fede fino a quando non mi amerà più di suo padre e di suo figlio.”

“Nel hadith si allude evidentemente alla totale interiorizzazione della figura esemplare del Profeta come condizione per la perfezione della fede: essendo Muhammad prototipo dell’Uomo perfetto (al-insânu l-kâmil), il credente lo sentirà tanto più vicino (e lo amerà di conseguenza) quanto è maggiore la propria ’realizzazione’ interiore .”[4]

 E di questa religione che gli è sta rivelata il Profeta, pace e benedizione su di lui, dice in un hadith:

La Religione più amata presso Dio è la Tradizione pura, piena di indulgenza (al-hanîfiyyatu s-samha)”. L’espressione al-hanîfiyyatu s-samha costituisce una delle definizioni maggiormente pregnanti della missione muhammadiana (e dell’Islam in generale); essa si richiama agli hunafâ’ (plurale di hanîf), coloro cioè che nell’Arabia pre-islamica e pagana si dedicavano all’adorazione e praticavano riti come il pellegrinaggio alla Ka’ba e la circoncisione, secondo la ’Religione di Abramo’ (e cioè, si potrebbe dire, secondo la Tradizione primordiale nella sua riproposizione abramitica), pur non essendo né Ebrei né Cristiani.”

 Fanno parte di questa rivelazione fissata per sempre nel santo Corano la forma, la durata, i modi del digiuno. Noi digiuniamo in un modo particolare, che come dice il Corano si pone in continuità con le rivelazioni precedenti ma assume anche una forma propria e definitiva che è collegata agli altri pilastri dell’islam, secondo le linee cercheremo di evidenziare nella seconda parte, inch’Allah.


[1] Idris Ludovico Zamboni, Sahih Al Bukhari, libro secondo, ed. L’Orientamento.

[2] Idris Ludovico Zamboni, op. cit.



Domenica, 31 agosto 2008