Le paure dell’Islam (3)

di Rosario Amico Roxas

La democrazia occidentale è frutto della cultura umanistica, perfezionata dall’Illuminismo, epoca storica che il mondo arabo non ha vissuto. Oggi la Democrazia è concepita dal mondo arabo come un sistema politico occidentale, foriero di guerre, aggressioni e colonialismo.


In realtà nella cultura musulmana non c’è paura della democrazia, ma solo perché si tratta di una categoria politica non ancora ben conosciuta e capita.
L’idea di democrazia non si coniuga con l’ideale di libertà; anche questo ideale è ignoto alla cultura arabo-musulmana.
La libertà non è mai un’ideale astratto che compendia le massime esigenze dell’uomo; per il musulmano “libertà” si oppone a schiavitù, senza transitare dalle manifestazioni interiori che sono di appannaggio della cultura occidentale.
Quando Napoleone sbarcò al Cairo gli storici dell’epoca ebbero molti problemi a tradurre in arabo gli ideali della rivoluzione francese, in quanto Fraternità e Uguaglianza erano già ben noti essendo inclusi nel Corano, ma quanto alla Libertà non capiro neanche di cosa si trattrasse.
L’arabo non chiede libertà al suo sovrano, chiede piuttosto di essere ben amministrato con giustizia, e trattato con equità.
Quando combatte lo straniero colonizzatore non lo fa per la “Libertà” ma per l’indipendenza dallo straniero, supportata dal nazionalismo sempre presente nella cultura araba.
Manca, nella cultura araba, quel periodo storico che permise nei popoli occidentali il fiorire di una cultura predisposta verso concetti più dinamici, come libertà e democrazia.
Fu l’Umanesimo con la la libertà di pensiero, con la sovranità dell’individuo, con il diritto alla libertà d’azione, che generò nuove esigenze che furono poi perfezionate con l’Illuminismo.
Fu la differente concezione dell’individualismo che formò e consolidò culture diverse: l’individualismo occidentale è figlio dell’Umanesimo, mentre l’individualismo arabo è figlio della sua tradizione, per cui è individualismo di popolo e non di persone.
Anche gli intellettuali arabi del XIX secono guardarono con diffidenza alle ipotesi individualistiche, preferendo l’omogeneità di un popolo basato sul nazionalismo.
Fu il periodo oscuro del mondo arabo, che coincise con l’imposizione di un Occidente militarista, imperialista e colonialista; di fronte alle vessazioni scaturite dalle occupazioni occidentali, il nazionalismo arabo non potè far altro che rifuggiarsi nella sua storia e nelle sue tradizioni, rifiutando tutto ciò che proveniva dal mondo occidentale.
Le tradizioni arabe regredirono fino alle origini, riproponendo anche l’antica separazione tra sciiti e sunniti, che si era affievolita, con il riaffermarsi della lettura letterale del Corano che giunse all’integralismo religioso.
Nazionalismo difensivo in campo sociale e integralismo religioso si levarono a rappresentare l’individualismo di popolo che caratterizza il mondo arabo.
L’Occidente ha acuito queste forme difensive, insistendo con la logica della supremazia, così anche quella parte del mondo arabo aperto alla possibilità di integrazione con l’Occidente trova nello stesso occidente il maggior ostacolo, in quanto avalla le posizioni estremiste del nazionalismo e dell’integralismo, favorendo, addirittura, la loro fusione; in tal caso, quando il nazionalismo si fonde con l’integralismo scaturisce una miscela altamente esplosiva, poiché l’esigenza sociale di indipendenza dallo straniero finisce con il servirsi dell’intolleranza integralista della religione per armare le più crudeli rappresaglie.
Il mondo arabo si ritrovò nella impossibilità di costruirsi una evoluzione ad indirizzo umanistico, in quanto avrebbe dovuto mediare la propria storia con il patrimonio culturale del colonizzatore, a rischio di perdere la propria unità ed entità; così l’esigenza di unità della cultura araba si ritrova, ancora oggi, a dover rispettare le diversità fra le sue variegate differenze, che tentare una strada di integrazione, per non restare soffocata dalla sua storia e dalle sue tradizioni, che sono poi i loro hudud culturali, con i quali vengono esorcizzate le violenze coloniali dell’Occidente.
Praticamente venne contestata la “libertà di pensiero” propugnata dai colonizzatori, in forza del proprio patrimonio razionalista, a vantaggio della “libertà di essere diversi”, come frutto del rifugiarsio nella propria storia.
Quello che i governanti arabi non compresero fu che, escludendo la “libertà di pensiero”, cioè la razionalità in costante sviluppo, il popolo si sarebbe indebolito sempre più, fino a diventare quella massa disabile e impotente che le due guerre del Golfo hanno mostrato in diretta TV.
E’ per questa ragione che le guerre contro i popoli arabi hanno sempre due fasi; la prima quando l’Occidente scatena la sua tecnologia bellica contro eserciti in fuga e popolazioni indifese; la seconda quando l’arroganza dei vincitori della prima fase della guerra stimola la fusione tra nazionalismo storico e integralismo religioso, allora esplode quella miscela che lo stesso Occidente ha innescato.
Questa seconda fase è una guerra che la tecnologia occidentale non potrà mai vincere, perché condotta ai limiti ultimi della esasperazione, al punto di trasformare gli uomini in bombe umane. !
Sempre più, così, l’ideale democratico diventa diramazione dell’Occidente, di quell’Occidente che da solo si è dichiarato “il nemico”.
Il mondo arabo non ha avuto alcuna possibilità di istruirsi su punti essenziali, come la sovranità dell’individuo svincolato dalla massa e la libertà di opinione, che costituiscono la base culturale dello sviluppo umanistico; né l’Occidente ha mai cercato di fornire elementi di istruzione, mandando sempre avanti le proprie pretese colonialiste o neo-colonialiste.
Non per nulla i popoli arabi, e nella stessa dimensione anche i popoli del terzo mondo, hanno trovato senpre governi militari o sostenuti dai militari. Gli intellettuali, che avrebbero potuto modificare l’itinerario verso una diversa composizione sociale, sono sempre stati trascurati dall’Occidente e trattati come agenti del nemico all’interno, in quanto portatori di nuove ideologie, come l’esigenza di tenere separate le sfere sociali del nazionalismo con le quelle religiose dell’integralismo.
Così non avvenuta la rottura con quel passato medioevale che usava il sacro per legittimare e mascherare anche governi arbitrari o dittatoriali come nel caso di Saddam in Iraq.
L’Occidente aveva tutto l’interesse ad ostacolare lo sviluppo in senso culturale, perché così sarebbe rimasta quella massa indebolita e impotente, tenuta sotto controllo da una sola persona, più facilmente manovrabile e ricattabile, altrimenti facilmente removibile con la forza, in quanto non avrebbe mai avuto il sostegno del suo popolo.
La guerra civile che si è scatenata in Iraq non è una guerra di religione tra sciiti e sunniti; non è una guerra tra sostenitori di Saddam e suoi avversari; è una guerra tra una minoranza che accetta la presenza americana perché inglobata nel sistema emergente di pubblici latrocini e la maggioranza che vuole l’indipendenza e il rispetto della propria sovranità nazionale.
Quello che l’Occidiente non ha saputo prendere in considerazione è stata la conseguenza che ha generato e provocato, e, cioè, proprio quella fusione tra nazionalismo e integralismo che non è promosso dalle masse popolari, ma può riuscire a coinvolgerle in quella che è diventata una shari’a, una guerra santa contro l’invasore e chi lo sostiene.
La democrazia è diventata così una diramazione del nemico e non esiste neanche un termine arabo che la identifichi, così come altri prodotti occidentali non hanno un corrispettivo arabo.
Democrazia in arabo si chiama dimuqratiyya, così come automibile si chiama tumubil (esiste la parola araba siyara, ma nella mia permanenza più che decennale nel mondo arabo non ho mai sentito un meccanico dire siyara); lo stesso dicasi per tilifun, tilivisiun.
Ma ciò non va visto come accettazione di quel nome a preferenza del corrispettivo arabo che pure i glottologi si sono sforzati di creare, ma come accettazione di quell’oggetto che è entrato nell’uso comune, cosa che non è accaduto per la democrazia, respinta, secondo la loro ottica, perché metodo politico occidentale, foriero solo di guerre, di aggressioni e di colonialismo



Martedì, 23 ottobre 2007