Ancora sulla questione del "velo"
Una nostra scelta un nostro diritto

di amina salina

E’ riesplosa la polemica sul velo islamico, sia nella sua versione piu’ integrale-niqab- sia nella sua versione piu’ semlice e shariaticamente corretta -hijab. Si e’ parlato impropriamente di burka il vestito che indossano tradizionalmente le donne afghane retaggio di una cultura lontana sia da quella arabo-islamica tradizionale sia da quella occidentale. Si tratta invece del dibattito sulla liceità del niqab quel rettangolino di stoffa col quale alcune donne musulmane si velano il viso lasciando scoperti gli occhi e che agli occhi di molti politici nostrani di destra e di sinistra e’ diventato sinonimo di schiavitu’ e di sottomissione al maschio-padrone. Soltanto Rosy Bindi ed il ministro Ferrero hanno riportato la questione ai normali livelli parlando del niqab come una scelta personale che non sottende assolutamente integralismo ne’ fanatismo e che non puo’ essere vietata per legge. Sorprende che le femministe - le quali hanno sempre difeso il diritto di autodeterminazione della donna - non abbiano nulla da dire sul tentativo dello Stato di appropriarsi del corpo della donna musulmana legiferando sul modo di vestire di quest’ultima. In nome di una libertà malamente intesa in uno stato laico dove si puo’ fare di tutto e di piu’ l’unica che ci rimette e’ la donna musulmana praticante che non vuole rinunciare alla propria scelta religiosa per adeguarsi alla mentalità corrente. Siamo arcistufe di vederci dipingere dalle varie Santache’ e Sbai di turno come delle cretine incapaci di scelte autonome sottomesse al maschio-padrone. Ci sono migliaia di famiglie PER BENE che praticano l’Islam senza essere fanatici ne’ terroristi senza imporre niente a nessuno ma avendo ben chiaro il DIRITTO ALLA PROPRIA RELIGIONE E CULTURA. Ci sono cinquantamila musulmani italiani uomini e donne perfettamente inseriti nel tessuto sociale che sono stufi di nascondersi per non vedersi rovinare la carriera e per non essere apostrofate - se donne velate - dai soliti islamofobi di turno.
E da che pulpito viene la critica, da politici che governano una società dove droga, schiave prostitute, usura, abuso di alcool e gioco d’azzardo sono pane quotidiano.!! Da politici che non riescono a offrire alcuna soluzione seria ai problemi sociali e per mascherare la loro incapacità usano la paura dello straniero e l’islamofobia. L’Islam non ha clero e non conosce bolle papali. Per questa ragione nessun ulema puo’ imporre - anche se volesse - il suo punto di vista agli altri e nessun marito puo’ imporre il velo alla sposa o alla figlia.
La donna musulmana e’ infatti libera di coprirsi come vuole a seconda della sua sensibilità e del suo livello religioso.
All’interno di questa libertà - che presuppone un rapporto personale con Allah - s. w. - la donna puo’ scegliere la copertura islamica che le garantisce modestia e purezza senza farla sentire un estranea agli occhi dei non musulmani. La scelta dell’UCOII di consigliare l’hijab piuttosto che il niqab - che e’ facoltativo - risponde all’esigenza della donna di non sentirsi esclusa dal tessuto sociale e degli interlocutori della donna stessa che possono parlare con lei senza in alcun modo commettere un atto sconveniente, purche’ lo facciano con il dovuto rispetto. Vorrei sottolineare ulteriormente questo rispetto che l’Islam ha per la donna che sia figlia, sposa, madre - atteggiamento che permea tutta la vita della musulmana. Noi siamo persona e non un sesso ne’ tantomeno una riserva indiana, vogliamo valere per la nostra fede, intelligenza e probità e non per il nostro corpo.
Nonostante la difficoltà della battaglia per l’integrazione delle donne musulmane in Occidente, nella maggioranza dei paesi occidentali ed in molti paesi islamici la donna ha un ruolo preponderante sia in casa che fuori casa non di rado come imprenditrice, esponente politica o comunque donna di successo, senza affatto rinnegare la propria fede ma anzi valorizzandola. E’ da questo modello di donna lontana sia dalla figura tradizionale della donna madre e padrona di casa sia dal ruolo della donna occidentale tutta glamour e carriera oppure mascolinizzata, che nasce la difficoltà dell’occidente a rapportarsi a questo tipo nuovo di donna musulmana. Certo e’ piu’ facile per media e politici rapportarsi alla wonderwoman del mercato o viceversa all’angelo del focolare, che sono l’una il rovescio della stessa medaglia. E’ questo il motivo principale perche’ questo tipo di donna musulmana religiosa ed attiva in tutti i campi della società viene sempre ignorata mentre si dà grande spazio alle occidentalizzate, come Souad Sbai, oppure alle vittime di violenza - che sono comunque una minoranza sia tra le musulmane sia tra le non musulmane. Si dice che il problema fondamentale della donna musulmana non e’ il velo ma l’istruzione e l’integrazione ma intanto si nega o si restringe il diritto al velo, si mette comunque ogni ostacolo all’ingresso della donna musulmana velata nel lavoro dipendente perche’ si pensa che la donna scoperta attiri clienti e la donna velata poco appetibile sia da scartare. Siccome e’ persona e non corpo meglio che stia dentro casa. Ha ragione Beppe Grillo, ma quale emancipazione... meglio l’emancipazione con l’hijab.
Nel panorama politico emerge il falso dibattito sull’imposizione o meno del velo alle minorenni. Immaginate se qualcuno aprisse una diatriba con la Chiesa cattolica sull’opportunità di battesimo cresima o comunione ai bambini ed alle bambine. Si aprirebbe un uragano di proteste. Alleanza Nazionale e’ riuscita a fare lo stesso con noi senza che alcuno abbia fiatato in campo islamico, anzi qualche musulmana particolarmente ingenua, come Nacera Benali, si e’ detta anche possibilista sul progetto di legge che prevedrebbe l’obbligo di togliere il velo alle ragazze minorenni perche’ si presume sia imposto. Ora chi ha qualche dubbio dovrebbe vedere su youtube il documentario spagnolo Hiyab, vedere gli occhi della bambina musulmana alla quale e’ stato proibito l’uso del velo a scuola. Una violenza bella e buona. Chi vuole attuare questa violenza si dice favorevole alla libertà ed invece vuole sradicare la fede dal cuore dei musulmani ma certamente questa fede si rafforzerà a causa di queste violenze morali. Scardinare l’uso del velo, permettere liberamente alle ragazze di far tardi la sera con i ragazzi fino alle due di notte non si sa a far cosa, permettere loro di frequentare le discoteche dove droga, sigarette e alcool sono imposte dal sistema, permettere che non studino e sprechino la loro giovinezza in discorsi senza senso, significa distruggere dalle radici la pratica religiosa, aprire la porta a droga uso ed abuso di alcol, cibi impuri e comportamenti abominevoli, distruggere la voglia di studiare e di lavorare e creare dei disadattati a vita. L’Islam non e’ mezz’ora di ginnastica al giorno, come credono le "musulmane" che hanno appoggiato questo disegno di legge, e’ dare per intero la propria vita ad Allah e fare interamente quello che Lui ci dice di fare. Non c’e’ spazio per l’impudicizia, la promisciutà sessuale e l’illecito di qualsiasi natura tra i musulmani. Non c’e’ spazio per chi non studia e non lavora, per chi non ha una disciplina di vita, per chi vive senza un perche’.
La libertà va coniugata con la responsabilità verso Allah prima che verso se stesso o i propri genitori e parenti.
A meno che non sia vittima di costrizione - come accade a molte musulmane italiane vessate dalla propria famiglia atea o dai datori di lavoro intolleranti - il velo e’ una pratica auspicabile sulla quale non si puo’ abbassare la guardia. I genitori hanno tutto il diritto di educare la prole alla propria fede, anche se questo significa vivere diversamente dalla massa altrimenti saremmo un paese di pecoroni e non persone libere. Se l’educazione islamica significa il velo, la separazione tra i sessi - quel poco di separazione che previene l’inmpudicizia - la preghiera quotidiana, il digiuno e sia in Italia come in Arabia Saudita o al polo Nord. E l’educazione religiosa dei nostri figli e delle nostre figlie la loro castità - quella dei maschi come quella delle femmine - la loro onestà e’ l’unica nostra ricchezza. E’ quella che distingue l’essere umano dotato di fede e ragione dall’animale o dal perverso che agiscono solo per istinto. E’ un sacro dovere e un diritto dei nostri figli. E’ una educazione completa che forma buoni musulmani e buoni cittadini, persone che si astengono dal male anche se e’ permesso e che fanno il bene anche laddove sia vietato. Guai a chi cerca di togliercela.
salam

amina salina



Luned́, 15 ottobre 2007