PALERMO
«Non chiamateci terroristi»

Vivere a Balarm, la città delle 300 moschee


di Luca Insalaco

Ringraziamo Luca Insalaco per averci messo a disposizione questo articolo pubblicato sul settimanale “Centonove” del 28 settembre 2007.


PALERMO. I recenti arresti di Perugia per terrorismo, le bombe contro le moschee lombarde, il “maiale-day” invocato da Calderoli sono lontani dalla Palermo multietnica e dalla sua comunità islamica. Secondo i dati forniti dal Viminale, la Sicilia è la regione che vanta il maggior numero di moschee, ben 38, a fronte del minor numero di scuole coraniche, soltanto due. In quella che gli arabi chiamavano Ham satul el Huasl, anello di congiunzione tra cul­ture, popoli e religioni, la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani affon­da le proprie radici nella storia. Se mille anni fa era chiamata Balarm e co­nosciuta come “la città delle trecento moschee”, oggi Palermo presenta an­cora una delle comunità islamiche più numerose in Italia. È nel centro stori­co cittadino che si registra la maggiore concentrazione di immigrati extra­comunitari residenti ed è qui che sorge la moschea cittadina. Immersa nel quartiere popolare del Capo, a due passi dallo storico mercato, la moschea palermitana è l’ex-chiesa del ’500 di S. Paolino dei Giardinieri, ceduta nel ’91 dall’omonima confraternita allo stato tunisino grazie alla mediazione della Caritas ed al placet dell’allora cardinale Pappalardo. Il tempio islamico accoglie un centinaio di fedeli che una volta la settimana si radunano per pregare. A guidare la preghiera congregazionale del venerdì è l’Imam Slaheddine Houidi. È lui il punto di riferimento istituzionale della co­munità islamica in Sicilia, dove per il suo ruolo culturale è chiamato sovente a partecipare ad incontri ed eventi volti a favorire il dialogo interreligioso. Un dialogo costante quello con il mondo cattolico, come dimostrano l’istituzio­ ne presso la Curia di una commissione per i rapporti con l’Islam e il Centro Santa Chiara, creato dal salesiano Don Baldassare Meli, che in quasi vent’an- ni di attività ha accolto tanti immigrati. Frequenti anche i visitatori non mu­ sulmani al tempio, come testimonia un fax appena giunto che Houidi mostra: la richiesta di autorizzazione per una visita da parte degli studenti della Fa­ coltà Teologica cittadina. L’Imam spiega che la moschea è aperta alla pre­ ghiera solo il venerdì a causa degli orari di lavoro di molti fedeli, impegnati nei campi oppure nei ristoranti, ma che per tutto il periodo del Ramadan - il mese sacro di digiuno (Sawm) e purificazione iniziato il 13 settembre - le porte del tempio saranno aperte ogni notte, anche per quei palermitani che in questo periodo sono soliti unirsi a loro per la cena. Poi, per il resto dell’an­ no, chi vuole può osservare gli altri precetti come la preghiera (Salat) da re­ citare cinque volte al giorno. Più difficile invece, come dicono alcuni fedeli appena terminata la preghiera, il pellegrinaggio alla Mecca (Hajj), il quinto pilastro dell’Islam che, per motivi di salute o più spesso per mancanza di sol­ di, molti non possono permettersi neppure una volta nella vita come pre­ scrive il Corano. Si coglie una certa amarezza nelle loro parole per le accu­ se di terrorismo e le sempreverdi polemiche che li interessano. E’ l’Imam a ribadire che i terroristi “non hanno capito niente del Corano”. “L’Islam - spie­ ga la guida spirituale - è una religione di pace, si basa sulla tolleranza, sul­ la solidarietà, valori in comune con le altre due religioni monoteistiche. Il com­ portamento è il tratto unificante: chi si comporta male nei confronti del pros­ simo non godrà della vita eterna”.

Luca Insalaco



Giovedì, 08 novembre 2007