INTERCULTURALITÀ. Il Radaman di una piccola comunità di senegalesi e marocchini
Musulmani di Messina

DI MICHELE SCHINELLA

Un mese di digiuno per provare le sofferenze dei più poveri. Alla sera, tutti alla stessa tavola per consolidare i rapporti di fratellanza. Qui dove gli echi delle polemiche suonano lontani


Ringraziamo Luca Insalaco per averci messo a disposizione questo articolo pubblicato sul settimanale “Centonove” del 28 settembre 2007.


MESSINA. Dall’alba al tramonto, dalle 5 del mattino alle 19 della sera. Non si può mangiare, bere e fumare (in genere vietati sempre), avere rapporti sessuali. Per 30 giorni, quest’anno dal 13 settembre al 12 ottobre, non si possono soddisfare tutti quelli che sono bisogni fisiologici e, al tempo stesso, piaceri. Ma per i musulmani il ramadan non è una triste e angosciante penitenza. «Non si tratta di formali precetti religiosi. Piuttosto, di un atto di purificazione, un modo per avvicinarsi a Dio fortificando la pazienza e provando la sofferenza delle persone che hanno di meno», esordisce Mohamed Khodrì, imam (guida) della comunità islamica di Messina.
Nella tradizione islamica il ramadam ha anche un valore sociale. Come una festa. Un’occasione di condivisione, che consolida i rapporti di fratellanza, e si consuma attorno alle vivande. Nella moschea, uno scantinato adattato alla meglio, in via Torrente Trapani, una decina di musulmani attendono che si facciano le fatidiche 19. Unica prescrizione per entrare: levare le scarpe. Su una tovaglia stesa sul pavimento sono già sistemate le pietanze. L’Imam invita l’ospite a dividerle non senza scusarsi per “la povertà del cibo”. Datteri, zuppa di legumi, pane e pizza fritta, uva. Nella moschea non c’è neanche una donna.«Le donne preferibilmente pregano a casa - spiega Mohamed, sposato con una donna italiana cattolica - Ma nessuno impedisce loro di venire alla moschea. Devono però stare separati e nelle file dietro gli uomini. Non si tratta di una discriminazione, come il pregiudizio occidentale indurrebbe a credere. Per noi la preghiera è un momento di abbandono totale ad Allah che la promiscuità o il vedere dinanzi il corpo femminile piegato potrebbe impedire. Satana esiste e si insinua in ogni luogo. Solo a La Mecca, luogo inviolabile, ciò non può succedere ed, infatti, le donne e gli uomini pregano fianco a fianco. Credo - sottolinea - che noi diamo maggiore valore alla donna di quanto non facciate voi che ormai considerate la donna una merce in esposizione».Nella comunità islamica di Messina, gli echi delle polemiche scatenate dalla provocazione del "maiale day" del leghista Calderoli, e poi, a seguire, prima dalla relazione del ministero degli Interni che prefigura il pericolo che le moschee diventino luogo di propaganda terrorista e, poi, dalle dichiarazioni di esponenti della maggioranza di centrosinistra secondo cui gli iman dovrebbero essere in possesso di laurea, sono giunti piuttosto flebili. Mohamed Sadeq, l’imam vicario, comunque ci tiene a replicare: «Per noi il maiale è un animale che rappresenta la sporcizia, l’impurità. Anche studi medici confermano la nocività di questa carne. Così come è nociva la carne di animali uccisi senza farli soffrire o senza aver fatto fuoriuscire il sangue (in città sono nate due macellerie che rispondono a queste regole, ndr). Alle provocazioni stile alderoli siamo ormai abituati in tutto il mondo. Tutti gli Imam - rimarca - hanno studiato teologia. Quanto al terrorismo noi come si può vedere non abbiamo niente da nascondere. In questa città non abbiamo, nel complesso, molti problemi di convivenza». La comunità islamica di Messina (costituta per lo più da marocchini senegalesi) vive abbastanza serenamente il sentimento religioso. «Certo, disporre di una moschea più grande non sarebbe male», conclude Sadeq. La cena è interrotta dal mohazin, il richiamo alla preghiera, che inizia dopo una breve predica dell’Imam. Quando sono presenti i messinesi convertiti, una decina in tutto, si tiene in italiano. La sala intanto si è riempita. Alla spicciolata sono giunti altri fedeli. Tutti si inchinano in direzione di La Mecca. L’ultimo è Aziz, un ragazzo marocchino di 16 anni, da 3 in Italia con il padre, gli occhi neri e tristi. Prima di unirsi agli altri confida: «Vorrei tornare in Marocco. Da tre anni non vedo mia madre. Mi manca molto. Lei non può raggiungerci perché deve occuparsi di sua madre malata».



AAA cercasi luoghi di culto per religioni diverse
MESSINA. Cercasi luogo di culto per religioni diverse da quella cattolica: islamica, buddista, ortodossa. Da anni se ne discute ma nella città dello Stretto non se n’è ancora fatto nulla. Le amministrazioni che si sono succedute alla guida della città non sono riuscite ad andare oltre le buone intenzioni e le manifestazioni di sensi­ bilità. Dino Calderone, copresidente di Anolf Cisl, che insieme ad Arci e Caritas, tut­ te associazioni di tutela dei diritti dei migranti si è battuta in ogni sede su questo terreno, spiega : «Queste comunità religiose non chiedono niente gratuitamente. Chiedono solo che l’amministrazione li aiuti a trovare un luogo adeguato alle loro esigenze che sono anche di aggregazione. E’ così che si facilita l’integrazione e si crea una convivenza armoniosa. Il rispetto delle differenze impone che non sia ad un unico luogo per tutti, polifunzionale». (M.S.)



Giovedì, 08 novembre 2007