IL LETIMBRO / DIOCESI SAVONA E NOLI
Zahoor Ahmad Zargar: «Per noi musulmani il papa promuove la fratellanza»

di p.r.

giugno 2008

IL dottore Zahoor Ahmad Zargar, originario del regione indiano  del Kashmir, ma ormai cittadino italiano (e savonese), e da otto anni presidente della comunità dei musulmani della Liguria. Uomo molto at­tento al rispetto della libertà religiosa, ha vissuto con molto interesse la visita del Papa in Liguria, nonostante l’impossibilità, per i tempi stretti previsti dal protocollo, di veder concretizzarsi il desiderato incontro fra Benedetto XVI e la comunità islamica.

Zargar, lei come vede la figura di questo Pontefice?

"Sicuramente è un grande intellettuale, ma per valutare il suo pontifica­to ci vuole tempo. Noi però siamo fiduciosi, perché crediamo che sia un uomo per la pace, per la fratellanza e per l’integrazione; basti ricordare che in occasione del famoso discorso di Ratisbona, la Comunità islami­ca italiana non protesto, credendo sincere le scuse del Papa. Del resto non vi sarebbe stato motivo per non credergli".

Il Papa, nella sua omelia durante la celebrazione della Messa in piazza del Popolo, riferendosi alle Scritture ha sottolineato come l’essenza di Dio sia la misericordia, che è un sinonimo di amore. Concorda?

"Dio è amore, certo! Se non fosse amore cos’altro potrebbe essere? Il Papa fa bene a ricordarlo e a richiamare i fedeli verso questo Amore. E’ suo dovere morale dare coraggio, soprattutto ai giovani, perché si spendano per il bene della società. Anche noi invitiamo le persone a venire  verso Dio, non solo con la preghiera ma anche attraverso l’amore nei confronti del prossimo, andando a visitare gli ammalati, ad esempio, Voi non leggete, forse, quel brano che dice’ ho avuto fa­-

   ( me e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere’? Per noi è la stessa cosa".

     I timori che Benedetto XVI nutre nei confronti di una modernità sempre più segnata dal ma­terialismo, dal laicismo e dal relativismo, come sono vissuti da voi?

"La nostra religione non conosce l’ateismo, o al­meno molto difficilmente si trova una persona che non creda in Dio: magari la gente non è pra­ticante, ma atea quasi mai. Su questo punto tro­vo delle differenze rispetto al cattolicesimo dove, forse, l’eccessiva gerarchia e il ’fasto’ potrebbero allontanare la gente dalle chiese. Se questi elementi fossero presenti da noi la gente scapperebbe dalle moschee. Per noi Dio è semplicità, senza mediatori. Ma i tempi sono comunque difficili da tutte le parti e per ogni religione. Una volta sicuramente era più fa­cile credere in Dio: non c’era niente e Dio poteva davvero rappresenta­re tutto; ora, invece, si ha tutto".

Nella lettera che ha consegnato al Santo Padre c’era un forte ri­chiamo ai valori della reciprocità e del rispetto tra le diverse religioni. Si pùò davvero anche camminare insieme?   -

. "Le religioni devono essere per il bene dell’uomo. Se l’obiettivo è co­mune perché non lavorare insieme? Per questo motivo riteniamo im­portante instaurare una relazione costruttiva con la chiesa. lo sono per la libertà religiosa ovunque si vada, perché credo che ciascuno sia libe­ro di professare la propria fede religiosa. Ci tengo, però, a precisare due cose: la prima è che la reciprocità non deve essere chiesta a noi (in­tesi come Comunità islamiche) ma ai governi; la seconda è che un cam­mino di reciprocità deve tendere al buono, al bene, e a questo uniformarsi. Se vi sono paesi arabi in cui si ammazza chi professa una religione di­versa dall’ islamica, non per questo bisogna uniformarsi a questa modalità violentà di intolleranza".

p.r.



Domenica, 08 giugno 2008