Io ti ho fatto e io ti distruggo

Dacia Valent a prosito di Hina Saleem


di Dacia Valent

giovedì, 17 agosto 2006 | 18:39
Vediamo di capirci: davvero pensate che ci si beva la storiella secondo la quale il corteo di piagnucolosa - ed indignata - condanna del gesto crudele e disumano di Mohammed Saleem provi un minimo di pietà per Hina Saleem?
Se Hina fosse stata una giovane musulmana tradizionalista, ed avesse deciso di vivere con un bravo ragazzo musulmano tradizionalista, crescendo bravi bambini musulmani tradizionalisti, e fosse stata uccisa da un rapinatore perché ribellatasi invece di giacere supina come gli altri rapinati o magari da un poliziotto perché non si era fermata ad un posto di blocco, nessuno delle prefiche odierne troverebbe fossanche una parola di cordoglio.
Questa vittima, invece, è “un cadavere spendibile”: per lei nessuno passerà le immagini della fossa nella quale l’hanno sepolta, o le macchie di sangue della sua camera da letto, alla lente di ingrandimento, no, lei è il simbolo, la prova defunta, che la maggioranza delle musulmane vorrebbero abbracciare i valori occidentali, diventare veline, farsi qualche pera ogni tanto, ed in quanto apostate rischiano di essere uccise da un barbuto.
Nessuno di questi lacrimanti moralizzatori si è posto il problema di capire che, oltre alla religione, ci sono mille altre, piccole ed impercettibili, correzioni di rotta che hanno portato Mohammed Saleem a trasformarsi da padre magari burbero ma pur sempre amorevole come di solito sono i padri, nell’assassino di sua figlia.
La vita di una ragazza che - generalmente - sarebbe stata la disperazione della sua famiglia è stata annichilita dalla mano di suo padre, certo, ma anche dall’ignoranza e dal gap esistente tra i genitori ed i parenti arrivati da poco (cresciuti altrove, con altre tradizioni e metodi educativi), e il suo essere cresciuta in questo paese.
Qui Hina - e tutte le altre piccole e grandi Hine - aveva acquisito una percezione diversa della vita e di ciò che da essa si aspettava, affrontandola in maniera forse più liberale, forse più spudorata.
Ebbene, la sua povera vita spezzata è diventata un altro terreno dove coltivare la pianta dell’odio per i musulmani.
Nessuno, però, che si fermi a analizzare la contiguità tra cose che accadono anche in una miriade di famiglie italianissime e cristianissime: incapacità di dialogo, una figlia sempre più distante, un padre che non capisce perché le cose siano cambiate così, un fidanzato (in questo caso italiano, che di regola è l’orgoglio delle famiglie immigrate ed anche una porta per la cittadinanza) che però di sposarla non vuole sentirne parlare, magari ex tossicodipendente con problemi di giustizia, una ex-bambina per la quale si erano immaginati ben altri scenari che torna a casa ogni settimana, con un tatuaggio in più, con un altro piercing, che si teme abbia cominciato a drogarsi.
Certo, non è giustificabile. Certo, è orribile. Certo. Ma quell’uomo è un’eccezione, non la regola.
Io penso anche a Jennifer Zacconi, prima venduta dalla sua famiglia ad un uomo molto più vecchio di lei, in cambio della remissione di un debito e quindi sepolta viva con la sua creatura in grembo, per difendere l’onore del suo amante.
Io penso anche a Bruna Morabito, giovane avvocato sopravvissuta per miracolo a 4 colpi sparatigli alla testa da suo fratello, perché colpevole di aver avuto un figlio senza essere sposata, e così aver macchiato l’onore della sua famiglia.
Io penso anche a Samuele Lorenzi, un bimbo ucciso da sua madre perché questa donna temeva che fosse ritardato, e che con la sua stesa vita macchiava l’onore della famiglia.
Mohammed Saleem, facendo un grosso sforzo, una giustificazione potrebbe averla, magari perché non ha goduto della ricchezza dell’istruzione in questo paese, forse perché è cresciuto in un paese dove i rapporti tra padri e figli si basano su una ferrea prassi di potere che qui non c’è, certamente perché la religione diventa un rifugio di fronte al rifiuto della società ospite di integrare questi nuovi futuri cittadini, quando accetta si il loro duro lavoro ma nega loro identità ed accoglienza.
Ma quale è la giustificazione di Lucio Nieri, Giovanni Morabito e Annamaria Franzoni? Loro sono cresciuti nella religione dell’amore, hanno vissuto imbevuti nei valori occidentali fin dal loro primo vagito, hanno avuto Raffaello, Dante, il Rinascimento, il Manzoni, la Capella Sistina e la libertà di stampa e le libere elezioni e di tutto e di più.
Facciamo a capirci davvero: hands off da Hina, la necrofilia potrà essere uno sport che amate praticare, dalle ammucchiate con gli ebrei di Auschwitz alle raccolte di fotografie necropornografiche da scandagliare al microscopio per accertare che quel preciso bambino libanese non si sia in realtà suicidato per gettare la colpa sulla democrazia ebraica.
A voi piace farvi scudo dei morti per giustificare altra morte, altri sacrifici al vostro Moloch. A me, francamente, fate schifo.
Dacia Valent
http://orabasta.iobloggo.com/



Venerdì, 18 agosto 2006