Conoscere l’Islam
Circa l’inferno

di di Patrizia Khadija Dal Monte

Riprendiamo questo articolo dal sito www.islam-online.it


 1.     La situazione culturale odierna

Se questa società il paradiso cerca di assicurarselo in terra, riguardo all’inferno emerge nei vari linguaggi, soprattutto in quelli legati all’arte o alla pubblicità, più che la sua negazione una certa ambiguità amore-odio, si tenta di immunizzarsi contro di esso raffigurandolo come  un luogo di “estremo libertinaggio”… (diavolesse ammiccanti che promettono un inferno all’insegna della trasgressione godereccia)

“… dicono che il cielo

ti fa stare in riga

che all’inferno si può far casino

mentre il purgatorio te lo devi proprio infliggere…” (Happy Hour, Ligabue)

 

o addirittura nelle forme di rock duro si esaltano compiacenti intrallazzi con le forze oscure del male…

Anche la riflessione teologica attuale della Chiesa, appare connotata da un discorso che, in generale, tende a mitigare l’idea dell’inferno  “pensandolo solo come possibilità remota, ovvero vuoto” [[1]],  o ancora ponendo in primo piano un auto-giudizio dell’uomo, in modo da salvaguardare un’immagine “dolcificata” di Dio, infine pensandolo come per il paradiso in un’assenza di fisicità, come “stato dell’essere”:

“Confesso che non mi persuadono alcune delle proposte della teologia più recente che a me paiono soltanto degli alibi o delle scappatoie. Che l’inferno ci sia, ma che nessuno può dire che ci sia dentro qualcuno, non avendo la Chiesa stabilito nessun "canone" dei dannati, anche se sant’Agostino parlava con troppa disinvoltura della massa dannata, mi pare come farne soltanto una specie di spauracchio per gli ingenui. E negare che l’inferno sia un luogo, che come tale non sarebbe molto diverso dalle bizzarrie fabulatorie di molte religioni, ma dichiarare che sia l’alternativa spaventosa di una scelta dell’uomo stesso che ha rifiutato di riconoscere il suo Signore Iddio, mi pare francamente che non porti un contributo serio né alla scienza dell’uomo, né al patrimonio cristiano delle verità rivelate. Non un "luogo", dunque, che essendo eterno esigerebbe d’avere in Dio la sola sua causa possibile, ma, si dice in questa ulteriore proposta teologica, "uno "stato", un "modo di essere" della persona, in cui questa soffre la pena della privazione di Dio, che si chiama la "pena del danno" e nella quale consiste l’essenza propria dell’inferno" (Civiltà cattolica, p. 111). Ma quale antropologia può presentare in questi termini la libertà dell’uomo?...Io ritengo, non senza tristezza, che non sono questi i termini appropriati di presentare il mistero del nostro destino soprannaturale agli uomini - soprattutto ai giovani - dell’"epoca della scienza".(Pietro Prini, da www.swif.uniba.it/lei/rassegna//990821a.htm)

Insieme alla rielaborazione della riflessione sulla realtà dell’inferno, nella cultura cristiana contemporanea appare il rifiuto della severità del Giorno del Giudizio, c’è esigenza di “ammorbidire” anche quello:

"Va detto subito che bisogna spogliare il tema del giudizio di tutto quell’apparato di terrore e di angoscia che ha finito per contrassegnarlo: esso non sarà il dies irae ma il giorno del Signore, il giorno della realizzazione delle nostre speranze e della loro definitività…. Per questo dobbiamo abbandonare una concezione giudiziaria immaginata attorno ad un giudice, ad un inquisito e ad un minuzioso esame della sua vita. .." (Gianni Colzani, da www.swif.uniba.it/lei/rassegna//010417b.htm)

In tutte queste posizioni appare evidente una sovra interpretazione intellettuale-culturale del dato scritturale stesso….  Troppa ragione, troppo poco pathos, che alla fine rende “inoffensiva” la realtà dell’inferno e insignificante  l’idea del paradiso:

Predomina l’idea del Paradiso come luogo in cui ci si annoierà mortalmente. Come smontare questo pregiudizio?

"Il Paradiso è, in effetti, uno degli ambiti escatologici che maggiormente cadono sotto il peso delle incomprensioni del nostro tempo. L’impressione di un tempo lungo e noioso è variamente diffusa: cosa faremo in Paradiso? questa la domanda, ironica e preoccupata, che ci si sente spesso rivolgere: cosa faremo? Neanche i teologi sanno bene come sarà il Paradiso. Ma di una cosa i cristiani ed i teologi, assieme a tutti gli uomini, sono sicuri: il Paradiso sarà felicità.(Gianni Colzani , da www.swif.uniba.it/lei/rassegna//010417b.htm)

2.     L’inferno nella Bibbia

Abbiamo visto in precedenza come, secondo il testo biblico che possediamo [[2]], l’idea di un Paradiso ultraterreno maturi lentamente, per diventare più esplicita e centrale nella predicazione di Gesù, pace su di lui, essa poi si conferma, si precisa e si arricchisce di particolari importanti nella rivelazione coranica ricevuta dal profeta Muhammad, pace e benedizione su di lui. La realtà dell’inferno è strettamente collegata a quella del paradiso, come suo opposto, vediamo brevemente quale sia stato il suo sviluppo attraverso i testi sacri.

Nell’Antico Testamento compare diverse volte il termine she’ōl,   parola ebraica la cui radice non è molto chiara, probabilmente significa «colui che inghiotte», “voragine”, tradotto con Ades nella versione greca. Esso designa  il regno dei morti in generale,  senza specificazioni, paese dell’oblio dal quale nessuno risale, luogo di convegno dei viventi tutti ( le qal  hai ) ( la LXX traduce con “ la terra della corte di tutti i mortali “). Nello she’ōl dimorano i refaim le " ombre" dei morti :

Il soggiorno dei morti ((she’ōl), laggiù, si agita per te, per venire a incontrarti al tuo arrivo;

esso sveglia per te le ombre (refaim). (Is 14,9)

 

Una nube svanisce e se ne va,

così chi scende agl’inferi  (she’ōl),più non risale;

non tornerà più nella sua casa,

mai più lo rivedrà la sua dimora.(Giob. 7,9-10);

 

In alcune traduzioni la parola she’ōl viene resa con sepolcro o inferno. E’ bene precisare però che la parola inferno  non è adatta a tradurre  she’ōl, essa è da riferirsi solo al concetto cristiano e islamico, mentre la parola "inferi" o “soggiorno dei morti”, è più adatta a rendere il concetto di oltretomba collocato al di sotto del mondo dei vivi, nelle profondità della terra, idea comune a molte culture antiche.

"Allora ti trarrò giù, con quelli che scendon nella fossa, fra il popolo d’un tempo, ti farò dimorare nelle profondità della terra, nelle solitudini eterne, con quelli che scendon nella fossa..." (Ez. 26,20).

Il termine inferno che deriva dal  latino infernus, intensivo di inferus, indica  qualcosa posto più in basso, quindi un luogo nelle viscere della terra “… il vocabolo assunse, presso i Latini, una valenza cosmologica: l’uomo, spettatore del cosmo, definì "inferiori" o infernae le parti sotterranee del mondo, dove trovavano il loro posto i morti sepolti nella terra e gli dei della morte, chiamati inferi o inferni e distinti dagli dei del cielo, superi o superni... Nelle religioni precristiane, luogo di residenza delle anime dopo la morte, indicato di volta in volta con un nome proprio: Earu per gli Egizi, Arallu per i Babilonesi, Ades per i Greci, Orcus per i Latini.

 Il termine passò poi nella versione latina della Bibbia detta Vulgata (383-405 d.C., opera di S. Girolamo), traducendo perlopiù il vocabolo ebraico she’ōl, inteso genericamente come aldilà. Solo più tardi, nella teologia cristiana, l’inferno passò a indicare il regno oltremondano nel quale sono puniti gli angeli ribelli e i defunti in peccato mortale… “ (Nicola Bonazzi, da www.griseldaonline.it/formazione/epopea_gilgamesh.htm)

Nella Bibbia (AT) compare anche un altro termine che pian piano assumerà il significato che diamo noi ad inferno, è Geenna (o gehenom o gehinom (גהינום). Geenna significa “valle di Innom”, essendo la forma greca dell’ebraico geh hinnòm, vi ricorre 12 volte.La valle di Innom si trova a Gerusalemme e veniva usata come luogo di scarico in cui si bruciavano i rifiuti, ma venivano fatti bruciare anche sacrifici umani quando si adorava il dio pagano Molec, e venivano buttati e bruciati anche corpi di animali morti, e cadaveri di criminali giustiziati…I re di Giuda Acaz e Manasse vi praticarono un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani a Baal fatti mediante il fuoco. (2Cr 28:1, 3; 33:1, 6; Ger 7:31, 32; 32:35) In seguito, per impedire che in futuro si facessero cose del genere, il fedele re Giosia fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico, specie la parte detta Tofet… Nel commento a Salmo 27:13 l’esegeta ebreo David Qimchì (Kimhi) (1160-1235?) fornisce a proposito di “Gehinnom” le seguenti informazioni storiche: “Ed è un luogo nei dintorni di Gerusalemme, ed è un luogo detestabile, e vi gettano cose impure e corpi morti. C’era anche un fuoco che ardeva di continuo per bruciare le cose impure e le ossa dei corpi morti. Pertanto, il giudizio dei malvagi è chiamato metaforicamente Gehinnom. ( it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20071214132601AAlS4U0)

Se dunque nella Bibbia she’ōl , apre alla concezione di una vita ultraterrena, quello di Geenna, introduce l’idea di un castigo “col fuoco”.

Il Corano evidenzia, in alcuni versetti come i profeti già ricevettero la rivelazione del Giudizio finale:

Non è stato informato di quello che contengono i fogli di Mosè

 e quelli di Abramo, uomo fedele?

 Che nessuno porterà il fardello di un altro,

e che invero, l’uomo non ottiene che il [frutto dei] suoi sforzi ;

 e che il suo sforzo gli sarà presentato [nel Giorno del Giudizio]

 e gli sarà dato pieno compenso…” ( LIII,36-41)

La rivelazione al popolo di Israele  comunque, anche dai versetti coranici, è contrassegnata più dal tema della chiamata alla fede nel Dio unico,  superamento dell’idolatria, che da descrizioni dell’altra vita.

I termini di she’ōl  e Geenna ( gehenom o gehinom),  verranno ripresi nel Vangelo e l’uso di Geenna si specifica come luogo di castigo eterno.Ai tempi di Gesù, la sopravvivenza dell’anima è chiaramente espressa in ambiente giudaico, e nel libro di Daniele, si delinea anche l’idea della retribuzione eterna: :

“Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna.  I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.” (Dn 12, 2-3)

 

Nel Libro dei Giubilei (apocrifico, che fa parte delle scritture intertestamentarie) è detto chiaramente che la condizione dei defunti è quella di essere " custoditi" dalla terra in attesa di un giudizio divino che darà loro una condizione definitiva : “...e le loro ossa riposeranno nella terra e i loro spiriti godranno di molta gioia e conosceranno che è il Signore che compie il giudizio e che usa misericordia ...a coloro che lo amano... “ (XXII,31 )

Gesù, pace su di lui, secondo il Vangelo, polemizzerà con i sadducei che erano una setta religiosa che non credeva alla resurrezione dei morti:

“Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio:  Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi».” (Mat 22,31-32)

 E nel NT molto spesso compare il temine  “Geenna”,   associata con il fuoco Mt 5:22; 18:9; Mar 9:43, che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo (Mt 10,28). È dunque un luogo di punizione eterna Mt 5:29-30; 10:28; 23:15,33; Mar 9:43-47; Lu 12:5.

« "Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile…. "Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nella vita orbo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue." »

 (Mc, 9,43; 47-48)

« "Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli." »

 (Mt, 25,41)

 Uso di immagini e concetti molto simili a quelli del Corano, ma  la successiva teologia opererà anche qui, come per il paradiso ed altri temi un’eccessiva spiritualizzazione per cui l’inferno diverrà “lontananza spirituale da Dio”:

Per i teologi della filosofia Scolastica, l’Inferno è semplicemente la lontananza da Dio, la privazione della Sua luce divina, e proprio in questo consiste in realtà la pena infernale, al di là dell’immaginario poetico. Infatti, l’anima ha naturale e ardente desiderio di Dio, cioè dell’Infinito, della Verità, della Bellezza e dell’Amore Assoluto; dunque, la privazione "in eternuum" di tale supremo obiettivo del desiderio umano, condanna l’anima alla propria perenne sofferenza . La vicinanza, essere in Dio, da Dio e per Dio, è per l’anima, sul piano oggettivo, la realizzazione della propria essenza originaria, e, su quello soggettivo, la propria felicità; in realtà, questi due "piani", in Dio si sovrappongono, diventando un unico, sommo "piano". Non è Dio a dannare l’anima, dunque, ma è l’anima che si condanna durante la vita, rifiutando stoltamente la Via della salvezza ….”(it.wikipedia.org/wiki/Inferno)

3.     L’inferno nella tradizione islamica

 

Nella riflessione islamica invece il dato del Testo rimane principale rispetto all’interpretazione, l’inferno nella mentalità popolare e nella riflessione dei sapienti islamici, mantiene tutta la sua consistenza e serietà, moltissimi i versetti coranici che parlano di esso, diversi i nomi con cui viene indicato, ma che ruotano tutti intorno all’immagine di un luogo dominato da fuoco bruciante, violento e distruttore, una voragine, uno sprofondare giù ...

Il termine con cui viene indicato perlopiù l’inferno è Jahannam, (77 versetti) nome che come abbiamo visto ha radici nelle rivelazioni precedenti (gê-hinnôm biblico -Geenna), e che già nei Vangeli ha lo stesso uso di quello che ne fa la rivelazione coranica. Usato moltissime volte anche al-nâr, il fuoco,  che diventa così sinonimo dell’inferno. Compaiono anche altri termini  come al-jahîm (26 versetti), fornace,il cui significato è sempre legato al fuoco, al-sa´îr in 19 versetti, fiamma, vampa ardente… al-saqar in 4 versetti, che si riferisce pure ad un calore insopportabile,  alhotamah in 2 versetti,  la cui radice significa distruggere, fare a pezzetti, fracassare, da cui  fuoco divorante, alhâwiyah in  un versetto, in cui significa baratro, abisso, cadere dall’alto, inferi, Ade, e infine ladhaa, avvampare fiamma, al-harîq (l’incendio), as- sijjin, (la  prigione).

Guai ad ogni diffamatore maldicente,

 che accumula ricchezze e le conta;

 pensa che la sua ricchezza lo renderà immortale?

 No, sarà certamente gettato nella Voragine.

 E chi mai ti farà comprendere cos’è la Voragine?

[È] il Fuoco attizzato di Allah,

 che consuma i cuori.

 Invero [si chiuderà] su di loro,

 in estese colonne. (CIV)

 

E’ il Fuoco di Allah, simile e diverso da quello della terra, che dobbiamo temere non quello degli uomini, Abramo, pace su di lui,  viene salvato dal fuoco degli ingiusti, egli è un segno: Il fuoco dell’inferno distruggerà solo i malvagi:

“ La sola risposta del suo popolo fu: “Uccidetelo o bruciatelo”; ma Allah lo salvò dal fuoco. Questi sono segni per un popolo che crede.  Disse: “Invero, non avete adottato gli idoli, all’infuori di Allah, se non per amore reciproco in questo mondo…” (XXIX,24-25)

Per questo nel Corano troviamo delle invocazioni a Dio per essere salvati dal castigo del fuoco:

«Allah osserva i Suoi servi  che dicono: "O Signor nostro, abbiamo creduto; perdona i nostri peccati e proteggici dal castigo del Fuoco";

 Questi i pazienti, i veritieri, gli uomini pii, i generosi, quelli che implorano perdono nelle ultime ore della notte. O Signore nostro, abbiamo creduto; perdona i nostri peccati e proteggici dal castigo del fuoco» (III,16 -17)

E ancora dice Allah nel Corano:

“Lo getterò nel Calore che brucia.

“Chi mai ti dirà cos’è il Calore che brucia? (Wa Mā ’Adrāka Mā Saqaru)

“ Nulla risparmia, non lascia nulla;

 carbonizza gli uomini.

Gli stanno a guardia diciannove [angeli]. (LXXIV)

 

Il Calore è uno dei segni più grandi, monito per gli uomini, non va edulcorato, l’uomo nel suo cammino ha bisogno della paura del dolore come del  desiderio del bene, entrambi sono dinamiche fondamentali dell’uomo:

No, per la luna,

per la notte quando volge al termine,

e per l’aurora quando si mostra,

[il Calore] è davvero uno dei segni più grandi,

 un monito per gli uomini,

 per chi di voi vuole avanzare [nella fede] o indietreggiare.” (LXXIV)

e coloro che temono il castigo del loro Signore

ché in verità il castigo del loro Signore non è cosa da cui si possa trovare riparo” (27-28)-

 

L’ inferno è realtà certa, dice Dio nel Corano, non è solo uno spauracchio:

Chi si presenterà empio al suo Signore, certamente avrà l’Inferno dove non morirà, né vivrà. Chi [invece] si presenterà a Lui credente, e avrà compiuto opere buone... ecco coloro che avranno l’onore più grande,  i Giardini di Eden dove scorrono i ruscelli ... (XX,74-76)

 

E su di esso non c’è proprio niente da ridere, perché enorme e senza fine sarà la sofferenza dei dannati, descritta dalla parola di Allah con immagini molto forti, che ci fanno odorare, vedere, toccare l’inferno, ce lo fanno “sentire” come un luogo di grandissima sofferenza…

“Cercarono la vittoria: fu sconfitto ogni ostinato tiranno,  è destinato all’Inferno e sarà abbeverato di acqua fetida  che cercherà di inghiottire a piccoli sorsi, senza riuscirvi. La morte lo assalirà da ogni parte, eppure non potrà morire: avrà un castigo inattenuabile. (XIV,15-18)

“Quindi in verità voi traviati, voi negatori, mangerete dall’albero Zaqqûm*,  *[“l’albero Zaqqum”: albero dell’Inferno]   ve ne riempirete il ventre, e ci berrete sopra acqua bollente, berrete come cammelli morenti di sete.  Ecco cosa sarà offerto loro nel Giorno del Giudizio.” (LVI,51-55)

Ecco due avversari che polemizzano a proposito del loro Signore. Ai miscredenti saranno tagliate vesti di fuoco e sulle loro teste verrà versata acqua bollente,

 che fonderà le loro viscere e la loro pelle. Subiranno mazze di ferro,

 e ogni volta, che vorranno uscirne per la disperazione, vi saranno ricacciati: “Gustate il supplizio della Fornace”. [[3]] (XXII,19-22)

E’ il timor di Dio che impedisce il peccare, ed esso è un insieme di sentimenti di paura per l’oggettiva possibilità di perdersi e di amore-fiducia nel Misericordioso, esso guida l’uomo nella retta via:

“... Se alzerai la mano contro di me per uccidermi, io non l’alzerò  su di te: io temo Allah, il Signore dei mondi.  Voglio che tu ti addossi il mio peccato e il tuo, e allora sarai tra i compagni del Fuoco. Questa è la ricompensa per gli ingiusti ».  La sua passione lo spinse ad uccidere il fratello. Lo uccise e divenne uno di coloro che si sono perduti.” (V,28-29)

La rivelazione al profeta Muhammad, è quella del Dio infinitamente misericordioso, ma anche severo  nel castigo:

[O Muhammad], annuncia ai Miei servi che, in verità, Io sono il Perdonatore, il Misericordioso,  e che il Mio castigo è davvero un castigo doloroso. (XV,49-50)

 Il combattimento è forte, poiché alla fragilità dell’uomo, alla sua poca fermezza, si aggiunge il “sussurratore furtivo”, che là li vuole condurre in sua compagnia, lui che è creato dal fuoco:

Disse [Allah]: « Cosa mai ti impedisce di prosternarti, nonostante il Mio ordine?». Rispose: «Sono migliore di lui, mi hai creato dal fuoco, mentre lui lo creasti dalla creta» …

“Disse: « Dal momento che mi hai sviato, tenderò loro agguati sullaTua Retta via

 e li insidierò da davanti e da dietro, da destra e da sinistra, e la maggior parte di loro non Ti saranno riconoscenti ».

 «Vattene - disse [Allah] - scacciato e coperto di abominio.

Riempirò l’Inferno di tutti voi, tu e coloro che ti avranno seguito».(VII, 12-18)

 Ma cosa conduce a questo castigo terribile? Già nell’At testamento si afferma l’idea che l’agire retto sia legato alla fede, al superamento dell’idolatria, la fede dà vita:

… Se voi non avete fede, certo, non potrete sussistere’. (Isaia 7,9)

Egli è pieno d’orgoglio, non agisce rettamente;

ma il giusto per la sua fede vivrà. (Abacuc2,4)

 nel Nuovo Testamento Gesù, pace su di lui, che si muove in ambiente ebraico, lotta contro il formalismo, che è apparente religiosità, della classe sacerdotale d’allora e richiama quelle che sono le cose essenziali, le stesse che ci richiamerà la rivelazione coranica: la giustizia, la misericordia e la fede:

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell’aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre. Matteo (2,23)

 

 Nella teologia cristiana attuale tutto il discorso ruota intorno all’uomo, prevale ampiamente la dimensione etico-sociale, e la fede sembra un optional per la salvezza, “l’importante è agire bene”.

Allah nel Corano ci ricorda che la fede è indispensabile alla salvezza, come pure le opere buone, tutto il messaggio coranico sottolinea l’unità della fede, della preghiera e  della misericordia verso chi ha bisogno:

Cosa mai vi ha condotti al Calore che brucia?”. (Mā Salakakum Fī Saqara)

Risponderanno: “Non eravamo tra coloro che eseguivamo l’orazione,

né nutrivamo il povero,

 e chiacchieravamo vanamente con i chiacchieroni

 e tacciavamo di menzogna il Giorno del Giudizio,

finché non ci pervenne la certezza”.

Non gioverà loro l’intercessione di intercessori. (LXXIV,42-48)

Per l’uomo che ha fede, c’è sempre una speranza di salvezza: ma anche a lui saranno contate le opere sulla bilancia:

Si tramanda da Anas che il Profeta (su di lui la preghiera e la pace divine) disse: “Chi avrà detto ‘Non v’è divinità all’infuori di Dio’ (lâ ilâha illâ Allah) avendo nel cuore il peso d’un chicco d’orzo di bene, uscirà dal fuoco [infernale]. Chi avrà detto ‘Non v’è divinità all’infuori di Dio’ avendo nel cuore il peso d’un chicco di frumento di bene, uscirà dal fuoco. E uscirà dal fuoco chi avrà detto ‘Non v’è divinità all’infuori di Dio’ avendo nel cuore il peso di una particella di pulviscolo di bene.” In un’altra versione del hadith, si tramanda sempre da Anas, ma con un’altra catena dei trasmettitori, che il Profeta avrebbe detto “...di fede”, invece che “...di bene”.

 

“ Coloro che avranno bilance pesanti, avranno la beatitudine;  ma coloro che avranno bilance leggere, saranno quelli che avranno perduto loro stessi: rimarranno in perpetuo nell’Inferno,  il fuoco brucerà i loro volti e avranno torte le labbra. (XXIII,102-104)

La fede non sostituisce le opere:

...  In verità coloro che consumano ingiustamente i beni degli orfani non fanno che alimentare il fuoco nel ventre loro, e presto precipiteranno nella Fiamma. .. (IV,10)

… Colà ogni anima subirà le conseguenze di] quello che già fece. E saranno ricondotti ad Allah, il loro vero Padrone, mentre ciò che avevano inventato li abbandonerà.(X;30)

guai in quel Giorno, a coloro che tacciano di menzogna,  a coloro che si dilettano nella vanità!  Il Giorno in cui saranno spinti brutalmente nel fuoco dell’Inferno, [sarà detto loro]: “Ecco il fuoco che tacciavate di menzogna!E’ magia questa? O siete voi che non vedete?  Entrateci! Che lo sopportiate oppure no, sarà per voi la stessa cosa. Sarete compensati solo di quello che avrete fatto”.....” (LII,11-16)

E le opere non sostituiscono la fede, l’uomo è chiamato a riconoscere il suo Creatore e ad adorarlo, incombe sull’uomo un dovere di ricerca dell’Uno, di cui porta le tracce nella fitra [[4]], la rivelazione però specifica “per superbia”, ponendo così sia il dovere dell’adorazione sia una distinzione dei motivi che stanno alla base della non adorazione:

“Il vostro Signore ha detto: “InvocateMi, vi risponderò. Coloro che per superbia non Mi adorano, entreranno presto nell’Inferno, umiliati”. (XL,59-60)

E’ Allah il Re nel Giorno del giudizio, ma è l’uomo causa della sua rovina, ognuno risponde solo di se stesso e nella misura in cui è effettivamente responsabile:

“I malvagi rimarranno in eterno nel castigo dell’Inferno  che non sarà mai attenuato e in cui si dispereranno.  Non saremo Noi ad essere ingiusti nei loro confronti: sono loro gli ingiusti.”(XLIII,74-77) 

 

“Quanto all’uomo, allorché il suo Signore lo mette alla prova onorandolo e colmandolo di favore, egli dice: “Il mio Signore mi ha onorato”.

Quando invece lo mette alla prova lesinando i Suoi doni, egli dice: “Il mio Signore mi ha umiliato”.

 No, siete voi che non onorate l’orfano,

 che non vi sollecitate vicendevolmente a nutrire il povero,

 che divorate avidamente l’eredità

e amate le ricchezze d’amore smodato… In quel Giorno nessuno castigherà come Lui castiga,

 e nessuno incatenerà come Lui incatena. (LXXXIX, 15-20;26)

 

Tutti, ancora ci dice la parola di Dio, passeranno per l’inferno, ma quelli che Lo temono da Lui saranno salvati:

Dice l’uomo: “Quando sarò morto, chi mi riporterà alla vita?”

Non si ricorda l’uomo che fummo Noi a crearlo quando ancora non era nulla?

Per il tuo Signore, li riuniremo insieme ai diavoli e poi li condurremo, inginocchiati, attorno all’Inferno.

Quindi trarremo da ogni gruppo quello che fu più arrogante verso il Compassionevole,

ché meglio di tutti conosciamo coloro che più meritano di bruciarvi.

Nessuno di voi mancherà di passarvi: ciò è fermamente stabilito dal tuo Signore. [[5]]

Salveremo coloro che Ci hanno temuto e lasceremo gli ingiusti in ginocchio. “ (XIX-66-72)

L’inferno dunque nella rivelazione coranica va precisandosi come una realtà terribile, dalla quale i credenti stessi debbono continuare a preservarsi, agendo per il bene e nel pentimento dei peccati, necessario appare il riconoscimento dell’Altissimo, come pure le opere, che secondo l’insegnamento delle fonti islamiche vengono scrupolosamente annotate dagli angeli custodi di ogni uomo. La psicanalisi del resto ci ha insegnato come tutto ciò che l’uomo vive venga solo apparentemente cancellato dalla memoria, ma invece è sedimentato nell’inconscio… La salvezza però è un dono di Dio, nessuno può vantarsi di essere giusto,  nel Più Misericordioso sperano i credenti e a Lui chiedono la pienezza della luce e perdono:

 “O credenti, preservate voi stessi e le vostre famiglie, da un fuoco il cui combustibile saranno uomini e pietre e sul quale vegliano angeli formidabili, severi, che non disobbediscono a ciò che Allah comanda loro e che eseguono quello che viene loro ordinato. …O credenti, pentitevi davanti ad Allah d’un pentimento sincero.

         Forse il vostro Signore cancellerà i vostri peccati e vi introdurrà nei Giardini in cui scorrono i ruscelli, nel Giorno in cui non imporrà umiliazione alcuna al Profeta e a coloro che avranno creduto insieme con lui. La loro luce correrà innanzi a loro e sulla loro destra ed essi diranno: “Signore, completa la nostra luce e perdonaci. In verità tu sei l’Onnipotente”. (LXVI,6-8)

Wa  Allahu  a’lam

[[1]]È diventato un luogo comune in Italia citare Hans Urs von Balthasar come il teologo che ha detto che l’inferno esiste, ma è vuoto. L’equivoco nacque, o fu fatto nascere, nel 1984 dopo il Convegno romano sulla figura e sul pensiero di Adrienne von Speyr, durante il quale il teologo svizzero riprese la sua riflessione escatologica che già nel 1981 aveva suscitato aspre critiche nell’area teologica di lingua tedesca e ancora nel 1987 costringeva il suo autore a difenderla [6]. La tesi di von Balthasar afferma che sperare la salvezza eterna di tutti gli uomini non è contrario alla fede. Essa si avvale dell’autorità di alcuni Padri della Chiesa, tra i quali Origene e Gregorio Nisseno, ed è condivisa da non pochi teologi contemporanei, tra i quali Guardini e Daniélou, de Lubac, Ratzinger e Kasper, e da scrittori cattolici come Claudel, Marcel e Bloy.Ai suoi critici von Balthasar replicava: «La soluzione da me proposta, secondo la quale Dio non condanna alcuno, ma è l’uomo, che si rifiuta in maniera definitiva all’amore, a condannare se stesso, non fu affatto presa in considerazione. Avevo anche rilevato che la Sacra Scrittura, accanto a tante minacce, contiene pure molte parole di speranza per tutti e che, se noi trasformiamo le prime in fatti oggettivi, le seconde perdono ogni senso e ogni forza: ma neppure di questo si è tenuto conto nella polemica. Invece sonostate ripetutamente travisate le mie parole nel senso che, chi spera la salvezza per tutti i suoi fratelli e tutte le sue sorelle, “spera l’inferno vuoto” (che razza di espressione!). Oppure nel senso che chi manifesta una simile speranza, insegna la “redenzione di tutti” (apokatastasis) condannata dalla Chiesa, cosa che io ho espressamente respinto: noi stiamo pienamente sotto il giudizio e non abbiamo alcun diritto e alcuna possibilità di conoscere in anticipo la sentenza del giudice. Com’è possibile identificare speranza e conoscenza? Spero che il mio amico guarirà dalla sua grave malattia – ma per questo forse lo so?» [7]. Basti questo testo a quanti ripetono per abitudine la formuletta dell’«inferno vuoto» della quale sono responsabili le «fin troppo grossolane deformazioni sui giornali» [8]. (www.lozuavopontificio.net/osservatorio/2008/05/04/la-civilta-cattolica-e-linferno-vuoto)

[[2]]. Per i musulmani i testi della Bibbia attuali contengono errori, per cui il testo di riferimento e quello a cui vanno paragonati  è il Corano, tuttavia il musulmano può servirsi dei testi biblici quando non siano in aperta contraddizione con le verità coraniche. Disse il Profeta, pace e benedizione su di lui: “Di quello che vi ho trasmesso tramandate a vostra volta fosse anche solo un versetto e riferite quello che dicono i figli di Israele,non c’è alcun male in questo.” La non precisione di questi testi è stata posta in risalto anche dall’esegesi storico-critica che ha evidenziato la lunga tradizione orale di cui sono stati oggetto e l’influenza di diverse correnti storico-letterarie che ha contribuito, in epoche successive, alla loro forma attuale.

[[3]] Gli imâm Al-Bukhari e Muslim situano la rivelazione di questa sura nel periodo immediatamente successivo alla prima rivelazione (vedi sura XCVI). L’Inviato di Allah stava camminando per le strade della Mecca quando udì, immensa nelle sue orecchie, la voce che aveva già sentito nella grotta di Hira. Atterrito e tremante Muhammad corse a casa e pregò sua moglie Khadjîa (che Allah sia soddisfatto di lei) di avvolgerlo nel mantello. La voce però risuonò ancora e giunse l’ordine di iniziare la missione profetica “Alzati e ammonisci e il tuo Signore magnifica”.

[[4]] Fitra, natura originario dell’essere umano in relazione con l’Unico

[[5]] *[Disse l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) che nel Giorno del Giudizio ogni uomo dovrà passare su di un ponte gettato sull’Inferno. La facilità e la rapidità di questo transito sull’abisso infernale dipenderà dal carico di peccati di ognuno: ci sarà chi passerà in un lampo, chi come un colpo di vento, chi come cavalcando un veloce destriero, chi camminando, chi ginocchioni. I peggiori saranno afferrati dagli angeli e saranno precipitati negli Inferi]



Mercoledì, 21 maggio 2008