La donna musulmana e l’Occidente

di Patrizia Khadija Dal Monte

Questo titolo sembra dare per scontato che le due realtà, donna musulmana e Occidente, siano separate, invece questo incontro è già avvenuto, è nella realtà dei fatti, e io ne sono testimone nel mio stesso nome,  che dice anche la mia prospettiva e cioè quella di credere nella possibilità di un connubio fecondo tra islam e Occidente, senza che un’istanza debba annientare l’altra. Questo incontro, questa esigenza di conciliazione tra mondi diversi, questo lasciarsi contaminare  è dunque la mia situazione esistenziale e quotidiana.

Certo non tutti sono chiamati a vivere così da vicino l’incontro tra le due realtà ma tutti, musulmani, musulmane e italiani, italiane non possono eluderlo completamente, perché la convivenza di culture diverse è ormai parte della realtà e quotidianità, la nuova normalità delle nostre città in questa fase storica.

Se nei fatti l’incontro tra islam e l’Occidente è già consumato, la qualità di questo incontro è ancora aperta, da definire... Specie per l’Italia, in cui l’incontro con l’islam è piuttosto recente, legato al fenomeno dell’immigrazione che è cominciata da circa 20 anni fa nel nostro paese.

In pochi anni l’Italia si è trasformato da Paese di emigrazione in Paese di immigrazione. Secondo gli ultimi dati sono 3 milioni e 35mila gli stranieri regolarmente  soggiornanti nel nostro Paese, quasi il doppio rispetto a cinque anni fa. (di cui un milione e duecentomila più o meno, di religione musulmana).L’incidenza sulla popolazione totale è cresciuta al 5,2% e si è allineata alla media europea, pur restando lontana dai picchi dell’8-9% che si registrano in Paesi come la Spagna e la Germania… E’ un cambiamento epocale, che pone problemi, ma offre anche importanti opportunità…”1  
 

Ben poche persone avrebbero potuto prevedere, prima della seconda guerra mondiale, ciò che sarebbe accaduto durante la seconda metà del XX secolo. Di fatto, abbiamo assistito ad un grande sconvolgimento in Europa ed il paesaggio sociale, politico, economico e culturale non è più lo stesso. La ricostruzione dell’Europa, distrutta da anni di lunghe guerre, necessitò un’ingente quantità di manodopera a buon mercato. Ciò portò all’arrivo delle prime ondate di migrazione nella “vecchia Europa”, in particolare in Gran Bretagna , Francia e poi in Germania (dopo il 1950) e in altri paesi.

Queste ondate e quelle successive, andavano a costruire la maggior parte delle popolazioni immigrate nei paesi occidentali. Se è vero che c’era un gran numero di lavoratori italiani e spagnoli, la proporzione dei musulmani originari dell’Asia (nel caso della Gran Bretagna), del Nord Africa (in Francia) o della Turchia (in Germania) era altrettanto importante, e in meno di quindici anni (1945-1960) si può dire che gruppi di musulmani o di comunità musulmane avevano già fatto la loro comparsa, almeno nei tre paesi europei menzionati. Ciò che viene chiamato “l’immigrazione economica” non cessò fino al 1970, visto che il bisogno di lavoratori si attenuò e l’economia come il tessuto sociale europeo mostrarono i primi segni di scompiglio e di disfunzione strutturale.

 

foto: Asmaa Abdool Hamid sarà candidata alle prossime elezioni politiche in Danimarca

 

Tra il 1950 ed il 1970 il numero dei musulmani residenti nei paesi europei era diverse volte raddoppiato. Così non si trattava più di poche migliaia di musulmani: ormai i paesi di accoglienza dovevano fare i conti con diverse centinaia di migliaia di musulmani che vivevano all’interno delle loro frontiere. Furono fondate molte famiglie, nacquero molti bambini e la vecchia intenzione di “tornare a casa propria” aveva cominciato a dissiparsi o a diventare una speranza lontana.

Durante gli 1970 e 1980 ci fu un’evoluzione, nella mentalità dei musulmani: era ormai chiaro che l’avvenire doveva essere pensato e costruito in Occidente. Coscienti della nuova situazione, e animati dalla volontà di progettare la loro identità, certi musulmani cominciarono ad organizzarsi costruendo moschee e fondando organizzazioni islamiche con lo scopo di fornire alle persone comuni luoghi dove pregare, riunirsi, imparare, partecipare a diverse attività.

Negli anni novanta appare finalmente una situazione originale che difficilmente si poteva prevedere. Circa 15-17 milioni di musulmani vivevano nell’Europa occidentale e facevano parte della società- molti di loro avevano preso la nazionalità del paese europeo in cui vivono- e sono, di conseguenza, più visibili a causa dell’imperativo del culto???e della pratica islamica e delle diverse attività delle loro organizzazioni.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che si contano molti convertiti all’islam che, così come i musulmani  delle nuove generazioni divenuti europei, sono a casa propria in Europa: sono cittadini europei; europei e musulmani.

Si possono quindi mettere in evidenza almeno cinque dati di fatto obiettivi che riguardano la realtà dei musulmani in Europa:  
 

1. presso un gran numero di giovani musulmani nati e che vivono in Europa esiste una rinascita della spiritualità e della pratica islamica, così come un sentimento d’appartenenza ad una comunità religiosa.

2. il numero dei musulmani europei autoctoni è in aumento, grazie alla conversione all’islam e più in generale, grazie all’arrivo delle nuove generazioni, seconda, terza, quarta e quinta, in diversi paesi.

3. il numero dei luoghi di culto si è moltiplicato di quattro o persino cinque volte, ma resta ancora insufficiente e certe moschee sono di fatto garage o magazzini.

4. il numero di organizzazioni islamiche in Europa è in costante crescita. Molti paesi hanno già registrato più di 1000 organizzazioni dichiarate ufficialmente (moschee o diversi istituti islamici). Questo fenomeno si osserva dovunque in Europa…”2  
 

Dunque da poco in Italia, alle spalle nostre una società monoculturale, in cui valori e  disvalori avevano un profilo ben definito e comunque il loro cambiamento avveniva sotto la spinta di forze interne, come è stato ad esempio per il ‘68. Da qui uno dei motivi che rendono ragione della difficoltà di accettare usi e costumi diversi da quelli propri, e particolarmente il modo di essere delle donne musulmane di cui vogliamo parlare stasera. Paure dalle due parti perché si è costretti a porsi in confronto con i valori degli altri e ripensare ai propri… E tante volte anche il linguaggio con cui uno dice le proprie ragioni diventa inadeguato: si vuol dire una cosa e gli altri ne capiscono un’altra.

Si mischiano poi anche le paure della stasi economica, per non dire recessione che facilmente trova dei capri espiatori negli immigrati (e la religione musulmana è associata inevitabilmente all’immigrazione) e con la falsa idea che questi rubino il lavoro ai cittadini italiani…

“In un Paese a bassa natalità come l’Italia l’immigrazione garantisce la necessaria vitalità demografica e contribuisce alla sostenibilità del sistema pensionistico… I lavoratori immigrati sono una risorsa fondamentale per le nostre imprese e le nostre famiglie… Tutte le analisi economiche concordano sul fatto che l’immigrazione produce sviluppo e non toglie lavoro ai residenti.• L’immigrazione di alto livello professionale, in particolare, è uno strumento essenziale di competitività…3  
 

Quando poi parliamo di islam e musulmani si addensano ulteriori nubi: antiche e moderne, di cui dobbiamo prendere coscienza, affinché la nostra comprensione sia onesta. 
 

L’incontro tra islam e Occidente, salvo rare eccezioni non è mai stato facile e si è consumato nella storia, più in chiave negativa che positiva, perché accompagnato da fatti politico-religiosi che vedeva le due comunità come antagoniste…

“Con l’inarrestabile espansione che, dopo la morte del Profeta, aveva portato l’islam a conquistare in poco tempo un’immensa area che si estendeva dall’Andalusia all’Asia Centrale, si formò un’entità politico-culturale che l’Europa cristiana non poteva che considerare antagonista o almeno concorrenziale. Una nuova religione monoteistica e universalista si andava diffondendo nei territori del Nordafrica e del Medio Oriente affiancando e progressivamente rimpiazzando il cristianesimo locale, con grave preoccupazione da parte degli uomini di chiesa. Fu inevitabile che essi usassero, nei confronti dell’islam, gli stessi strumenti che avevano impiegato nella lotta contro le eresie: Muhammad divenne così ai loro occhi una specie di scismatico e qualcuno lo dipinse addirittura come un vescovo ambizioso il quale, non avendo ottenuto la carica di Papa, avrebbe dato vita per ripicca a una propria religione di cui si pretendeva profeta. I numerosi punti in comune tra l’islam e la precedente rivelazione giudaico-cristiana erano tali da giustificare in parte questo errore di prospettiva, mentre molto meno accettabile è il fatto che tante energie fossero spese nel tentativo di contrastare e confutare una fede della quale ben poco si conosceva. Il Corano restò infatti a lungo inaccessibile ai suoi stessi detrattori fino al XII secolo quando, su iniziativa dell’abate Pietro di Cluny (1092-1156), se ne ebbe finalmente la prima versione latina ad opera del dotto arcidiacono di origine inglese Roberto di Chester, detto anche di Ketton o di Retz (da Ketene nel Rutlandshire), coadiuvato da Hermann di Dalmazia, noto pure come di Carinzia o lo Slavo, e probabilmente da un ebreo di Spagna convertito all’islam… Benché lacunosa e arbitrariamente riformulata nella sequenza, tale traduzione delle sure coraniche rappresenta comunque un primo tentativo di accedere direttamente al testo che stava alla base del fenomeno islamico, senza più accontentarsi delle notizie incerte e frammentarie che circolavano in proposito. Qualcosa di analogo fu del resto promosso dallo stesso abate anche riguardo al Talmud.

Fin da allora gli spiriti più acuti avevano percepito alcuni aspetti del problema che lo rendevano complesso e non riconducibile facilmente alle consuete categorie impiegate nei confronti delle sette cristiane: negli stessi scritti di Pietro di Cluny è chiara la coscienza della peculiare e irriducibile originalità dell’Islam ("Questo errore non è uscito da noi. . . ") e la sua sostanziale diversità rispetto ai vari movimenti in dissenso con l’autorità ecclesiastica ("non si può chiamare eresia se non ciò che esce dalla Chiesa e va contro di essa")… Persino fonti francescane del 1200 riportano gli stessi stereotipi: “Maometto fu lussurioso, omicida, goloso, ladrone, e predicò che il destino beato dell’uomo nell’Aldilà consisterebbe nel mangiare, godere i piaceri della carne e indossare vesti preziose in deliziosi giardini. Egli ammette inoltre la poligamia e il commercio carnale non solo con mogli, ma anche con ancelle e concubine. Egli volle infatti semplificare la religione espungendone quanto era arduo a credersi o difficile ad attuarsi, e rese lecito al contrario tutto ciò a cui gli uomini viziosi e soprattutto gli Arabi erano proclivi – la lussuria, la gola e gli altri vizi – mentre non parlò neppure né dell’umiltà, né della carità, né delle altre virtù. E poiché capiva che in queste cose la sua falsità avrebbe potuto essere dimostrata facilmente, comandò che non si credesse niente di contraddittorio rispetto alla sua legge e che tutti coloro che vi si opponessero fossero uccisi… Si dovrà attendere però la fine del XVII secolo per avere una nuova versione latina del Corano, condotta con rigore e precisione, benché ancora funzionale alla confutazione del Testo sacro dell’islam, la quale è però tenuta separata dalla traduzione. Quest’opera monumentale e di grande valore è dovuta a padre Ludovico Marracci (m. 1700) e ad essa si sono rifatti i maggiori traduttori del Corano in lingue europee moderne i quali attinsero nello stesso tempo ad altri studi prodotti dallo sviluppo delle scienze orientalistiche che rivoluzionarono l’intero campo delle conoscenze relative alle civiltà dell’Africa e dell’Asia. I profondi mutamenti culturali verificatisi dal XVII secolo in poi portarono infatti allo sviluppo di varie discipline in forma sempre più aderente a nuovi criteri metodologici e ciò contribuì al superamento di molti pregiudizi e falsità ancora in larga misura diffusi intorno alla figura del fondatore dell’islam, al contenuto del suo messaggio e ai costumi dei suoi seguaci, in uno spirito radicalmente nuovo. E’ bene ricordare che tale passaggio non avvenne subito in forma completa e definitiva e che la stessa età dei Lumi ha talvolta confermato le distorsioni correnti a proposito dell’islam, anche se con finalità diverse da quelle degli eresiografi e dei teologi dei secoli precedenti, come nel caso di Voltaire che attaccò l’islam col chiaro intento di parlar male più della Chiesa che non dei musulmani… Nel Settecento l’interesse per il mondo islamico, da parte tanto dei poteri politici quanto delle autorità ecclesiastiche, fu molto rilevante. Né poteva essere altrimenti: l’Impero Ottomano restava comunque una delle maggiori potenze mondiali (nel 1683 aveva minacciato direttamente per la seconda volta la stessa Vienna) e i sintomi della sua decadenza, piuttosto che sostituire gli antichi timori, andavano sommandosi a essi e contribuivano a mantenere viva l’attenzione e a incrementare le conoscenze… Ciò non toglie che, contemporaneamente, la diffusione a più ampio raggio di notizie relative a questo Oriente potesse talvolta ridursi a una sorta di "ricostruzione" funzionale agli interessi e alle attese dei suoi osservatori esterni, come avvenne per le Mille e una notte.  
 

La stessa età dei Lumi ha talvolta confermato le distorsioni correnti a proposito dell’islam, anche se con finalità diverse da quelle degli eresiografi e dei teologi dei secoli precedenti: "in alcuni scrittori del XVIII secolo, in verità, c’era una tendenza a utilizzare le vicende e la missione di Maometto come un modo indiretto per criticare il cristianesimo, almeno nella forma in cui le chiese lo avevano insegnato. Maometto poteva essere presentato come un esempio degli eccessi del fanatismo e dell’ambizione e i suoi seguaci come esempi dell’umana crudeltà; in alternativa, poteva essere visto come uno che predicava una religione più razionale, o più vicina ad una fede puramente naturale, di quanto non fosse il cristianesimo"4

“…ma è con il secolo XIX, lo sviluppo della storiografia e l’espansione coloniale europea che si approfondiscono le conoscenze della religione islamica. Con esse venne rivalutata quindi in senso storico- critico la figura del profeta Muhammad e tutta la cultura islamica... fino ad un certo punto, poiché i militari, i politici, i missionari e gli studiosi dell’Oriente europei hanno spesso collaborato e  la sopravvalutazione della civiltà europea comparve insieme alla sottovalutazione di quella araba.” 5 
 

Il frutto più maturo di una nuova tendenza può essere rintracciato nella dichiarazione conciliare Nostra Aetate: “La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano sua madre, la vergine Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno. Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà” (n.3). 
 
 

E tuttavia, questo sforzo di maggiore obiettività verso l’islam è inficiato dal clima politico che si è venuto a creare dopo l’11 settembre e le successive guerre. Lo sguardo verso la religione musulmana è oggi compromesso dalla situazione  politica…. Per capire ciò citerò soltanto il rapporto di Doudou Diene del 18 settembre 2007, in cui si parla di “legittimazione intellettuale dell’islamofobia”. Quindi oggi si è passati da un atteggiamento spontaneo di difesa verso il diverso a giustificare concettualmente la propria avversione. Nelle venti pagine del suo rapporto presentato a metà settembre, Doudou Diene,rapporteur special dell’Onu, denuncia questa pratica culturale non solo nei governanti, politici e intellettuali, ma anche nei giornalisti, decisivi per il ruolo che hanno nella stereotipizzazione dell’altro. Soprattutto se l’altro è musulmano. “i media spesso rafforzano queste tendenze con la ripetizione selettiva di notizie che collegano l’islam alla violenza e omettendo di riferire le attività positive e le buone pratiche sponsorizzate dalle comunità musulmane. Mettono l’accento su leader che legittimano la violenza politica attraverso citazioni selettive dell’islam. Stereotipizzano le donne musulmane come di fondo discriminate, senza alcun riguardo per la diversità della loro situazione nei paesi musulmani”.  
 

Come denunciato da Doudou Diene, la figura della donna musulmana rappresenta uno dei luoghi preferiti per legittimare un atteggiamento anti-islamico. Spesso si contrappone il modello  « universale » della donna occidentale liberata a quello della donna musulmana oppressa e quindi da liberare…

Se nel secolo passato, specie nel periodo colonialista prevaleva una raffigurazione della donna musulmana, folkloristica, sensuale e intrigante… oggi si insiste continuamente sull’immagine di una donna maltrattata, privata di ogni diritto all’interno della propria società e della propria famiglia, schiava in tutto, anche nel modo di vestire...

In realtà non si può parlare in senso univoco della condizione della donna musulmana sul terreno pratico, poiché esistono diversi paesi musulmani con diverse legislazioni, e spesso le situazioni discriminatorie sono collegabili più a variabili economiche, politiche, che non religiose. Molti dei problemi delle donne musulmane sono simili a quelli di altre donne in paesi in cui “…laddove vigono precise situazioni che accomunano questi paesi a tutti gli altri che si trovano nella cosiddetta periferia del mondo. Mancanza di risorse, instabilità politica, problemi di sviluppo, interferenze e diktat posti sul piano delle riforme "strutturali" dalla banca mondiale e dal fondo monetario internazionale per accedervi; tutto ciò si traduce in una sottrazione di fondi ai settori del sociale, dell’assistenza, della sanità e dell’educazione. Penalizzazioni gravi che colpiscono in primo luogo e soprattutto la fascia femminile della popolazione, la vincolano prima ancora dei retaggi culturali, poiché la costringono a concentrarsi sul ruolo riproduttivo, sulle cure filiali e domestiche. Ricordiamo che questi ultimi rappresentano fra l’altro ruoli e funzioni cruciali per la sopravvivenza di una società, e che qualora non sorretti da una forte politica sociale, ricadono principalmente sulla donna, soprattutto in un sistema organizzato in termini tradizionali, fondato su un’economia estremamente povera, caratterizzato da elevato e diffuso analfabetismo.” (Abdel Jabbar)

All’interno delle comunità islamiche, ci sono almeno tre atteggiamenti diversi sulla questione femminile:

    • uno che sottintende che il vero femminismo nel mondo musulmano non potrà affermarsi se non con l’accettazione del modello della donna occidentale. Questo è forse quello più visibile ed ascoltato, anche se rappresenta solo l’ 1% della popolazione…..
    • Un altro di tipo conservatore, che si struttura come reazione alla paura dell’occidentalizzazione veicolata dal discorso femminista e ha alla base una lettura del Corano e della Sunna molto letteralista...
    • E il terzo che si situa nell’ambito del riformismo legalitario, che continua a ritenere fondante il riferimento religioso, ma esercita la sua critica anche verso l’interno, ed è tesa a recuperare  il modello genuino di femminilità della Rivelazione, sfrondandolo dalle aggiunte culturali, per incarnarlo nei lineamenti del tempo attuale.

Si tratta del movimento femminista islamico. Il termine  femminismo islamico, comincia ad apparire in opere di scrittrici musulmane a partire dalla metà anni novanta... “l’osservazione sul terreno, negli Stati-Uniti come in Europa, come pure nel mondo musulmano, dall’Africa all’Asia, passando per il Medio Oriente e l’Iran, mostra che un movimento è in cammino, il quale esprime chiaramente il rinnovamento del posto della donna nelle società islamiche e una liberazione, che rivendica la sua totale fedeltà ai principi dell’islam.”6 
 

La donna è per almeno due importanti motivi luogo privilegiato di riflessione e di incontro tra islam e occidente. Il primo, nel senso che esiste una vicinanza naturale tra donne, che si muovono, lavorano, agiscono su terreni comuni, perché comuni sono gli spazi frequentati (scuole, mercati, ecc.) e comuni sono i sentimenti che animano le esperienze fondamentali dell’essere femminile. Ci sono esperienze fondamentali che uniscono le donne sotto ogni cielo: “Essere donna rimanda al corpo. A quello degli altri, anzitutto. E’ la donna che pensa alla necessità del corpo dei membri della famiglia: nutre, pulisce, veste i bambini; accudisce i vecchi; cura i malati. Tutte le necessità fisiche sono legate tacitamente alla donna, in particolare all’interno del nucleo familiare.” 7

Il secondo motivo nel senso che l’essere donna obbliga la comunità islamica ad un ripensamento e purificazione dalle tradizioni culturali, perché la coscienza e i ruoli attuali della donna in Occidente sono uno dei luoghi di più forte cambiamento rispetto alle società tradizionali.

Il riconoscere qual è il principio religioso e quale l’influenza culturale è uno dei temi più dibattuti all’interno dell’islam attuale e soprattutto uno dei compiti principali che si propone l’esegesi islamica femminile. 
 

Femminismo occidentale e femminismo islamico 
 

A differenza del mondo occidentale in cui il femminismo si sviluppa al di fuori dell’ambito religioso, spesso in opposizione ai suoi dettami, quello islamico non sente il bisogni di staccarsi dalla religione, anzi si propone di ritornare al  modello di donna della rivelazione, attraverso una rilettura dei testi che mette in evidenza l’idea dell’uguaglianza, più volta affermata nel Corano tra essere maschile e femminile, e dimostrando come le culture successive hanno spesso esagerato la portata di certi testi e ignorato altri.

Il Corano infatti dice chiaramente che se esiste una superiorità tra esseri umani, questa è solo sulla base della fede:

"Oh umani, vi abbiamo creato da un’unica coppia di uomo e donna, abbiamo fatto di voi poi tribù e nazioni in modo che possiate conoscervi l’un l’altro [non disprezzarvi l’un l’altro]. Il più grande fra di voi agli occhi di Dio è colui che è più giusto [colui che maggiormente pratica taqwa, devozione”. 
 

Mentre quindi nel femminismo occidentale si tende a vedere la storia passata come un qualcosa da superare, di negativo per la donna, le donne islamiche riconoscono nella rivelazione islamica, correttamente intesa  le radici dei loro diritti. Che queste riflessioni, tra cui la necessità di mettere in luce prima di tutto il discorso dell’uguaglianza, siano state recepite dalla comunità musulmana lo possiamo vedere ad esempio nella carta dei musulmani d’Europa presentata pochi giorni a Bruxelles, che recita così a proposito dell’uguaglianza: 
 

L’islam invita alla perfetta uguaglianza tra uomo e donna in quanto esseri umani, nel reciproco rispetto. Considera che la vita equilibrata si basa sulla complementarità e l’armonia tra l’uomo e la donna. Rinnega ogni idea o comportamento che sottovaluta la donna o che la priva dei suoi diritti, anche se purtroppo abitudini errate sono presenti in certi ambienti musulmani. L’islam rifiuta ogni forma di sfruttamento della donna o che sia trattata come oggetto di piacere.” 
 

Accanto al tema dell’uguaglianza compare spesso nella riflessione islamica il concetto di complementarietà. Se l’occidente può dare all’islam una spinta a ritrovare quel senso profondo di uguaglianza fondamentale dell’uomo e della donna presente nei testi, la comunità islamica può offrire all’Occidente il recupero della nozione di complementarietà…. Se infatti il discorso sull’uguaglianza, è forte e chiaro in Occidente, appare molto più debole il concetto di complementarietà e quindi si tende ad interpretare ogni differenza tra uomo e donna come discriminazione.

Una delle difficoltà del pensiero occidentale nel concepire la diversità uomo- donna in senso positivo è collegato al rifiuto  del concetto di natura… “la ‘natura della donna’, identificata con la sua biologia, è invocata per difendere e giustificare le disuguaglianze di status tra uomo e donna. Ci si riferisce ad una ‘natura ‘ predeterminata e fissata una volta per tutte, che la donna tradirebbe ogni qualvolta si discosta da modelli tradizionali di essere madre, moglie, figlia e sorella… Oggi però la moda ideologica di spiegare le differenze – e ancor più i preconcetti su di esse – mediante il comodo sistema di interpretazione fornito dalla ‘natura  femminile’, ha ceduto alla moda di riferire tutto alla società, o alla cultura. Questa riduzione è una visione semplicistica delle cose: non tutto è genetico, non tutto è ormonale, non tutto è ambientale..”8

 «Oggi si tende a sostenere che l’intelligenza non ha sesso, come i mestieri. Io penso che ogni differenza sia un arricchimento. In realtà oggi non si promuove l’uguaglianza, ma un modello, quello maschile (cui anche le donne dovrebbero conformarsi), fondato sul successo sociale. L’idea di una “ neutralità” naturale è falsa e generatrice di conflitti e ineguaglianze. Il campo in cui l’uomo e la donna realizzano meglio la loro differenza, il tesoro di senso contenuti nella bipolarità sessuale, resta ancor oggi la paternità e la maternità».9

 

Nell’islam assieme all’idea dell’uguaglianza troviamo anche quello del valore della diversità tra femminile e maschile, della diversità come elemento essenziale alla completezza, e quindi di un equilibrio fra esseri differenti che si completano a vicenda, grazie ad un’idea forte di natura che è collegata al concetto di creazione.  

L’essere coppia non è casuale, è il modo profondo in cui Dio crea la vita: “Di ogni cosa noi abbiamo creato uno zawj, una coppia” ( LI,49). Dio ha voluto che l’unità si compia attraverso la diversità:

“Egli Colui che ha creato i due generi, il maschio e la femmina.” ( Corano LIII/45) .

La distinzione tra maschile e femminile non è dunque un accidente biologico, che si deve tentare di oscurare il più possibile, ma si tratta in realtà di un elemento profondo e sano della natura umana…  
 

Uguali e complementari, nell’origine:

«O gente! Temete il vostro Signore che vi creò da un’unica nafs. Ne creò il (la) suo (sua) zawj e trasse da quei due, uomini e donne in gran numero…» (IV,1)

e anche nell’amore:

“Fa parte dei Suoi segni l’aver creato da voi, per voi , delle zawjat (compagne) affinché riposiate(sakina) presso di loro, e ha stabilito tra voi amore (wadda) e (rahma) tenerezza…” (XXX,21)

…esse sono come una veste per voi e voi siete una veste per loro… (1I,87) 
 

Proprio l’amore, le relazioni di coppia sono l’ambito in cui possiamo meglio capire come una diversità sia sana, necessaria e complementare... Necessaria per il proseguire della vita, per l’assunzione dell’identità sessuale…

Un’ ulteriore ricchezza che l’Occidente può offrire alla donna musulmana è la molteplicità dei ruoli  che essa può rivestire, realizzando così in essa altre caratteristiche della sua persona che venivano sacrificati in società di tipo tradizionale. Il dispiegarsi  dell’essere femminile non si limita all’ambito familiare, tuttavia non possiamo non ricordare ancora una volta come  esso, per la donna musulmana, (e anche per l’uomo) rimanga una priorità: la famiglia è il luogo in cui i rapporti sociali si fanno più intensi  in assoluto e in essa germina la nuova vita.   Vita che ha bisogno di tempo e di cure assidue per crescere bene, relazioni fondamentali come quelle con i genitori e con i figli che non possono essere trascurate. Il problema del rispetto degli anziani e della cura dei bambini, della disponibilità per gli ammalati che hanno sempre visto le donne in prima linea, difficilmente troveranno soluzioni adeguate senza di loro. La coppia certo può escogitare nuove soluzioni di partecipazione ai compiti interni ad essa, oggi la divisione dei ruoli va vissuta in modo più elastico, ma rimane il problema della cura della vita che esige molte energie e molta dedizione e che nella donna trova il miglior interprete possibile.

Il tempo che viviamo, sfida la nostra capacità di mantenere la priorità e l’attenzione verso la famiglia e nello stesso tempo inventare equilibri nuovi perché sia uomini che donne possano esprimersi nella società più ampia e portare il loro contributo. La femminilità ha una sua visione particolare delle cose, meno competitiva e aggressiva, più conciliante e i tempi permettono che essa possa influire anche in quegli ambiti che tradizionalmente erano riservati agli uomini.  
 

In ultimo voglio ricordare come donna musulmana, significhi donna che si abbandona a  Dio, donna credente, ed è un ricordo così della Trascendenza, di Chi è Colui che è il centro del mondo:

“ In verità i musulmani e le musulmane, i credenti e le credenti, i devoti e le devote, i leali e le leali, i perseveranti e le perseveranti, i timorati e le timorate, quelli che fanno l’elemosina e quelle che fanno l’elemosina, i digiunatori e le digiunatrici, i casti e le caste, quelli che spesso ricordano Allah e quelle che spesso ricordano Allah sono coloro per i quali Allah ha disposto perdono ed enorme ricompensa.” (XXXIII,35). 
 

Di questo ricordo ha bisogno l’Occidente che è andato progressivamente riducendo il posto della religione ed il ricordo della divinità, a favore di un’immagine sproporzionata dell’uomo e della sua coscienza… L’islam possiede la capacità intrinseca di distinguere senza separare, c’è in esso un equilibrio tra vita terrena e vita eterna, e rappresenta la possibilità di superamento di quella frattura profonda nella cultura occidentale che è stata definita con “la morte di Dio”. Uomini e donne debbono però sforzarsi di testimoniare la loro fede nell’Altissimo, anche con la giustezza delle loro relazioni, condannando la violenza e la strumentalizzazione della donna. Oggi molta della credibilità del messaggio islamico si gioca proprio sulla capacità di coloro che si dicono credenti di rinnovare e incarnare in categorie proprie, ma consone all’oggi, la realtà e la posizione della donna, guidati dalle parole del Profeta, pace e benedizione su di lui, che ha tracciato il cammino dicendo:

“I migliori tra voi sono coloro che trattano meglio le loro spose, ed io sono (in questo) il migliore tra voi.”  
 

Lunedì, 17 marzo 2008