Roma (NEV), 17 settembre 2008 - L11 settembre si è svolto a Bruxelles, presso il Parlamento europeo, il quarto e ultimo incontro ecumenico promosso dalla Conferenza delle chiese europee (KEK) e dalle Conference episcopali della Comunità europea (COMECE). Al centro del dibattito il delicato tema della reciprocità in tema di politiche di libertà religiose. Allincontro, realizzato in collaborazione con la Fondazione Adenauer, hanno partecipato anche parlamentari e funzionari delle istituzioni europee. Come era facile prevedere nel corso dellincontro si sono confrontate due posizioni difficilmente conciliabili: da una parte Abduljalil Sajid, presidente del Consiglio per le religioni e larmonia razziale del Regno Unito, ha voluto distinguere tra islam e musulmani, sottolineando che i musulmani che vivono in Europa come cittadini residenti hanno pieno diritto di praticare la loro religione; il problema della mancanza di libertà religiosa alla Mecca non è il problema dei musulmani che vivono in Europa. Sul piano delle relazioni internazionali - ha proseguito lesponente musulmano - non si otterrà nulla con la forza, il dominio e limposizione. Più efficace potrà essere lapplicazione delle regole del diritto e della giustizia internazionale. Di diversa impostazione lintervento di Edouard Divry, religioso domenicano e delegato per il dialogo con lislam nella diocesi di Montpellier (Francia), secondo il quale dal punto di vista morale ogni relazione implica reciprocità, comprese quelle di natura politica tra i diversi stati. In una prospettiva cristiana la richiesta di reciprocità non è un invito alla rivalsa - ha proseguito - semmai è un atteggiamento preventivo contro la passività di cristiani e di musulmani che potrebbero rinunciare a chiedere un pari trattamento nellesercizio della libertà religiosa. Difficile la mediazione finale di Eija-Riitta Korhola, filosofa e teologa incaricata di concludere lincontro: “Lapproccio alla reciprocità - ha affermato - è un principio di giustizia sociale ma non può essere interpretato in senso restrittivo. Occorre perseguire un liberalismo relativista che consente lespressione pubblica di alcuni valori, compresi quelli religiosi che costituiscono il fondamento di un dialogo che è fonte di speranza”.
Domenica, 21 settembre 2008
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