Alla scoperta della parzialità:
VI giornata del dialogo islamo-cristiano

di Adista 71 del 2007

34088. ROMA-ADISTA. Vivere autenticamente la propria dimensione religiosa significa partecipare profondamente del suo carattere "aperto": la religione è per sua natura "aperta ad un oltre, ad un orizzonte ultimo dell’esistenza e della storia che relativizza, o dovrebbe relativizzare, ogni complesso dottrinale e simbolico, ogni struttura istituzionale, ogni concretizzazione storica della religione stessa". Questo è per Meo Gnocchi, presidente del Segretariato attività ecumeniche (Sae), il fondamento per ogni dialogo fra le fedi: "Il verbo ’relativizzare’ va qui inteso nel duplice senso del termine ’relativo’: che vuol dire non assoluto, parziale, limitato, ma anche, e perciò stesso, aperto alla relazione, bisognoso di relazione, vivente nella relazione". Gnocchi è intervenuto all’interno della tavola rotonda "Il dialogo tra le fedi, un dovere civile", svoltasi in occasione della Giornata del dialogo cristiano-islamico celebrata lo scorso 5 ottobre a Roma. L’iniziativa, organizzata dalla rivista Confronti, dal Cipax (Centro Interconfessionale per la Pace) e dal Centro islamico culturale d’Italia - Moschea di Roma (con l’adesione di una serie di gruppi e associazioni, fra cui Adista), ha visto la partecipazione, oltre che di Gnocchi, di Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia, Paolo Masini, consigliere comunale di Roma, Domenico Maselli, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Etienne Renaud, direttore studi islamici del Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica, Michele Zanzucchi, vicedirettore di Cittanuova, Valdo Spini, membro della Commissione Esteri della Camera dei Deputati e Marcella Lucidi, sottosegretario all’Interno. L’incontro, coordinato dal neodirettore di Confronti Gian Mario Gillio, è stato preceduto da una visita alla Moschea di Roma guidata da Mario Scaloja, ex ambasciatore italiano in Arabia Saudita e presidente della Lega Musulmana Mondiale-Italia, e dalla lettura del saluto inviato dal presidente della Camera Fausto Bertinotti.
Entrambi i rappresentanti politici presenti (Lucidi e Spini) hanno sottolineato l’importanza e l’urgenza di una legislazione sulla libertà religiosa. La Lucidi ha inoltre posto l’accento sullo sforzo profuso dal ministero dell’Interno per favorire il sorgere di una rappresentanza unitaria da parte della comunità musulmana presente in Italia, rappresentanza senza la quale non è possibile formalizzare alcun tipo di accordo con le istituzioni. Sulla legislazione in materia di libertà religiosa non è però mancato un intervento molto polemico del pastore valdese Domenico Maselli. "Lo Stato italiano ha delle gravissime responsabilità" su questo terreno. Maselli non cita solo la mancata applicazione di quella parte della Costituzione relativa alla libertà religiosa, ma anche vicende più recenti, fra cui le intese firmate dal Governo lo scorso 7 aprile che ancora attendono di essere inviate al Parlamento. "Laicità non vuol dire ignorare le religioni, ma tutelare egualmente il diritto di espressione di ogni cittadino".
Sul rapporto fra doveri civili e sfera religiosa si è incentrato invece l’intervento di Abdellah Redouane: "l’uomo di fede deve essere un bravo cittadino, ma anche cercare di portare nella comunità quegli aspetti positivi della propria religione che possono contribuire al progresso dell’intera collettività". "Non siamo delle monadi, non siamo individui isolati l’uno dall’altro; per questo è necessario condividere quei valori universali di pace e fratellanza che sono comuni a tutte le fedi".
Valori universali che attraversano le varie confessioni religiose e indicano così, nella riflessione di Meo Gnocchi cui si è fatto riferimento in precedenza, la natura ’parziale’ di ogni esperienza di fede legata ad una determinata espressione storica: nessuna religione "può pretendere di riassumere in sé tutta la pienezza dell’esperienza religiosa. Per questo ogni fede dovrebbe comportare l’’interrogazione’ insieme all’’affermazione’, l’ascolto insieme alla proclamazione, il silenzio ricettivo insieme alla parola di annuncio e di offerta". Secondo il presidente del Sae, oggi le religioni corrono il pericolo di "assolutizzare se stesse, di concentrare lo sguardo verso il vaso di coccio più che verso il tesoro che è in esso contenuto". "Vi è la tentazione, per usare una metafora evangelica, di concepire l’identità come la custodia del talento iniziale ricevuto anzichè moltiplicarlo nello scambio e nel dialogo". Di fronte a questa tentazione, l’unica risposta possibile è "la crescita e il superamento di sé che attraverso il dialogo e la relazione si compiono". (emilio carnevali)
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Lunedì, 15 ottobre 2007