Dialogo cristiano islamico
La Vergine Maria nel Corano

di Rosario Amico Roxas

Si parla di esigenza di dialogo tra cattolicesimo e islamismo, ma se ne parla soltanto; alle parole non seguono fatti, bensì la contraddizione delle parole dette.
Un punto di partenza per aprire un dialogo proficuo dovrebbe partire da ciò che unisce, per superare ciò che divide.
Uno studio, definito interessante nel sito cattolico della famiglia Vincenziana (www.famvin.org/it) è stato ben accolto da cattolici e musulmani; così lo propongo in questa sede come contributo ad ogni ipotesi di incontro fra le due religioni monoteiste che interessi di parte vorrebbero far diventare antagoniste.
Invito coloro che dovessero leggere questo studio e restarne convinti, di stampare in proprio alcune copie e divulgarlo ad amici o parenti, anche in maniera anonima.
In ogni caso accetto eventuali critiche e mi dichiaro disponibile ad un confronto anche di approfondimento verso la cultura musulmana che, orecchianti che si dichiarano opinionisti, vorrebbero indicare come la cultura nemica o subordinata: (Magdi Allam, Baget Bozzo, Pera, Ratzinger, Ruini, Bagnasco, & C., berlusconiani afflitti dal virus dell’incapacità di intendere e volere, neo-cattolici d’assalto e altra varia umanità ottusa). raroxas@tele2.it

Rosario Amico Roxas



La Vergine Maria
nelle pagine del Corano



" E su di te abbiamo fatto scendere il Libro con la Verità, a conferma della Scrittura che era scesa in precedenza e lo abbiamo preservato da ogni alterazione. Giudica tra loro secondo quello che Dio ha fatto scendere, non conformarti alle loro passioni allontanandoti dalla verità che ti è giunta…" .


La Vergine Maria nel Corano

Una delle pagine più belle del Corano riguarda la “venerazione” che i popoli musulmani hanno verso Maria, madre di Gesù, “ che si mantenne vergine ”.
L’interpretazione del Corano ha dato, da sempre, occasione a dispute sfociate, spesso, anche in scontri violenti.
La lettura del Corano e il tentativo di interpretazione personale prevedono, da parte del musulmano, la dedizione di una vita intera; ciò che colpisce e attira l’attenzione di un cristiano cattolico, non chiuso dentro schemi anacronistici e antistorici, è la venerazione rivolta a Maria, madre di Gesù, unica donna che viene citata nel Corano con aggettivi di grande misticità.
Non si tratta di citazioni occasionali, anche se così potrebbero apparire ad una lettura distratta; il nome di Maria è citato 34 volte ed una intera sura (capitolo), la XIX, è dedicata a Lei.
Occorre fare un lavoro di collage per comprendere pienamente il valore di tali citazioni e decifrare gli attributi dati a Maria; occorre seguire un itinerario omogeneo e coerente, privo di atteggiamenti di superiorità culturale di questo Occidente nei confronti della cultura islamica.

La madre di Maria prega:
“O Signore, io voto a te ciò che è nel mio seno, sarà libero dal mondo e dato a Te ! Accetta da me questo dono, giacché Tu sei Colui che ascolta e conosce”;
(Corano III, 35 – 37)

è la dedica di Anna a Dio della nascitura figlia Maria, così nascerà diversa da tutte le altre creature, nelle pienezza della Sua verginità, della purezza, della santità, della luminosità e ammantata dal mistero della volontà di Dio.

Quando Maria sarà nata, la madre dirà :
“…l’ho chiamata Maria e la metto sotto la tua protezione, lei e la sua progenie, contro Satana…E il Signore l’accettò, d’accettazione buona, e la fece germogliare, di germoglio buono”. (Corano III,35-37).

La figura di Maria, madre di Gesù, nelle religioni monoteistiche non offre una visione unitaria, al contrario ci fa assistere alle contraddizioni laceranti che la società giudaico-cristiana esprime. La cultura giudaica si ferma all’aspetto scientifico per negare la verginale concezione di Gesù, e andrà anche oltre nella negazione dell’ essenza soprannaturale di Gesù, arrivando anche ad affermazioni blasfeme e irrispettose nei confronti dei convincimenti altrui. Nella ortodossia giudaica ufficiale si mostra un ostentato disinteresse per la persona di Gesù e per i suoi seguaci, i cristiani, in genere: nella dodicesima domanda dello Shemoneb esreb i cristiani sono assimilati agli apostati, agli eretici degni della maledizione di Dio. Questo atteggiamento non è altro che il prosieguo della definizione, quell’impostore, registrata da Matteo come pronunciata dai sommi sacerdoti ebrei e quindi dal mondo ufficiale ebraico dopo la crocifissione e la morte di Gesù.

Il giorno dopo, che era Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti dicendo: “Signore ci siamo ricordati che quell’impostore disse mentre era vivo: dopo tre giorni risorgerò. Ordina che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo “E’ risuscitato dai morti”. Così quest’impostura sarebbe peggiore della prima”. (cfr. Mt., XXVII, 63)

Per la religione ebraica Gesù è il rinnegato per eccellenza. Quando nel Talmud si allude a Gesù, lo si fa con l’appellativo Nosri (il Nazareno), inteso in senso dispregiativo, come proveniente da Nazareth, piccolo villaggio dove Maria ricevette l’annuncio dell’Arcangelo e dove Gesù visse la sua giovinezza, quindi “ paesano ” “ rozzo ”, quando non viene preferita l’espressione sprezzante “ un tale ”; né è raro trovare epiteti come “ pazzo ” e “bastardo ”.
Ancora la tradizione ebraica vorrebbe Gesù ucciso a Lidda, in Egitto, accusato di magia e apostasia; come mago si sarebbe formato in Egitto presso la scuola di un certo Giosuè, figlio di Perachia. L’epiteto “ bastardo ” viene confermato da un’altra leggenda ebraica secondo la quale Gesù sarebbe stato figlio di Maria, la quale si sarebbe unita con un certo Pappos, con Stada e con Pantera, quindi di padre ignoto o quanto meno incerto.
Nei tempi più recenti i pochi ebrei che si sono occupati della figura di Gesù, (M.C.G. Montefiore, I. Zolli) lo hanno fatto con maggiore rispetto, ma non differenziandosi dalle posizioni reperibili nel mondo razionalistico.
Messaggio etico e prassi di liberazione hanno la vita di Gesù di Nazareth e dovrebbero guidare anche la vita della comunità cristiana in ogni contesto storico.
La grande rivoluzione del Nazareno consistette nell’aver cancellato l’idea esclusiva del popolo eletto e nella proposta di una comunità fraterna senza frontiere né discriminazioni, unificata nella nuova ed eterna allenza.

La Constitutio Conciliaris “Nostra Aetate” promulgata al termine del Concilio Ecumenico Vaticano II, ha sollevato il popolo ebraico dall’accusa di deicidio, facendo giustizia di 2.000 anni di errori. Quegli errori che fecero dire a Farinacci, numero due del regime fascista, che l’antisemitismo del regime era il logico frutto di 2.000 anni di insegnamento della Chiesa di Roma.
L’errore consiste nell’attribuire la possibilità dell’uccisione di Dio da parte di uomini; sarebbe una anticipazione del cammello di Zaratustra che. trasformatosi in leone uccide il suo ultimo padrone e uccide il suo ultimo Dio.
La distanza tra ebraismo e cristianesimo sta innanzitutto nella “cattolicità”, cioè nella universalità dell’insegnamento. L’ebraismo è la sola religione che non solamente non prevede il proselitismo e la divulgazione della parola di Dio, ma addirittura lo impedisce.
Ebrei si nasce non si può diventarlo per convincimento o per conversione: è più facile che un Ebreo si dichiari ateo (come Ben Gourion e Moshè Dyan che fondarono lo Stato sionista di Israele), che un ateo si converta all’ebraismo.
Le posizioni cardine sono rimaste inalterate, anche se ragioni di opportunità politica hanno portato ad un alleggerimento dell’oltransismo anticristiano.
Il proselitismo vuol dire predicazione, divulgazione della parola di Dio; nell’ebraismo, mancando l’esigenza del proselitismo manca il dialogo con le altre religioni monoteiste che pure hanno una analoga origine.
E’ questa una delle ragioni per le quali insisto nell’affermare che il Cristianesimo è molto più vicino all’Islamismo, con il quale è possibile l’apertura di un dialogo, che non all’Ebraismo, unica religione che rifiuta il proselitismo e la predicazione della propria fede; al contrario se una persona vuole abbracciare la fede ebraica, deve pagare ingenti somme per essere considerato uno di loro.

Ben diverso è l’atteggiamento islamico sia nei confronti di Maria, che di Gesù.
La cultura cristiana dichiara Maria come “Madre di Dio” , appellativo, questo, che ha prodotto numerose dispute teologiche, risolte da Papa Pio XI con l’Enciclica Lux Veritatis del 25.12.1931, dove viene detto:
“…. se il Figlio della Beata Vergine Maria è Dio, per certo colei che lo generò deve chiamarsi con ogni diritto Madre di Dio; se una è la persona di Gesù Cristo, e questa è divina, senza alcun dubbio Maria deve chiamarsi non soltanto Genitrice di Cristo Uomo, ma Deipara. Nessuno, poi, potrebbe rigettare questa verità per il fatto che la Beata Vergine Maria abbia somministrato bensì il corpo di Gesù Cristo, senza però generare il Verbo del Padre Celeste; infatti, a quel modo che tutte le altre, nel cui seno si genera il nostro terreno composto, ma non l’anima, si dicono e sono veramente madri, così Ella ha similmente conseguita la divina maternità dalla sola persona del Figlio suo”.

In contrasto con la cultura giudaica la cultura cristiana afferma ed esalta la verginità di Maria, prima e dopo la nascita di Gesù. Ritengo molto importante notare come nel 649, sotto Papa Martino I, il Concilio Lateranense riassunse nella seguente formula la dottrina circa la verginità:
"Se qualcuno, secondo la dottrina dei Santi Padri, non confessa propriamente e secondo la verità che la Santa Madre di Dio e sempre vergine e immacolata Maria… ha concepito senza seme per opera dello Spirito Santo e che ha generato senza corruzione, permanendo indissolubile, anche dopo il parto, la sua verginità, sia condannato”.
Insisto sulla importanza della data, il 649, perché successiva alle prime rivelazioni che, secondo la cultura e la religione musulmana, l’Arcangelo Gabriele dettò a Maometto, tra il 610 e la morte del Profeta, che avvenne 22 anni dopo tra le città sante di Medina e La Mecca. Queste due città si trovano su quella che, ai tempi, era indicata come “la via della seta”, molto frequentata dai commercianti che portavano sete e spezie verso Occidente.
Non appare improbabile che la notizia degli scritti del Corano inerenti il riconoscimento della verginità di Maria sia giunta a Roma e il Concilio Lateranense ritenne di codificare come dogma quanto già, precedentemente, affermato nel Corano; ciò che preme documentare è la grandissima analogia esistente, su questo fondamentale argomento di Fede, tra le due religioni monoteistiche, la cristiana e la musulmana che sono molto assimilabili tra loro, al contrario della religione ebraica, che si differenzia in problematiche sostanziali.
La verginità di Maria, nel Corano e, quindi, nell’Islam, è considerata la condizione essenziale perché potesse diventare la donna tramite la quale Dio volle dare agli uomini un segno tutto particolare; solo la purezza della verginità poteva consentire a Maria di essere il ricettacolo dello Spirito di Dio , tramite il quale Maria genererà Gesù, l’amore di Dio ( rahamatn minna )

“In verità, o Maria, Dio ti ha prescelta; ti ha purificata e prescelta tra tutte le donne del mondo” (Corano III, 42)

Ricordiamo le parole dell’Ave Maria: il Signore è con Te e Tu sei benedetta fra tutte le donne e benedetto il frutto del Tuo seno.
E il segno è stato Gesù suo figlio, nato per volontà dell’Altissimo, divina creazione, rappresentante di Dio in terra (Khalifat Hallah ).

“….un segno per le genti e una misericordia da parte Nostra” ( Corano XIX, 21)

Tutta la vicenda di Maria nel Corano è dolcemente contraddistinta dall’abbandono a Dio e dalla purezza delle sue intenzioni. L’interpretazione coranica della verginità di Maria e l’attestazione di Fede che coinvolge la procreazione di Gesù, generato dal Verbo di Dio, può diventare la piattaforma dialettica per favorire la reciproca comprensione e il dialogo tra le due religioni, sia pure nella salvaguardia delle rispettive identità, in un itinerario che San Francesco, nel pieno delle crociate, inaugurò quando incontrò il Soldano, discendente del primo Sal-Al Dhin (il Saladino), il liberatore musulmano di Gerusalemme. San Francesco, dopo un incontro con il Soldano, definito molto affabile, partecipò alla preghiera collettiva della comunità islamica, incantato dalla devozione dei Musulmani e dal loro prostrarsi in segno di devozione.
San Francesco recitò un versetto dei Salmi di Davide:
Gioite voi che credete e ripetete sempre “Solo Dio è Grande” ,
in quel momento il muezzin stava invitando i fedeli a invocare Dio: Hallau Hakbarr ( Solo Dio è il più Grande ).
Fuori dal recinto dell’accampamento infuriava la battaglia tra Cristiani e Musulmani; era il 1219, la V crociata che i popoli dell’Occidente cristiano armavano contro l’Islam.

Maria è nata senza conoscere il peccato, ma non fu destinata a non conoscere il dolore, segno, questo, che il dolore non è un castigo per i peccati, ma è la via della conciliazione con Dio, attraverso i patimenti subiti e accettati nel nome di Dio.
E Maria venne chiamata a sentire il dolore più forte per l’espiazione dei peccati del mondo, quando offrì Gesù al mondo, un mondo che non lo avrebbe compreso, un mondo che, anzi, avrebbe cercato di contagiare la sua peccaminosità a due esseri puri. Il dolore del parto sarà il dolore simbolico di Maria, che soffrirà ancora di più quando avrà preso coscienza che dovrà offrire suo figlio agli uomini che lo perseguiteranno:

“ Oh fossi morta prima, oh fossi una cosa dimenticata e obliata” ( Corano XIX, 23 )

queste parole sono il segno di una sofferenza indicibile, ma che non si ribella, un dolore insopportabile che, nell’accettazione della volontà di Dio, si trasforma in preghiera. Per risalire al senso del dolore, alla sua accettazione, bisogna partire dall’attributo per eccellenza che l’Islam riconosce a Dio: “ Ar- Rahman ”, attributo che racchiude in sé la misericordia, la benevolenza, il perdono e l’amore, ma un amore che solo Dio è in grado di elargire, un amore che non attende di essere ricambiato, offerto a tutti gli uomini, credenti e non credenti, mistici e profani, santi e peccatori.
Quel livello di amore è la meta indicata come desiderabile nell’itinerario di ogni uomo, un itinerario difficile, doloroso, pregno di significati che sfuggono all’uomo, ma che devono, comunque, essere accettati.
Quando l’uomo raggiunge quel livello di amore, diventa rappresentante di Dio in terra : Khalifat Allah . Maria urla il suo dolore, perché sa di offrire suo figlio Gesù, l’amore di Dio , “ rahamatn minna” , ad un mondo che lo perseguiterà, perché incapace di capire quel grado infinito di amore, che, pur se incompreso, anzi proprio perché incompreso, diventa vita e fonte di vita.

Il Corano, a questo punto, assume toni lirici, trasformando la sua verità rivelata in un arpeggìo di mistica bellezza. Maria urla il suo dolore, che è frutto del suo amore; questo amore, fonte di vita, si manifesterà anche concretamente, per dare agli uomini la prova tangibile della sua grande forza:
dai piedi di Maria zampillerà una fonte d’acqua purissima e l’albero secco e morto riprenderà vigore e tornerà a dare datteri maturi ( Corano XIX, 23-25 ).

Maria è il modello da seguire per la sua purezza, per la sua fede, per il mistero nel quale Dio ha voluto avvolgerLa.

“E Dio propone ad esempio, per coloro che credono, Maria, che si conservò vergine,.. sì che Noi insufflammo in Lei il Nostro Spirito; Maria che credette alla parole del suo Signore e dei Suoi Libri e fu una donna devota” (Corano LXVI, 11-12)

E ancora, sempre citando Maria:
“ Se il mare fosse inchiostro per scrivere le parole del Signore ( su Maria ), si esaurirebbe il mare prima che si esauriscano le parole del Signore, anche se portassimo un mare nuovo ancora in aiuto! ( Corano XVIII, 109)

Maria è la devota ( qanet ), perché costantemente in preghiera, perché ogni suo atto o gesto che compie si trasforma in preghiera; Maria è libera ( muHarrar ), unico esempio nel Corano della perfetta libertà, libera da ogni impurità, da ogni dubbio, da ogni riferimento terreno; la libertà, nella terminologia araba con il radicale rr di origine aramaica, implica una condizione particolare, in quanto prevede la libertà da qualche cosa ; il libero si contrappone allo schiavo, ma questo nella vita sociale, in una interpretazione anagogica e spirituale, ciò che distingue il libero dallo schiavo è la presenza del peccato, che per tutte le religioni monoteiste rappresenta la peggiore schiavitù.
L’uomo è naturalmente schiavo del peccato, cioè della sua debolezza e della sua fragilità, mentre Maria è muHarrar , libera per antonomasia, libera nella totalità del suo essere, perché libera dal peccato per potere ospitare lo spirito di Dio che la renderà madre di Gesù “il più vicino a Dio e vive in intimità con Dio”; la libertà, in senso sociale o politico sarà indicata con il termine Hurria, mentre l’uomo libero sarà indicato con il termine abu harrar; il termine muharrar
è riservato solo a Maria perché la sola che coniuga in sé la libertà con la purezza: libertà dal peccato perché nata pura.
La sua particolare condizione la resero la sola donna in grado di essere visitata dallo Spirito di Dio ( arsalna ilaiha ruHana ) per poter ricevere e ospitare in sé il Verbo di Dio (kalimatin min Allah ) e poterlo offrire al mondo intero, pur nella consapevolezza del dolore/amore, diventando, così, essa stessa Ar-Rahman , amore infinito che non attende di essere corrisposto, itinerario che Dio desidera per tutti gli uomini.

Alla luce delle precedenti affermazioni contenute nei versetti del Corano dedicati a Maria, che toccherà ai teologi interpretare, non meraviglia se leggiamo ancora nel Corano, con grande analogia con quanto scritto nei Vangeli.

Quando gli angeli dissero:
“ O Maria, Dio ti annuncia la lieta novella di una Parola da Lui proveniente: il suo nome è il Messia, Gesù figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell’altro, uno dei più vicini. Dalla culla parlerà alle genti e nella sua età adulta sarà tra gli uomini devoti".

Ella ( Maria ) disse:
"Come potrei avere un bambino se mai un uomo mi ha toccata ?”

Dissero ( gli Angeli ):
“E’ così che Dio crea ciò che vuole: quando decide una cosa dice solo “Sii” ed essa è”.

E Dio gli insegnerà il Libro e la saggezza, la Torah e l’Ingil, ( i Vangeli n.d.r .). E ( ne farà ) un messaggero per i figli di Israele ( che dirà loro ):
“In verità vi reco un segno da parte del vostro Signore. Plasmo per voi un simulacro di uccello nella creta e poi vi soffio sopra e, con il permesso di Dio, diventa un uccello. E per volontà di Dio guarisco il cieco nato e il lebbroso e resuscito il morto. ( Corano III, 45, 46, 47, 48, 49)


Rosario Amico Roxas



Lunedì, 23 luglio 2007